
Speedy Gonzales della politica, non buca mai un evento. In 30 anni ha accumulato incarichi, da consigliere comunale di Firenze alla presidenza del Consiglio regionale e attuale delfino dell'uscente governatore Enrico Rossi.Il problema è sapere dove va a cena. Ne organizza tre a sera da anni: l'aperitivo a un'inaugurazione a Fiesole, primo piatto alla presentazione di un libro in Chianti, secondo e dessert a un vernissage a Pisa. Perché Eugenio Giani è uno Speedy Gonzales della politica, non buca mai un evento. E questo per i giornali è un incubo: il nuovo candidato governatore della Toscana alle elezioni della vita nel 2020, l'uomo scelto dal Pd per difendere la fortezza rossa, è in tutte le fotografie. «Scelto» poi è una parola grossa, in realtà i dirigenti del partitone dem se lo ritrovano lì da 30 anni e hanno acconsentito, sfiniti dal suo attivismo, dal suo essere uno Zelig naturale della toscanità.In realtà nessuno lo porta in palmo di mano. Ha fatto tutto da solo in 30 anni di presenza nelle istituzioni, da consigliere comunale di Firenze a consigliere regionale, sino alla recente autocandidatura al Teatro Puccini. Ora è presidente del Consiglio regionale, delfino dell'uscente Enrico Rossi che ha tentato di disinnescarlo annunciando: «L'ideale sarebbe proporre una donna». Pensava all'unica su piazza, l'eurodeputata Simona Bonafé uscita dalle Europee con un'incoronazione plebiscitaria e sponsorizzata dal sindaco fiorentino Dario Nardella. Ma la signora non va bene a molti renziani perché ha contratto una sorta di peccato originale: quando Matteo Renzi ha fondato Italia viva, lei è rimasta al Nazareno. Ha partecipato alla Leopolda, ha lanciato frasi dolci di vicinanza ma s'è guardata bene dall'allontanarsi dalla casa madre.In mancanza di candidati forti (dopo il no di Nicola Zingaretti a Luca Lotti e il veto del Giglio magico su Federico Gelli) ecco Giani l'eterno, l'usato sicuro, colui che ha saputo costruirsi un piedistallo accumulando incarichi. Qualche anno fa la collezione gli ha creato qualche problema: era al tempo stesso in Comune e in Regione. Lo statuto del partito non lo permette e poiché lui non voleva dimettersi da nulla fu minacciato di sospensione per due anni. Fibrillazioni interne, poi le acque dell'Arno si acquietarono. Quando (recentemente) i concorrenti interni hanno rispolverato la faccenda per farlo fuori, l'autodifesa di Giani è stata molto americana: «Non si può essere giudicati due volte per lo stesso capo di imputazione».Appassionato di cultura più che di amministrazione, il suo primo gesto da autocandidato è di quelli che fanno rumore: ha deciso di muovere guerra a La Verità negando l'auditorium per la presentazione del libro di Francesco Borgonovo e Antonio Rossitto «Bibbiano, fabbricanti di mostri». Nel saggio gli autori dedicano un capitolo al caso Forteto, la comunità in provincia di Firenze salita alla ribalta delle cronache per abusi psicologici e sessuali nei confronti di minori e disabili. Un tema sul quale Giani ritiene di avere l'esclusiva, visto che scrisse la prefazione al rapporto delle due commissioni d'inchiesta.In attesa di diventare un uomo di Stato, è certamente un uomo di moto. E conosce ogni paese della Toscana, avendoli percorsi tutti a spese del contribuente per 30 anni. Esperienza che ha concretizzato in un libro dal titolo «La Toscana giorno per giorno», un atlante, un almanacco dentro la storia dei borghi e dei personaggi, dai Medici ai Lorena, dalla cultura allo sport. A questo proposito fu uno dei protagonisti del salvataggio della Fiorentina con l'allora sindaco Leonardo Dominici, prima della vendita al gruppo di Diego Della Valle. Il primo gennaio è sempre in tv: quel signore che si tuffa nell'Arno dalla Canottieri con un bizzarro costume ascellare a righe rosse è lui. L'anno scorso, davanti ai turisti infreddoliti, si è sacrificato due volte. Non voleva deludere i fotografi ritardatari.
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)
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(Getty Images)
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Ansa
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