2018-07-16
I dazi di Trump non fermano la corsa del Dragone
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Mentre il presidente Usa incontra Vladimir Putin, il premier cinese vede i leader europei Donald Tusk e Jean-Claude Juncker alla ricerca di una sponda in caso di nuove tensioni commerciali con Washington. Pechino, la cui economia rallenta pur attestandosi al +6,7%, ha annunciato ricorso al Wto.Rallenta l’economia del Dragone. La Cina ha pubblicato oggi i dati ufficiali relativi alla crescita economica nel secondo trimestre del 2018. Tra aprile e giugno, il prodotto interno lordo cinese è cresciuto del 6,7% su base annua: si tratta di un decimo di punto in meno rispetto all’incremento registrato nel precedente trimestre e in linea con quanto previsto dagli analisti economici. A renderlo noto è stato l’istituto nazionale di statistica. La notizia arriva mentre Pechino si trova ad affrontare una situazione tutt’altro che facile, cercando di tenere sotto controllo l’incremento del debito privato e contemporaneamente di far fronte alla guerra commerciale con Washington, scattata a inizio luglio. Il quadro complessivo non è però del tutto negativo. Basti pensare che nel mese di giugno le vendite al dettaglio cinesi hanno visto una crescita annua del 9% rispetto al precedente 8,5%, quando le previsioni erano per un miglioramento pari all'8,8% su base annua. Restano però alcune preoccupazioni, principalmente dettate dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Dopo un periodo di relativa calma, la scorsa primavera, il presidente statunitense, Donald Trump, ha annunciato pesanti dazi contro la Cina, avviando un’escalation commerciale che ha spinto Pechino a reagire. Per il momento, i due contendenti non sembrano disposti ad alcun passo indietro. In particolare, Trump sta seguendo una linea dettata da dinamiche legate a questioni di politica interna. I dazi sull’acciaio sono infatti principalmente finalizzati ad accontentare ampi settori del suo zoccolo duro elettorale: la classe operaia impoverita di Stati come il Michigan e l’Ohio, penalizzata dalla crisi dell’industria pesante americana e soprattutto florido bacino in termini elettorali. Non bisogna infatti dimenticare che, a novembre, si terranno negli Stati Uniti d’America le elezioni di metà mandato, in cui si rinnoverà la totalità della Camera e un terzo del Senato. Ragion per cui le preoccupazioni principali del presidente si concentrano al momento in casa sua.Dall’altra parte, la Cina di Xi Jinping non si trova in una posizione esattamente facile. Secondo svariati analisti, qualora l’escalation commerciale proseguisse, Pechino avrebbe meno margine di manovra per ribattere colpo su colpo alle tariffe statunitensi. E, d’altronde, i dati resi noti oggi mostrano come il conflitto commerciale con Trump si stia rivelando già non poco opprimente per l’economia cinese.È in questo quadro non poco problematico che Pechino sta cercando di guardarsi attorno sul versante internazionale. E una mano le è stata non a caso tesa proprio dall’Unione europea. Le tensioni tra Trump e Bruxelles sono infatti riesplose di recente sia per quanto riguarda le questioni di natura commerciale sia in relazioni ai contributi per la Nato. Anzi, sembra proprio che il presidente statunitense stia cercando di isolare l’Unione europea, attraverso una serie di vertici bilaterali (da quello tenuto pochi giorni fa con il premier britannico, Theresa May, a quello odierno con il presidente russo, Vladimir Putin). In questo senso, Bruxelles sta cercando un avvicinamento con Pechino. «È comune dovere di Ue, Cina, Usa e Russia non iniziare guerre commerciali», ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, parlando a fianco al premier cinese Li Keqiang e al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. «C’è ancora tempo per prevenire il conflitto e il caos». Tusk ha poi aggiunto: «Oggi, nello stesso giorno in cui l’Europa incontra la Cina a Pechino, il presidente americano Trump e il presidente russo Putin parleranno a Helsinki. Siamo tutti consapevoli del fatto che l’architettura del mondo sta cambiando sotto i nostri occhi». Ed è «nostra responsabilità comune renderlo un cambiamento per il meglio. Ricordiamo, qui a Pechino, e là, a Helsinki, che il mondo che stavamo costruendo da decenni, a volte attraverso dispute, ha portato la pace per l’Europa, lo sviluppo della Cina e la fine della Guerra fredda tra l’Oriente e l’Occidente. È un dovere comune dell'Europa e della Cina, dell’America e della Russia, non distruggere questo ordine, ma migliorarlo», ha chiosato Tusk.Adesso bisognerà vedere se un asse tra Pechino e Bruxelles avrà effettivamente luogo. Passi avanti sembrerebbero esserci stati tra le due, dal momento che entrambe si sono scambiate reciprocamente offerte di accesso ai propri mercati, con l'obiettivo di stringere un accordo bilaterale su un pacchetto di investimenti.Nel frattempo, la Cina ha stabilito di ricorrere al Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, contro la minaccia di dazi aggiuntivi al 10% annunciati dagli Usa sull'importazione di beni made in China per 200 miliardi di dollari. Un ricorso che non è ben chiaro quanto possa realmente impensierire Trump che, secondo i beninformati, il Wto vorrebbe addirittura abbandonare. Insomma, la via del Dragone sembra farsi sempre più stretta. E la preoccupazione non è poca. Perché sa bene che rischia di essere messo all'angolo.