2024-04-05
I «competenti» pro green e digitale lasciano sempre il conto da pagare
Per Ambrosetti il futuro è senza cash ma, come ricorda Bankitalia, quote di cittadini rimarrebbero ai margini della società. E gli alloggi verdi? «Portano risparmi per 19 miliardi». Peccato che bisognerà spenderne 330...In Italia aumentano i pagamenti digitali da parte della cosiddetta generazione Z, i giovani tra i 25-30 anni, ma l’uso del contante rimane ben saldo tra la popolazione over 60 e al Sud. È quanto emerge dall’ultimo rapporto «Verso un’Italia cashless» di The European House Ambrosetti.Secondo la ricerca, condotta su un campione di mille cittadini e presentata ieri a Cernobbio, anche nel 2024 il nostro Paese si conferma nel cash intensity index (l’indicatore che misura la dipendenza dal contante) tra le trenta economie con più alta incidenza del contante, guadagnando quattro posizioni nell’indice che monitora lo sviluppo dei pagamenti digitali (cashless society index), dove si attesta al ventunesimo posto. Tre italiani su cinque hanno aumentato l’utilizzo dei pagamenti cashless rispetto all’anno precedente, e oltre un italiano su due afferma di voler ridurre l’utilizzo del contante nei prossimi anni. Tre italiani su cinque scelgono di utilizzare il cashless principalmente per velocità e comodità.Ai pagamenti digitali viene assegnato un livello di sicurezza ancora pari a quello del contante e il timore di possibili frodi rappresenta, per quattro italiani su dieci, il maggiore ostacolo alla diffusione del cashless. Nel rapporto si legge anche che per sette aziende su dieci la digitalizzazione è circoscritta alla gestione dei clienti e dei fornitori, mentre solo poco più di una azienda su tre fa ricorso al canale digitale anche per attività più strategiche come la profilazione dei clienti e il digital marketing. L’analisi ha, infine, individuato alcune proposte per promuovere la transizione verso i pagamenti digitali: l’introduzione di un cashback selettivo per i cittadini sui settori a più alta evasione. Per gli esercenti, prevedere degli incentivi per la digitalizzazione legati all’aumento del transato cashless. Per le aziende, favorire l’integrazione dei pagamenti cashless e promuovere l’accesso a piattaforme e-commerce. Infine, si propone di riportare il limite di utilizzo del contante a 1.000 euro come misura antiriciclaggio.Il rapporto di Ambrosetti, intanto, conferma che molti italiani continuano a preferire i contanti. Non è una sorpresa. Anzi, è un elemento monitorato con attenzione dalla Banca d’Italia: nelle scorse settimane l’istituto guidato da Fabio Panetta ha chiesto a banche, Poste e fornitori di servizi di pagamento (Psp) di comunicare dati approfonditi su sportelli, bancomat, cash back e cash-in-shop. L’obiettivo di via Nazionale è quello di verificare che ci siano sufficienti punti di accesso al contante per i cittadini, dopo il calo degli sportelli bancari degli ultimi anni. Certo, la Bce sta andando avanti con i lavori sull’euro digitale ma a Francoforte hanno sempre specificato che la Central bank digital currency non sostituirà i contanti, tanto da aver lanciato la «Cash 2030 strategy» secondo cui ogni individuo dell’Eurozona deve poter decidere come effettuare i pagamenti quotidiani, indipendentemente da preferenze, posizione geografica o competenza tecnologica. È, inoltre, in discussione una proposta di regolamento della Commissione europea per garantire un adeguato accesso al cash, anche attraverso un continuo monitoraggio. Insomma, attenzione a non spingere troppo senza prima fare i conti con la realtà, ovvero che una quota significativa di consumatori vuole avere in mano gli euro e considera ancora il contante una riserva di valore, soprattutto in tempi di crisi o di incertezza.Altrimenti si rischia di commettere lo stesso errore che stiamo pagando con i costi da sostenere per rendere più «verdi» le nostre case in base alle nuove direttive europee. Ma Ambrosetti spinge anche su questo fronte: proprio l’altro ieri Thea ha pubblicato un’altra analisi secondo cui la riconversione dei circa 5 milioni di immobili più vecchi (il riferimento è a quelli costruiti tra il 1946 e il 1976) del patrimonio immobiliare del Paese abiliterebbe investimenti per oltre 330 miliardi in Italia. Lo studio stima, poi, i benefici netti potenziali stimati dalla riconversione in smart building tra 17 e 19 miliardi di euro all’anno per le famiglie italiane con un calo delle spese per i consumi energetici del 15-19%.La prima obiezione che si potrebbe fare è che se le famiglie italiane devono spendere 330 miliardi in un decennio per avere un ritorno di 17-19 miliardi annui non è un grande affare per loro, anzi. La seconda è che la transizione green del patrimonio immobiliare è un percorso da affrontare con soluzioni di lungo periodo e una politica industriale organica per tutta la filiera. Anche perché la forchetta dei mutui per le case, che non saranno a norma, salirà ancora. Tradotto: chi non avrà la liquidità disponibile per ammodernare gli immobili vedrà svalutata la casa di un buon 40%. Chi, invece, vorrà comprarne una e non avrà fondi sufficienti dovrà chiedere un mutuo che pagherà molto più caro rispetto a quello che le banche faranno a chi potrà permettersi una abitazione di classe premium.