2018-08-24
I caselli privati difesi da Cassese gli hanno fruttato 700.000 euro
Tra i maggiori denigratori della nazionalizzazione delle autostrade spicca il giudice emerito della Consulta, Sabino Cassese. E forse lo si può capire, visti i ricchi gettoni presi dal 2000 al 2005 come membro del cda proprio di Atlantia.Sabino Cassese è forse il giurista italiano con maggiore visibilità. Emerito della Consulta, l'ottantaquattrenne ex ministro della Funzione pubblica, fu messo alla Corte costituzionale da Carlo Azeglio Ciampi, che nel 1993 presiedeva il governo di cui faceva parte. È dunque persona più che mai titolata a intervenire su delicate questioni istituzionali, e non manca praticamente alcuna occasione per farlo. Sul Foglio risponde spesso a domande prive di autore, sul Corriere della Sera firma di frequente editoriali di prima pagina. Ma non disdegna altre testate, ed è dunque giusto e normale e interessante che Cassese dica la sua anche sulla delicata questione della eventuale nazionalizzazione di Autostrade.A dieci giorni dal crollo del ponte Morandi, infatti, il dossier più caldo sul tavolo del governo rimane quello che riguarda la possibilità di riportare in seno allo Stato la gestione dei cosiddetti «monopoli naturali». Favorevole il Movimento 5 stelle (dal vicepremier Luigi Di Maio al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli fino ad Alessandro Di Battista), molto più cauta la Lega, almeno nelle parole del sottosegretario Giancarlo Giorgetti; il Pd, invece, pare assai confuso. Per un segretario, Maurizio Martina, che ha mezzo aperto al progetto, altri - come Luciano Nobili - si sono dichiarati nettamente contrari. Anche Forza Italia è frontalmente contraria.Ci sono poi i pareri esterni alla politica. Confindustria vede come fumo negli occhio la sola parola «nazionalizzazione». Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anti corruzione, in questi giorni ha parlato invece di «inaccettabile livello di appropriazione di beni pubblici», grave al punto da causare «un buco nero in un campo cruciale della vita democratica». Tra le opinioni dei personaggi ritenuti più autorevoli, ecco arrivare come anticipato quella di Sabino Cassese. Nel corso di un'intervista rilasciata al Sole 24 Ore, l'eminente giurista ha affermato che il ritorno alla gestione statale causerebbe il «paradosso che l'autostrada ritorna nelle mani di chi l'ha costruita». «Non dimentichiamo che la costruzione dell'Autostrada del Sole, fatta dalla società Autostrade, viene considerata uno dei grandi successi della imprenditoria italiana» mentre, nota Cassese, va ricordato «in quali condizioni è stata ed è la Salerno Reggio Calabria, che è in gestione diretta dello Stato».Un'opinione come le altre, o forse no. Giova forse, per contestualizzazione, ricordare che lo stesso Cassese, che oggi deplora la nazionalizzazione e tesse le lodi del concessionario, ha seduto nel consiglio di amministrazione di Atlantia (ai tempi Autostrade concessioni e costruzioni Spa) per ben sei anni. Due mandati «pieni», della durata di tre anni ciascuno, il primo dei quali va dal 2000 al 2002 e il secondo dal 2003 al 2005. Sono gli anni più «caldi», quelli immediatamente successivi al perfezionamento della privatizzazione. Nel marzo del 2000 la cordata capeggiata dai Benetton riceve l'ok definitivo da parte dell'Antitrust per subentrare all'Iri in qualità di maggiore azionista. Passano pochi anni e nel 2003 viene messo in atto un importante riassetto societario: la capogruppo cambia nome in Autostrade Spa (poi ribattezzata nel 2007 Atlantia), mentre alla controllata Autostrade per l'Italia Spa (Aspi) viene affidata la gestione dei servizi autostradali. Cassese assiste al realizzarsi di questi importanti passaggi dall'alto del suo scranno che, tutto sommato, gli frutta una bella somma. Euro più, euro meno, nell'arco di sei anni il giurista si porta a casa circa 700.000 euro. Nel 2000, anno di ingresso nel cda, l'assemblea degli azionisti fissa l'emolumento annuo dei consiglieri in 100 milioni delle vecchie lire (circa 51.645 euro). Solo dai compensi ordinari per gli amministratori, Cassese incassa in tutto dunque oltre 300.000 euro. Cifra alla quale bisogna aggiungere gli importi percepiti per le consulenze, fornite sia alla capogruppo che alla partecipata Aspi. Si va dai 165.000 euro del 2003, ai 169.750 del 2004, per finire con «soli» 55.000 del 2005, l'ultimo anno di permanenza di Cassese nel cda. Spiccioli, rispetto allo stipendio di giudice della Corte Costituzionale, incarico che ricoprirà dal 2005 al 2014 percependo oltre 450.000 euro lordi annui.Nessuna illazione, per carità. Siamo certi che, in virtù del suo prestigioso curriculum, l'accademico campano si sia ampiamente meritato quelle cifre. E, d'altro canto, a quei tempi Autostrade risultava già un'azienda privata, dunque libera di fissare a piacimento l'entità delle remunerazioni. Certo è che, in virtù di queste cifre, la posizione di Cassese espressa dalle pagine del Sole appare sotto tutt'altra luce.
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