2019-12-08
I buchi nella versione della renziana col portaborse vicino a Cosa nostra
Nelle intercettazioni, Antonello Nicosia «presentava» a Giuseppina Occhionero i boss da favorire. Ma lei, interrogata, assicura di non ricordare. Il malavitoso Santo Sacco, scarcerato, la inchioda: «In carcere ha ricevuto me e altri detenuti».Luigi Moccia, un camorrista detenuto a Trapani che è da poco finito al carcere duro e che in cella hanno soprannominato il Papa; Santo Sacco, il postino di Cosa nostra che informava il superboss imprendibile Matteo Messina Denaro e un anziano, riservato, che in quella occasione, come annotano i magistrati, «aveva cura di non essere notato»: Simone Mangiaracina. Negli ambienti della mala siciliana lo chiamano tutti u' zu' Simuni, lo zio Simone. Ovvero il boss di Campobello, che per gli investigatori è il braccio destro del capo mafia di Mazara del Vallo, Leonardo Bonafede. A tre giorni dall'ingaggio (che la Procura antimafia di Palermo ritiene illegale) di Antonello Nicosia, sedicente professore con in dote una condanna a dieci anni per droga, radicale incallito con un pallino per i diritti dei detenuti e, sostengono i magistrati palermitani che hanno disposto il suo arresto, con relazioni nella mala che conta, quella dell'ala di Cosa nostra guidata da Matteo Messina Denaro, la deputata molisana di Italia viva (già con Liberi e uguali) Pina Occhionero aveva fatto en plein di conoscenze carcerarie pericolosissime. Tutte con posizioni di vertice nella mafia. E tutti con qualcosa che Nicosia avrebbe voluto farsi dire da loro per poi, ritiene l'accusa, riferire ai suoi presunti complici. Occhionero, indagata per falso insieme a Nicosia che, oltre a rispondere di associazione mafiosa, ora ha un capo d'imputazione insieme alla deputata (per lui però è scattata anche l'aggravante di aver agevolato Cosa nostra), nelle intercettazioni del dicembre 2018 sembra essere la scolaretta del suo futuro collaboratore (è indagata proprio perché al momento dell'ingresso nelle strutture detentive ha dichiarato che Nicosia era il suo portaborse, quando il contrattino da 50 euro al mese, come emerso in commissione parlamentare Antimafia, è stato firmato solo successivamente). Il sedicente professore le spiega a telefono: «A Campobello c'era il signor Mangiaracina... Quello di 80 anni... 82 anni... quel signore che abbiamo segnato...». E lei afferma: «Sì, sì...». E lui, con pazienza, scandisce: «Quello era il signor Mangiaracina... quello è un boss». Lei sembra incuriosirsi: «Ma boss di dove?». E lui, che aveva già specificato, ripete: «Boss di Campobello di Mazara». La deputata che, sentita in Procura e in commissione Antimafia è caduta dal pero, se lo fa ripetere: «Come si chiama?». E Nicosia ripete ancora: «Mangiaracina Simone». A quel punto la parlamentare apprende che in carcere non ha incontrato un quisque de populo. Ma nientepopodimeno che un personaggio che i magistrati antimafia palermitani definiscono nelle carte un «uomo d'onore». Nicosia spiega alla deputata anche che parlare di quelle persone può essere rischioso. Altra intercettazione, questa volta in auto, datata 23 dicembre 2018: «Non è che al telefono mi chiedi queste cose... neanche per scherzo... perché vedi che andiamo veramente a finire al Pagliarelli... stavolta ci portano lì...». Occhionero, questa volta, sembra aver afferrato al volo. Ed esclama: «Mangiaracina...». Il sedicente prof ci scherza su: «Purtroppo sezioni separate…». E anche se la deputata ha sostenuto pubblicamente che la collaborazione con il professore è durata solo quattro mesi, gli ultimi contatti tra i due (oltre alla partecipazione comune all'ultima Leopolda) risalgono al 29 ottobre 2019. Nell'ultimo scambio di sms Nicosia, dopo aver incontrato il boss Sacco fresco di scarcerazione, avvisa la deputata: «Ti aspetta Santo Sacco». E lei risponde: «Ma è uscito dal villaggio?». In Procura, durante la prima convocazione (la deputata verrà risentita la prossima settimana, questa volta da indagata), Occhionero aveva detto: «Ho visto i due incontrarsi in carcere, li ho visti salutarsi come due vecchi conoscenti e scambiare qualche parola». Sacco, intervistato dai cronisti palermitani di Repubblica, confermando che quelle dei magistrati non sono visioni, ha smentito la deputata: «L'onorevole Occhionero io l'ho incontrata nel carcere di Trapani, come tanti altri detenuti... come ha ricevuto me, ha parlato con tutti gli altri». Cosa si sono detti? Al momento rimane un mistero. Ma dalle intercettazioni captate dai magistrati emerge che Sacco (l'uomo che aveva anche ricevuto in carcere gli auguri di Natale con tanto di carta intestata della Camera dei deputati), tramite Nicosia, quando era ancora detenuto sembra avesse chiesto un interessamento della parlamentare per un suo trasferimento dal carcere di Nuoro. Siccome erano emerse delle difficoltà a concludere l'operazione, la deputata aveva chiuso il discorso con il collaboratore dicendo: «Fosse per me starebbe già nel mio ufficio». Ma allora perché Nicosia, a scarcerazione avvenuta, avvisa la Occhionero? E non è l'unico aspetto che investigatori e commissione Antimafia cercheranno di chiarire. C'è l'interrogazione parlamentare dopo l'ispezione nel carcere di Tolmezzo. Lì è detenuto un capomafia al 41 bis: il boss Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro. Guttadauro, grazie all'interrogazione parlamentare della Occhionero, come ha denunciato il deputato di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli, si oppose a una richiesta di archiviazione in un procedimento in cui, per via di quella detenzione andata oltre la condanna che doveva scontare, aveva denunciato lo Stato per associazione a delinquere. E ora Donzelli tuona: «Nessun membro del governo ha dato spiegazioni. Ed è sbalorditivo che il leader di Italia viva, Matteo Renzi, non dica una parola. Quando c'è di mezzo la mafia non ci può essere alcuna ambiguità».