2020-11-15
Toto, Benetton, tv, giudici e soldi. Viaggio al termine del renzismo
Alberto Bianchi puntava alla famiglia veneta come «sponsor» della Leopolda 2014. E provò due volte a ottenere fondi dagli abruzzesi, vicini a Franco Massi, giudice contabile che aveva messo la fondazione in contatto con Volkswagen.La Finanza rileva «discrasie» nel bilancio 2018 e cita i 60.000 euro all'hacker di Matteo Renzi.Lo speciale contiene due articoli.Nel 2018, Matteo Renzi si vantava di non aver mai ricevuto finanziamenti dai Benetton. Ma il gestore della sua cassaforte, questa tentazione, l'ha avuta eccome.In ansia per i costi della Leopolda 2014 (400.000 euro stimati), Alberto Bianchi, presidente di Open, in un'email a Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti, caldeggia la ricerca di «possibili sponsor». E nei papabili, colloca proprio i Benetton, che evidentemente reputa vicini alla causa. I «contatti» li avrebbe dovuti prendere Marco Carrai. Tuttavia, il 2 ottobre, la Boschi comunica: «No sponsor», anche se «Matteo si rende disponibile a fare una cena di finanziamento pro Leopolda entro Natale». L'avvocato è perplesso: «Senza sponsor sarà un casino. Di cene con Matteo ce ne vorrebbe altro che una». Tra i potenziali finanziatori «già contattati», Bianchi inserisce anche «VW». Per la Finanza, la sigla si riferisce a Giuseppe Tartaglione, rappresentante legale di Volkswagen Italia. Stavolta, il tramite sarebbe stato Franco Massi. Segretario generale del Cnel tra il 2011 e il 2017, magistrato (oggi segretario generale) della Corte dei conti, molto attivo su Twitter, dov'è seguito pure da Luca Palamara, due mesi dopo la Leopolda, viene nominato vicesegretario generale del ministero della Difesa dal governo Renzi. Nell'agenda del presidente di Open, che lo incontra spesso tra novembre 2013 e dicembre 2014 (sono segnati 24 appuntamenti), è annotata una «cena VW» per il 27 novembre 2014, in piazza Campo Marzio a Roma. Il convivio si ripete due anni dopo, il 25 ottobre 2016, allo stesso indirizzo. È proprio Massi a inviare la lista dei presenti a Bianchi: tra loro, Giovanni Legnini, Gianni Letta, Denis Verdini. Conferma anche Tartaglione, ma declinano l'invito la Boschi e il segretario di Benedetto XVI, Georg Gänswein. Ma dalla casa automobilistica non giunge denaro. Tanto che Bianchi, su Whatsapp, chiede a Massi: «Scusa dal giro VW arriva qcosa (sic)?». La toga risponde con un punto interrogativo. «Vabbe poi ti dico», taglia corto il legale. Il nome di Massi figura anche, tra il 2013 e il 2014, accanto a quello di Alfonso Toto, dell'omonimo gruppo di gestori di autostrade abruzzesi, con il quale sembra esserci un rapporto cordiale. Circostanza singolare: qualche anno dopo, da consigliere della Corte dei conti, Massi acquisirà la delega al controllo sugli atti del Mit, il ministero che vigila sui concessionari. In un'email del 23 luglio 2013, il magistrato invia all'imprenditore il proprio curriculum e un «Appunto Art», riguardante l'Autorità di regolazione dei trasporti. A gennaio 2014, Toto scrive a Massi: «Devo dirti che tutta l'impressione che a chi governa le grandi opere ed investimenti, sia manager pubblici che privati, poco interessa fare in modo che le cose si sblocchino… Questo Paese diventa sempre più difficile…». La toga lo incoraggia: «Vogliamo provare insieme a cambiarlo». E Toto: «… Si dice che chi ben comincia è a metà dell'opera!!! Perché no?!». Tra l'altro, il primo contributo della famiglia abruzzese a Open risale al novembre 2014: 25.000 euro dalla Renexia, di cui è stato a lungo ad Daniele Toto (anche se gli inquirenti hanno individuato il tramite con la fondazione nel coindagato di Bianchi, Patrizio Donnini, fondatore della Dot Media, società di comunicazione della Leopolda e consulente dei Toto).È sempre alla loro holding che fa riferimento il famoso versamento di 400.838 euro, risalente al 2016, poi girato dall'avvocato, con due bonifici, a Fondazione Open e Comitato nazionale per il sì. Un contributo che l'inchiesta di Firenze mette in relazione a un emendamento alla manovrina 2017, che sospendeva due rate dovute dai Toto ad Anas. In un'email a due colleghi di studio, datata 9 aprile 2018, Bianchi riferisce che l'aggancio con i Toto era stata una prestazione professionale per un contenzioso con Aspi. La holding, alla fine, versa un lordo di 1.500.000 euro allo studio legale e 750.000 (i 400.838 netti) direttamente a Bianchi. Nel 2018, l'avvocato si ripropone di replicare lo schema. Stavolta, l'incarico riguarda la lite con Anas per la variante alla statale 1 Aurelia a La Spezia. Vengono stipulati due contratti, «che per ragioni di opportunità portano la data del 16 novembre 2016». Con il primo, i Toto s'impegnano a versare 8.000 euro lordi a Bianchi «per accettazione». In caso di esito favorevole, poi, assicurano un compenso «pari al 2% della quota […] del corrispettivo riconosciuto». Cifra che, spiega Bianchi ai colleghi, «Toto mi ha espresso il desiderio di versare a Open (o al soggetto che la sostituirà qualora Open chiuda)». Con il secondo contratto, l'impresa garantisce 16.000 euro lordi più «l'1% della quota del corrispettivo versato da Anas», che invece, stando a Bianchi, dovrebbe andare «allo studio». «Trattasi di somme evidentemente incerte», riconosce l'avvocato, «visto che sia il contenzioso che le trattative sono in corso». E difatti, Toto, a giugno 2018, rescinderanno il contratto con Anas. Curioso un appunto di Bianchi del 2017: «Toto: Grande (Elisa, dirigente ministeriale, ndr) resta Mit. Garanzia per quella sua roba». Ma alle casse di Open non hanno contribuito solo i grandi concessionari autostradali. Ci sono anche imprenditori del settore alimentare, come Luigi Scordamaglia e Luigi Cremonini, che direttamente o attraverso la controllata Inalca, hanno versato 100.000 euro alla fondazione renziana. In una mail del 2014, però, Bianchi sollecita Scordamaglia, citando un «vecchio impegno», che coincide con il famigerato «patto dell'Ora d'aria». La risposta lo gela: «[…] Non si era mai parlato di continuare. Magari ci vediamo con calma». Bianchi è stizzito: «Luigi, ci manca solo che ti mandi gli scambi di mail con l'impegno quinquennale, mai smentito! […] Avete tutta la gratitudine mia, di Matteo e della Fondazione, non avete nessun obbligo per il futuro [...]». In meno di mezz'ora il malinteso si risolve: «Alberto non eri assolutamente tu destinatario precedente mail scusa tantissimo ha confuso mittente». Il rapporto prosegue, come testimoniano i due elaborati Azioni urgenti (a costo zero) per l'interrogazione del Food and Beverage italiano sui mercati mondiali e Turismo, cultura, agricoltura e cibo: una politica di marketing, che Bianchi gira a Lotti. Tra i simposi per il referendum del 2016, cui partecipa anche Scordamaglia, da segnalare quello con altri 17 manager del settore, tra cui Piero Antinori, Guido Barilla, Luigi Cremonini, Antonio Ferraioli, Lisa Ferrarini, Luca Garavoglia, Andrea Illy, Nicola Levoni, Francesco Mutti, Cesare Ponti, Cosimo Rummo. Nel novero dei «sostenitori storici di Matteo Renzi», scrivono gli inquirenti, c'è poi Vincenzo Manes. Il fondatore di Intek group spa ha contribuito con 62.000 euro. Il 29 dicembre 2014, Manes viene nominato dall'ex premier consigliere pro bono per la riforma del terzo settore. Ed è proprio il governo Renzi, nel giugno 2016, a disciplinare la materia. Già nel 2014, Manes invia una mail allo studio di Bianchi: «Matteo, è il documento sulle imprese sociali. Leggilo poi dimmi». Grazie alla normativa varata due anni dopo, nascerà Fondazione Italia Sociale. L'ente (partecipato da altre 17 realtà profit e non) riceve come dotazione iniziale un milione di euro pubblici. E chi ne è il presidente? Lui: Manes.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-benetton-toto-la-magistratura-cosi-open-tesseva-la-sua-rete-2648917313.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dalla-cassaforte-del-giglio-magico-sono-spariti-290-000-euro" data-post-id="2648917313" data-published-at="1605390591" data-use-pagination="False"> Dalla cassaforte del Giglio magico sono «spariti» 290.000 euro L'avvocato Alberto Bianchi e il senatore Matteo Renzi si crucciano perché i magistrati hanno depositato al tribunale del Riesame le memorie scritte del legale pistoiese, anche quelle compilate in epoca successiva alla chiusura della fondazione Open. Ma non si devono dolere: quelle carte dimostrano come anche dopo la chiusura della cassaforte renziana Bianchi si preoccupasse di trovare i veicoli giusti per continuare a far guadagnare Renzi: con nuove fondazioni o società varie. Il finanziamento illecito può arrivare attraverso strade diverse da Open. E gli investigatori delle Guardia di finanza paiono ancora a caccia di eventuali altri tesoretti di Renzi. Per esempio, nelle informative depositate nei giorni scorsi, contributi e donazioni volontarie inseriti nella contabilità e affluiti sul conto corrente di Open collimano con il libro giornale della fondazione, ma non con il totale dei contributi indicato su un foglio manoscritto del luglio 2019. Anche negli anni precedenti, tra il 2012 e il 2017, c'erano state piccole differenze, per un totale di circa 13.000 euro, però, nell'ultimo anno, quello della chiusura, lo scarto è molto più alto e ammonta a quasi 300.000 euro. Scrivono gli investigatori: «Pertanto è plausibile ipotizzare che l'eventuale differenza di 289.924 euro, sopra evidenziata, possa essere affluita su un rapporto di conto corrente intestato ad un altro soggetto». Sì, ma quale? Gli investigatori evidenziano un appunto di Bianchi dell'ottobre 2018 da cui si desume che un non meglio identificato «comitato» avrebbe «aperto un rapporto di conto corrente». Di quale si tratta? I militari rispondono che «i più probabili potrebbero essere» quello della Leopolda 9 o quello di Ritorno al futuro-comitato di azione civile nazionale, da cui è nata Italia viva. Ma non c'è una risposta certa. Se i conti di Open non tornano, nelle carte c'è anche la prova di come gli stessi consiglieri del comitato direttivo fossero preoccupati per i loro bilanci e per l'elenco dei finanziatori. In una mail del 17 giugno 2015 lo stesso Bianchi, dopo aver allegato un elenco di una cinquantina di contributori da pubblicare online scrive: «Per me va pubblicata integralmente (…). Maria Elena chiede se e di quanto possiamo posporre la pubblicazione dell'elenco e del bilancio: direi di non attendere oltre la fine del mese, non siamo mai andati oltre giugno, un ritardo ulteriore farebbe sorgere interrogativi inutili». Invece di insultare magistrati e giornalisti ci aspettiamo che i renziani spieghino dove siano finiti i 289.000 euro che, secondo gli investigatori, mancano all'appello e perché la Boschi volesse rimandare la pubblicazione del bilancio. Risposte che gli interessati potranno dare già il 24 novembre, data fissata dagli inquirenti per gli interrogatori degli indagati dell'inchiesta (Renzi, Boschi, Bianchi, Luca Lotti e Marco Carrai). Il fu Rottamatore, che ci accusa di «vergognosa montatura» per gli scoop sull'inchiesta Open, non è solo un campione di slalom tra i magistrati, ma, sembrerebbe, anche di campagne social a base di troll e fake news. In un Whatsapp del marzo 2017 il capo della sua claque digitale, Alexander Marchi, spiegava a Bianchi: «Copriamo bene le pagine di sostegno (di propaganda) da lunedì a domenica tutte le ore. Però non riusciamo a fare l'altra cosa che ci chiede Matteo. Per esempio se Matteo scrive un post avevamo un sistema che garantiva sostegno ai commenti positivi delle persone renziane. Perché al Movimento 5 stelle sono molto più organizzati e hanno un sistema che mandano profili falsi a offendere di continuo. Avevo creato un modo per contrastare questo problema però in 3 non ci si fa». E a mo' di esempio inviò alcuni commenti pubblicati sul profilo della Boschi. Al servizio di Renzi c'è stato anche l'ex hacker Andrea Stroppa (da minorenne venne coinvolto in un'inchiesta sul gruppo di pirati digitali Anonymous). Il ragazzo, cui è dedicato un paragrafo di una delle ultime informative, secondo gli investigatori «dal 2016 al 2018 si è occupato della gestione dei social network per la “Fondazione Open", fornendo altresì assistenza tecnica ed informatica». In due anni ha ricevuto nove bonifici per un importo complessivo di circa 60.000 euro, offrendo servizi di cyber security, ma anche di assistenza tecnica sms e analisi dei dati. Ha svolto pure consulenze per il Comitato per il sì al referendum del 2016, per il Pd e la Cgil. Nel 2017 Stroppa preparò un report per Renzi in cui si sosteneva che siti vicini alla Lega e ai 5 stelle che propalavano presunte fake news contro il Pd renziano avessero dietro la Russia. La ricerca, molto contestata, venne ampiamente pubblicizzata durante la Leopolda 8 e venne rilanciata dalla stampa internazionale. Il sito Buzzfeed arrivò a definire Stroppa «ricercatore indipendente sulla cybersicurezza». Lui che era a libro paga di Open.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)