2019-11-14
I 5 stelle bruciano l’emendamento pro Ilva
La commissione guidata da Carla Ruocco dichiara inammissibili i testi di Fi e Italia viva per reintrodurre lo scudo. Massimiliano Romeo della Lega ci proverà con il dl Clima. Ma a parte qualche dissidente i grillini fanno muro e lo stesso Stefano Patuanelli ammette: «Aperti a ogni cosa».Lo scudo penale per l'ex Ilva resta sul gozzo a Giuseppe Conte che dovrà ripetere all'infinito la frase «lo scudo non è il problema di Taranto» almeno per convincere sé stesso. Perché la possibilità di convincere i mercati e le aziende sembra davvero impossibile. Durante l'incontro di una decina di giorni fa con i vertici di Arcelor Mittal, incassato l'addio dei franco indiani, ha tenuto a precisare - durante la conferenza stampa - che il vero problema non stava nell'aver tolto lo scudo penale, ma nella volontà di Arcelor di andarsene per via dei 5.000 esuberi. Aveva anche aggiunto di essere disposto a rimettere subito il cappello di protezione penale o un salvacondotto in attesa che le procedure di bonifica vengano terminate nei vari stabilimenti ex Ilva. Peccato che dietro al premier non ci sia alcun partito. O meglio, quello di maggioranza relativa è fuori da ogni controllo. Così ieri la commissione Finanze della Camera ha giudicato inammissibili tutti gli emendamenti inseriti nel dl Fisco al fine di rimettere lo scudo. A firmare i testi sono stati i deputati di Forza Italia e quelli di Italia viva. La grillina Carla Ruocco , che presiede la commissione, si era già detta di parere contrario, ritenendo la tematica completamente scollegate alla materia fiscale. Teoricamente un'osservazione giusta, ma politicamente una sberla in faccia a Conte e un messaggio di riallineamento dentro il partito dopo le recenti spaccature. Purtroppo le posizioni di Luigi Di Maio e quelle della maggior parte dei parlamentari si sono allineate sul lato sbagliato della barricata, andando a finire in netto contrasto anche con il recente messaggio del presidente della Repubblica. Sergio Mattarella si è speso in almeno due occasioni per chiedere una soluzione rapida e un intervento legislativo al più presto. Le forche caudine della Ruocco l'hanno impedito. Vedremo che succederà quando arriverà il turno del dl Clima. La Lega - parola di capogruppo Massimiliano Romeo - inserirà un nuovo emendamento contenente lo scudo. «Chissà che scuse troveranno per l'ammissibilità», ha detto Romeo. Difficile immaginare che il gruppetto di grillini che ieri si è detto disponibile a votare uno scudo temporaneo riesca a convincere gli altri colleghi. I 5 stelle su questa partita stanno dimostrando quanto l'ideologia unita alla bramosia di voti possa occultare la realtà. Fuggiti i Mittal e ricevuto il niet della famiglia Jindal (che non ha nemmeno voluto sedersi a un tavolo governativo), il governo non sa dove sbattere la testa. Ieri il ministro allo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha spiegato di essere aperto a ogni possibilità. Cosa che non è un bel biglietto da visita. Al contrario, denota il livello di disperazione di fronte alle lancette dell'orologio che segnano il passare dei giorni prima che tutti gli impianti tornino nelle mani dell'amministrazione straordinaria. Arcelor Mittal ha infatti avviato tutto l'iter fino alla messa in spegnimento, una procedura che dovrebbe concludersi a metà dicembre. Intanto, «la produzione è ai minimi storici. O si interviene presto o si va verso lo stop totale», è l'allarme lanciato da lavoratori e sindacati, che attendono risposte dal governo e pretendono chiarezza da Arcelor Mittal sugli assetti di marcia. Ora iniziano a scarseggiare anche i minerali nell'area parchi e a catena rischiano seriamente un blocco pure gli altoforni. Per le organizzazioni sindacali, la fabbrica «è ormai agonizzante e non può resistere più di tre o quattro settimane in queste condizioni». Ieri si è svolto un sit in di cittadini e rappresentanti di associazioni ambientaliste davanti alla portineria D con un confronto, a tratti spigoloso, con operai che uscivano dalla fabbrica al cambio turno. «Fermatevi a parlare, dobbiamo essere uniti, facciamo fronte comune», ha detto una delle attiviste, Sabrina Corisi, del movimento Tamburi combattenti. Un lavoratore ha risposto: «È battaglia persa». Altri cittadini scandivano lo slogan «Chiusura! Chiusura!». E oggi è previsto un presidio davanti alla Prefettura delle associazioni referenti del piano Taranto che invocano la chiusura del siderurgico, la bonifica con il reimpiego degli operai e la riconversione economica del territorio. Una serie di botta e risposta che dimostrano quanto male e quanta confusione abbiano creato le posizioni grilline unite alla demagogia piddina riconducibile a Michele Emiliano. Due partiti in un modo o nell'altro colpevoli di aver trascinato una città nel baratro, e di averla spinta soffiando nel flauto delle stupide illusioni. Basti pensare che fino a una settimana prima che Mittal scindesse il contratto, il sottosegretario 5 stelle, Mario Turco, invocava per Taranto un futuro senza acciaieria ma con tante cozze. Un futuro green di riconversione sventolando le bandiere ambientaliste con i soldi pubblici. Purtroppo ora non si tratta più di salvaguardare il denaro pubblico, ma di evitare che la Puglia diventi un deserto senza lavoratori e con disoccupati cui si elargisce il reddito di cittadinanza. P.s. Oggi era previsto un consiglio dei ministri straordinario. Ma è saltato. Slittato alla prossima settimana. Nessun piano B o C è pronto per bilanciare l'uscita dei Mittal.
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