
Da Capri a Parigi, passando per Miami fino ad arrivare a Betlemme. Gli hotel museo sono tra le mete più apprezzate dai viaggiatori che cercano, oltre ai confort di un hotel cinque stelle, un luogo in cui poter apprezzare la cultura locale. All'interno gallery fotografiche.L'estro di Baz Luhrmann non si è tradotto solo in pellicole come Moulin Rouge entrate nella storia del cinema moderno. La sua visione del mondo e di quello che lo popola, i frizzi e lazzi, l'eccesso di oro, opere d'arte e velluto cremisi ha preso vita a Miami, nell'art district della città, in un hotel che, con le sue suite vista oceano, viene classificato tra i più costosi al mondo: il Faena. Quella degli art hotel, letteralmente hotel d'arte, è una categoria che fino a oggi era quasi custodita come un segreto dagli appassionati di musei e opere di artisti famosi. Quasi, gelosamente, bisognasse evitare che certi dipinti o sculture fossero apprezzate anche dai comuni mortali. A lanciare il trend è stato il The Walled Off hotel di Betlemme, una gigantesca installazione artistica realizzata da Banksy composta da sole dieci camere che si affacciano sul muro che, dal 2002, separa Israele dalla Striscia di Gaza. Nel 2013, l'imprenditore e collezionista d'arte Alan Faena si trovava a Cannes in occasione del festival. I lavori per la sua nuova creatura, il Faena hotel a Miami Beach, erano in una fase di stallo dovuta a una mancanza di idee sul futuro della struttura. L'incontro con il direttore del Grande Gatsby e sua moglie, la costumista Catherine Martin, diede vita a quello che oggi è considerato uno dei principali art hotel al mondo. La struttura rievoca il periodo d'oro di Miami grazie al suo stile art déco che ricorda la magnificenza del vecchio mondo e appartiene alla collezione The Leading Hotels of the World. Con le sue 58 stanze e 111 suite, costruite sullo stile del più noto Chateau Marmont di Los Angeles, con opere d'arte a ogni angolo, è famoso per l'enorme scheletro di mammut ricoperto d'oro, esposto in una grande teca di cristallo capace di resistere anche alla forza degli uragani. L'opera, «Gone but not forgotten» è firmata da Damien Hirst e Science Ltd e ha un valore di oltre 15 milioni di dollari.Tornando in Europa, il vecchio continente vanta la più ampia collezione di art hotel al mondo. Tra questi spicca il The Dolder Grand, un resort che fonde splendidamente in sé passato e futuro. Arroccato sopra Zurigo, questo edificio che ricorda un castello delle favole fu nel primo Novecento una kurhaus (un centro termale, ndr.). Oggi, onora questa storia con una spa di 4.000 metri quadrati ospitata in una delle nuove ali dell'albergo progettate da Lord Norman Foster. Le camere presentano dettagli senza tempo e un arredamento elegante. L'acclamato "The Restaurant", guidato dall'innovativo chef Heiko Nieder, vanta due stelle Michelin. Sorprendente è la collezione d'arte dell'hotel, con più di 100 opere tra cui Andy Warhol, Henry Moore e Salvador Dalí.L'Urlo è senza dubbio l'opera più nota del norvegese Edvard Munch. L'Hotel Continental di Oslo, unico Leading Hotels in Norvegia, vanta la più ampia collezione privata al mondo dal pittore con 12 opere esposte nella hall della struttura che diventa, per questo, una piccola galleria d'arte. L'hotel, simbolo del lusso nordico sin dalla sua apertura nel 1900 si trova in una posizione perfetta nel centro di Oslo e a soli 25 minuti dall'aeroporto cittadino. Immaginate di poter soggiornare in una villetta a schiera d'epoca georgiana con gli interni il puro stile irlandese. Il The Merrion è uno degli hotel del Nord Europa più noti agli appassionati d'arte. La proprietà si trova infatti nel cuore di Dublino, vicino alla Galleria nazionale e al Museo nazionale di storia. Al suo interno è custodita una delle più grandi collezioni private di arte irlandese del XIX e XX secolo, comprese opere del pittore post-impressionista Paul Henry e dell'impressionista William Leech. Vista l'importante declinazione artistica, l'hotel ha creato un the pomeridiano ispirato alle opere d'arte esposte all'interno dell'hotel. A pochi passi dagli Champs Elysèes, Le Royal Monceau - Raffles Paris è il punto di riferimento per gli appassionati di art hotel a Parigi. La sua trasformazione, a opera di Philippe Stark, è tra le più affascinati a livello architettonico della Ville Lumiere. L'arte è un vero e proprio punto di riferimento a Le Royal Monceau, al punto che l'hotel dispone di una galleria privata, un concierge dell'arte e di un cinema privato da 99 posti. Non si può parlare di art hotel senza menzionare l'Italia. L'elegante Capri è adorata dal jet set fin dai tempi in cui vi trascorreva l'estate Jacqueline Onassis. Il divertimento si concentra a Capri città, ma i viaggiatori al passo coi tempi e con la passione per il lato più tranquillo dell'isola preferiranno l'incantevole Anacapri, sede del Capri Palace. Gestito direttamente dal proprietario Tonino Cacace, l'hotel è un gioiello di gusto personale, dall'estetica decisamente moderna: i raffinati interni ospitano pezzi della sua collezione d'arte raccolte nel piccolo White museum, creato all'interno della struttura. Le suite dell'hotel hanno i nomi di alcuni dei più importanti artisti tra i quali spiccano Magritte, Warhol, Kandinsky e Mirò.
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
Continua a leggereRiduci
Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






