2025-06-24
L’avviso del tycoon sul caro petrolio. «Tenete bassi i prezzi: io vi vedo»
La Cina teme la chiusura di Hormuz. Urso convoca la commissione sui carburanti.Da quando Israele ha attaccato l’Iran e ancor più in seguito agli attacchi dei bombardieri americani sui siti nucleari, che ieri hanno portato alla ritorsione da parte del regime di Ali Khamenei sulle basi Usa in Medio Oriente, il mercato petrolifero teme un’escalation della crisi. C’è il rischio che la speculazione prenda il sopravvento, innescando un spirale rialzista dei prezzi. Un’ipotesi così concreta che ieri Donald Trump ha lanciato un avvertimento a chi vorrebbe lucrare sulla crisi bellica. «Tenete bassi i prezzi del petrolio, vi sto osservando, state facendo il gioco del nemico», ha detto senza girarci tanto attorno su Truth. Nonostante gli Stati Uniti abbiano compiuto passi significativi verso l’autosufficienza energetica, con lo shale, il tycoon sa che prezzi del petrolio (e della benzina) alle stelle potrebbero creargli problemi in politica interna.L’attenzione del mondo è puntata sullo stretto di Hormuz. Di lì transitano circa il 35% del petrolio trasportato via mare e il 30% del gas naturale liquefatto mondiale. Due giorni fa il Parlamento iraniano ha votato una mozione per la «chiusura» di questo passaggio strategico, ma si tratta di una decisione che solo il governo di Teheran può prendere. La chiusura, secondo alcune fonti iraniane, potrebbe attuarsi attraverso uno filtro selettivo al passaggio alle navi occidentali, anziché attraverso un blocco vero e proprio. Il rischio di una chiusura dello stretto, in astratto, esiste. Tuttavia, in passato le minacce in tal senso non si sono mai concretizzate e un blocco non sarebbe di facile realizzazione. Le rotte navigabili nello stretto per le superpetroliere sono larghe solo circa 3 chilometri in entrambe le direzioni, dunque il teatro non è enorme.La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, parlando a Fox, ha detto che l’amministrazione Trump sta monitorando lo stretto di Hormuz, mentre già domenica il segretario di Stato americano, Marco Rubio, aveva chiesto esplicitamente alla Cina, che dipende fortemente dal petrolio iraniano, di impedire all’Iran di chiudere il passaggio alle petroliere. «Incoraggio il governo cinese a Pechino a contattare l’Iran. Per la Cina sarebbe un suicidio economico. Noi abbiamo ancora delle opzioni per affrontare la situazione, ma altri Paesi subirebbero danni alle loro economie molto più di noi», ha concluso Rubio. L’Iran, nel primo trimestre 2025, ha esportato in media 1,5 milioni di barili attraverso lo stretto di Hormuz, quasi tutti quantitativi finiti in Cina. L’Iran fornisce il 13% del fabbisogno cinese. Non solo. Attraverso lo stretto passano ogni giorno altri 12,6 milioni di barili di greggio, partiti da Arabia Saudita, Emirati, Iraq, Kuwait e Qatar. Con un blocco del traffico l’Iran rischierebbe di inimicarsi i vicini.Incalcolabili i danni per l’Europa. «Nel breve termine ci sarebbero conseguenze inflazionistiche mentre per il medio-lungo termine è difficile fare una valutazione. L’impatto sul prezzo del petrolio e del gas potrebbe essere di tale intensità e durata da innescare un freno alla domanda». L’ha detto il presidente della Bce, Christine Lagarde, in audizione al Parlamento europeo.Anche il governo italiano alza l’attenzione. Il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, ha convocato, per domani, la Commissione di allerta rapida sui carburanti. La Commissione, istituita con il decreto Trasparenza, «fortemente» voluto dal governo, ha ampliato i poteri di monitoraggio del Garante per la sorveglianza dei prezzi del Mimit e ha «l’obiettivo di fornire un quadro sulla portata delle variazioni dei prezzi e i loro effetti sui consumatori».Preoccupazioni anche dal presidente russo, Vladimir Putin, che ha avuto un colloquio telefonico con il premier iracheno, Mohammed al Sudani, anch’esso in allarme per «i rischi emergenti per i mercati energetici globali». Vero è che la marina degli Stati Uniti ha la Quinta Flotta vicino allo stretto di Hormuz, il che dovrebbe costituire un deterrente. Tuttavia, eventuali scontri in mare segnerebbero un’entrata in guerra degli Usa a pieno titolo, cosa che Washington preferisce evitare.
Silvia Salis (Imagoeconomica)
Il vicepresidente americano J.D. Vance durante la visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme (Getty Images)
Roberto Cingolani, ad di Leonardo (Getty Images)
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)