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2024-01-20
Il sindaco di Parigi toglie i finanziamenti alla scuola cattolica per vendetta politica
Anne Hidalgo, sindaco di Parigi (Ansa)
Il sindaco socialista di Parigi Anne Hidalgo ha deciso di sospendere «in via provvisoria» i fondi versati dal Comune al prestigioso istituto scolastico cattolico parigino Stanislas dove ha studiato anche Charles de Gaulle. Fondi che la legge francese prevede per le scuole private convenzionate. Messa così, la questione potrebbe sembrare puramente amministrativa e invece cela ragioni ideologiche e una battaglia politica in previsione delle elezioni municipali del 2026. Tutto è iniziato con la nomina di Amélie Oudéa-Castéra e di Rachida Dati come ministri del governo di Gabriel Attal a capo, rispettivamente, dell’Educazione Nazionale e della Cultura. I due neo ministri hanno fatto dichiarazioni che sono state strumentalizzate da certi politici della sinistra francese, caduta ai minimi storici della popolarità anche a causa dei flirt con islamisti o antisemiti di alcuni dei suoi esponenti. Il 13 gennaio, Oudéa-Castéra ha dichiarato di aver scelto una «soluzione differente» per l’educazione dei propri figli a causa delle «tante ore (di lezione, ndr) senza supplenze» che ci sono nelle scuole pubbliche. Per questo il ministro ha iscritto i suoi tre figli a Stanislas, chiamato comunemente Stan. Dati si è invece detta pronta a candidarsi come sindaco di Parigi alle prossime amministrative dopo essere stata, fino al suo ingresso nel governo Attal, capo dell’opposizione di destra nel consiglio comunale parigino. L’annuncio non è stato preso bene da Hidalgo.
Parallelamente martedì, il sito d’inchiesta Médiapart ha pubblicato il rapporto sull’inchiesta ministeriale a Stanislas disposta, nel febbraio 2023, dall’allora ministro dell’Educazione francese Pap Ndiaye. Questo membro del governo di Elisabeth Borne, noto per le sparate wokiste, aveva spedito degli ispettori nella scuola cattolica dopo che dei media l’avevano accusata di essere «sessista, omofoba e autoritaria». In ogni caso, l’articolo di Médiapart non ha rivelato un granché, salvo alcuni elementi che i funzionari ministeriali hanno definito «derive». Per la stampa mainstream e di sinistra transalpine è stato come un invito a nozze. Nel rapporto degli ispettori si legge che «certi catechisti esprimono convinzioni personali che vanno al di là delle posizioni della Chiesa cattolica, per esempio sull’Ivg (Interruzione volontaria di gravidanza, ndr)» oppure «suscettibili di essere qualificate penalmente sull’omosessualità». Stranamente, degli ispettori della laicissima République Française sembrano conoscere perfettamente la posizione della Chiesa sull’aborto o sull’omosessualità. Gli stessi ispettori parlano del catechismo come se fosse imposto a tutti gli studenti quando invece «non è obbligatorio» così come non lo è «l’andare a messa» durante i corsi. Parola di Frédéric Gautier, direttore di Stanislas ai microfoni di Franceinfo.
Gautier ha puntualizzato che «ciò che è obbligatorio è la formazione religiosa, l’istruzione religiosa». Insomma, quello che si insegna a tutti a Stan è la cultura cristiana ma, in un Paese in cui dal 1905 vige una legge ai limiti della cristianofobia che ha imposto separazione tra lo Stato e la Chiesa (e confiscato molti beni a quest’ultima, ndr), è difficile fare la differenza tra la conoscenza di una religione e la fede. Il direttore di Stanislas ha anche ricordato che l’ispezione «non conferma fatti di omofobia, sessismo e autoritarismo» menzionati da alcuni media. Inoltre Gautier ha sottolineato che i risultati del rapporto non sono stati trattati in un «incontro contraddittorio» tra scuola e ministero. Insomma l’opinione degli ispettori, che hanno comunque dovuto riconoscere «l’eccellenza» dei risultati di Stan, non ammette contestazioni. La sentenza è senza appello. Ma oltre agli ispettori ministeriali anche varie testate d’Oltralpe hanno negato il diritto di replica all’istituto cattolico parigino.
Libération, storico quotidiano della sinistra francese che nel 1977 aveva pubblicato una tribuna pro-pedofilia, ha titolato Affaire Oudéa-Castéra: al Collegio Stanislas, cultura dello stupro, propaganda anti Ivg e anti omosessualità in programma. L’assessore all’Educazione parigino, Patrick Bloche, ha confermato che la sospensione dei fondi a Stanislas è «una misura politica che assumiamo totalmente». Così facendo Parigi infrange la legge Debré del 1959, che regola le relazioni tra lo Stato e le scuole cattoliche, nonché il principio costituzionale della libertà educativa. A pochi mesi dall’inizio delle Olimpiadi di Parigi, Anne Hidalgo vuole offrire un’immagine della capitale francese scintillante, tollerante, inclusiva per la comunità Lgbt. Il sindaco parigino attende anche la riapertura della cattedrale Notre-Dame che le offrirà un’altra passerella davanti ai media internazionali.
Era già successo nel 2023 quando era stata fotografata in Vaticano accanto a papa Francesco, con il quale aveva discusso di rifugiati e di Notre-Dame. Al di là delle Alpi c’è chi spera una risposta della Chiesa ma c’è anche chi teme che la sanzione contro Stanislas non venga imitata da altri sindaci di sinistra. Primi cittadini capaci, magari, la dichiarazione Fiducia Supplicans come ariete, per attaccare le scuole cattoliche francesi troppo «indietriste», per usare un termine bergogliano. Chissà che la vicenda di Stanislas non faccia cambiare idea a qualche cattolico intenzionato a venire nella Ville Lumière per assistere ai giochi olimpici o per partecipare alla riapertura dei Notre-Dame.
Tra i libri più venduti su Internet c’è l’almanacco delle bestemmie
Si dice a volte che nei Paesi cattolici e devoti, come l’Italia o la Spagna, si bestemmia di più che nei Paesi più illuministi, protestanti e miscredenti, tipo la Francia, la Gran Bretagna o la Scandinavia. Anche perché tra angeli, madonne e santi patroni, ci sarebbe più materia per essere blasfemi. Sostenne tale tesi, anni fa, l’intellettuale cattolico Rino Cammilleri.
In assenza di statistiche precise, resta il fatto, tristemente noto a tutti gli adulti e gli anziani, che la secolarizzazione, il laicismo e l’anticristianesimo galoppante, di matrice progressista o liberal, aumentano il tasso di bestemmiatori e diminuiscono in parallelo la gravità percepita della bestemmia. Derubricata, da delitto contro Dio a generico malcostume, ed oggi, più o meno a (scusabilissima) volgarità. Ma il top lo si ha quando l’insulto a Dio, viene promosso e favorito con pubblicità, libercoli, opuscoli e pamphlet, i quali, dietro la copertura di ribellismo e spirito libertario, diventano dei vettori di blasfemia a freddo e violento odio antireligioso.
«Nella categoria Linguistica di Amazon», nota Paola Belletti su il Timone on line, «il libro più venduto» in queste prime settimane del 2024, sembra essere «un album da colorare, classificato come idea regalo per adulti». E il cui titolo è davvero tutto un programma: Album delle 50 bestemmie più cattive da colorare con mandala antistress. Sublime.
E sicuramente non un libro «fobico», di quelli che offendono quelle minoranze, etniche e religiose, che sono degne di protezione, altrimenti i bacchettoni progressisti avrebbero gridato al razzismo.
Del resto, continua il Timone, da quando, nel 1999 «la bestemmia non è più reato» - come era sia nell’Ottocento, sia sotto il fascismo, che sotto la Dc - essa è stata lentamente sdoganata. Divenendo una sorta di «passatempo antistress». E di questo fenomeno la miglior prova sta nei libri che insegnano a bestemmiare che da tempo infestano il web. Centosette pagine, «solo per i veri bestemmiatori», al modico prezzo di 8,90. Lo scopo? Mica offendere Dio, la Chiesa, il Papa, i credenti, la nostra comune tradizione cattolica che proprio quanto a libri prodotti sembra aver raggiunto le vette della letteratura religiosa mondiale con Dante, Petrarca, Manzoni e mille altri. No. Solo per combattere, si dice, «stress, ansia, brutti pensieri, suocere scatenate e datori di lavoro incompetenti».
Sai che relax nel colorare i mandala d’Oriente con insulti ad un Creatore che (ora…) non vuole difendersi. E come nota Paola Belletti, «che brutta fine» viene fatta fare al mandala, simbolo sacro «di ciò che buddisti e induisti intendono per armonia dell’universo».
Il coraggioso autore si nasconde dietro l’appropriato pseudonimo di O. Male Detto e ha scritto altri testi degni di lui. Per esempio, Un Santo da insultare al giorno. 365 offese ai Santi per sfogarsi e superare le difficoltà quotidiane (2023), Bestemmie intrecciate ad enigmistica per adulti arrabbiati (2022) o ancora La tua bestemmia quotidiana. Il prontuario delle bestemmie italiane (2022).
«Abbiamo creato questo libro pensando a te», dice la seconda di copertina, «che ogni giorno sei costretto ad affrontare sfide e situazioni insostenibili, che ti fanno solo venir voglia di dirne due direttamente in faccia all’Altissimo». Infatti, «la bestemmia rappresenta l’unica via di fuga verso la dolce e vera libertà».
L’Altissimo però difficilmente presta orecchio agli insulti di è così in basso che mentre crede di offendere Lui, sta solo sputando urina sul suo microscopico io.
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L’istituto Stanislas è frequentato dai figli del neo ministro dell’Educazione. La socialista Anne Hidalgo teme la futura sfida con Rachida Dati.L’album delle bestemmie da colorare scritto da un anonimo per aiutare a «vincere lo stress» è tra i best seller di Internet.Lo speciale contiene due articoli. Il sindaco socialista di Parigi Anne Hidalgo ha deciso di sospendere «in via provvisoria» i fondi versati dal Comune al prestigioso istituto scolastico cattolico parigino Stanislas dove ha studiato anche Charles de Gaulle. Fondi che la legge francese prevede per le scuole private convenzionate. Messa così, la questione potrebbe sembrare puramente amministrativa e invece cela ragioni ideologiche e una battaglia politica in previsione delle elezioni municipali del 2026. Tutto è iniziato con la nomina di Amélie Oudéa-Castéra e di Rachida Dati come ministri del governo di Gabriel Attal a capo, rispettivamente, dell’Educazione Nazionale e della Cultura. I due neo ministri hanno fatto dichiarazioni che sono state strumentalizzate da certi politici della sinistra francese, caduta ai minimi storici della popolarità anche a causa dei flirt con islamisti o antisemiti di alcuni dei suoi esponenti. Il 13 gennaio, Oudéa-Castéra ha dichiarato di aver scelto una «soluzione differente» per l’educazione dei propri figli a causa delle «tante ore (di lezione, ndr) senza supplenze» che ci sono nelle scuole pubbliche. Per questo il ministro ha iscritto i suoi tre figli a Stanislas, chiamato comunemente Stan. Dati si è invece detta pronta a candidarsi come sindaco di Parigi alle prossime amministrative dopo essere stata, fino al suo ingresso nel governo Attal, capo dell’opposizione di destra nel consiglio comunale parigino. L’annuncio non è stato preso bene da Hidalgo.Parallelamente martedì, il sito d’inchiesta Médiapart ha pubblicato il rapporto sull’inchiesta ministeriale a Stanislas disposta, nel febbraio 2023, dall’allora ministro dell’Educazione francese Pap Ndiaye. Questo membro del governo di Elisabeth Borne, noto per le sparate wokiste, aveva spedito degli ispettori nella scuola cattolica dopo che dei media l’avevano accusata di essere «sessista, omofoba e autoritaria». In ogni caso, l’articolo di Médiapart non ha rivelato un granché, salvo alcuni elementi che i funzionari ministeriali hanno definito «derive». Per la stampa mainstream e di sinistra transalpine è stato come un invito a nozze. Nel rapporto degli ispettori si legge che «certi catechisti esprimono convinzioni personali che vanno al di là delle posizioni della Chiesa cattolica, per esempio sull’Ivg (Interruzione volontaria di gravidanza, ndr)» oppure «suscettibili di essere qualificate penalmente sull’omosessualità». Stranamente, degli ispettori della laicissima République Française sembrano conoscere perfettamente la posizione della Chiesa sull’aborto o sull’omosessualità. Gli stessi ispettori parlano del catechismo come se fosse imposto a tutti gli studenti quando invece «non è obbligatorio» così come non lo è «l’andare a messa» durante i corsi. Parola di Frédéric Gautier, direttore di Stanislas ai microfoni di Franceinfo. Gautier ha puntualizzato che «ciò che è obbligatorio è la formazione religiosa, l’istruzione religiosa». Insomma, quello che si insegna a tutti a Stan è la cultura cristiana ma, in un Paese in cui dal 1905 vige una legge ai limiti della cristianofobia che ha imposto separazione tra lo Stato e la Chiesa (e confiscato molti beni a quest’ultima, ndr), è difficile fare la differenza tra la conoscenza di una religione e la fede. Il direttore di Stanislas ha anche ricordato che l’ispezione «non conferma fatti di omofobia, sessismo e autoritarismo» menzionati da alcuni media. Inoltre Gautier ha sottolineato che i risultati del rapporto non sono stati trattati in un «incontro contraddittorio» tra scuola e ministero. Insomma l’opinione degli ispettori, che hanno comunque dovuto riconoscere «l’eccellenza» dei risultati di Stan, non ammette contestazioni. La sentenza è senza appello. Ma oltre agli ispettori ministeriali anche varie testate d’Oltralpe hanno negato il diritto di replica all’istituto cattolico parigino. Libération, storico quotidiano della sinistra francese che nel 1977 aveva pubblicato una tribuna pro-pedofilia, ha titolato Affaire Oudéa-Castéra: al Collegio Stanislas, cultura dello stupro, propaganda anti Ivg e anti omosessualità in programma. L’assessore all’Educazione parigino, Patrick Bloche, ha confermato che la sospensione dei fondi a Stanislas è «una misura politica che assumiamo totalmente». Così facendo Parigi infrange la legge Debré del 1959, che regola le relazioni tra lo Stato e le scuole cattoliche, nonché il principio costituzionale della libertà educativa. A pochi mesi dall’inizio delle Olimpiadi di Parigi, Anne Hidalgo vuole offrire un’immagine della capitale francese scintillante, tollerante, inclusiva per la comunità Lgbt. Il sindaco parigino attende anche la riapertura della cattedrale Notre-Dame che le offrirà un’altra passerella davanti ai media internazionali. Era già successo nel 2023 quando era stata fotografata in Vaticano accanto a papa Francesco, con il quale aveva discusso di rifugiati e di Notre-Dame. Al di là delle Alpi c’è chi spera una risposta della Chiesa ma c’è anche chi teme che la sanzione contro Stanislas non venga imitata da altri sindaci di sinistra. Primi cittadini capaci, magari, la dichiarazione Fiducia Supplicans come ariete, per attaccare le scuole cattoliche francesi troppo «indietriste», per usare un termine bergogliano. Chissà che la vicenda di Stanislas non faccia cambiare idea a qualche cattolico intenzionato a venire nella Ville Lumière per assistere ai giochi olimpici o per partecipare alla riapertura dei Notre-Dame.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/hidalgo-scuola-tagli-2667011651.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="tra-i-libri-piu-venduti-su-internet-ce-lalmanacco-delle-bestemmie" data-post-id="2667011651" data-published-at="1705745737" data-use-pagination="False"> Tra i libri più venduti su Internet c’è l’almanacco delle bestemmie Si dice a volte che nei Paesi cattolici e devoti, come l’Italia o la Spagna, si bestemmia di più che nei Paesi più illuministi, protestanti e miscredenti, tipo la Francia, la Gran Bretagna o la Scandinavia. Anche perché tra angeli, madonne e santi patroni, ci sarebbe più materia per essere blasfemi. Sostenne tale tesi, anni fa, l’intellettuale cattolico Rino Cammilleri. In assenza di statistiche precise, resta il fatto, tristemente noto a tutti gli adulti e gli anziani, che la secolarizzazione, il laicismo e l’anticristianesimo galoppante, di matrice progressista o liberal, aumentano il tasso di bestemmiatori e diminuiscono in parallelo la gravità percepita della bestemmia. Derubricata, da delitto contro Dio a generico malcostume, ed oggi, più o meno a (scusabilissima) volgarità. Ma il top lo si ha quando l’insulto a Dio, viene promosso e favorito con pubblicità, libercoli, opuscoli e pamphlet, i quali, dietro la copertura di ribellismo e spirito libertario, diventano dei vettori di blasfemia a freddo e violento odio antireligioso. «Nella categoria Linguistica di Amazon», nota Paola Belletti su il Timone on line, «il libro più venduto» in queste prime settimane del 2024, sembra essere «un album da colorare, classificato come idea regalo per adulti». E il cui titolo è davvero tutto un programma: Album delle 50 bestemmie più cattive da colorare con mandala antistress. Sublime. E sicuramente non un libro «fobico», di quelli che offendono quelle minoranze, etniche e religiose, che sono degne di protezione, altrimenti i bacchettoni progressisti avrebbero gridato al razzismo. Del resto, continua il Timone, da quando, nel 1999 «la bestemmia non è più reato» - come era sia nell’Ottocento, sia sotto il fascismo, che sotto la Dc - essa è stata lentamente sdoganata. Divenendo una sorta di «passatempo antistress». E di questo fenomeno la miglior prova sta nei libri che insegnano a bestemmiare che da tempo infestano il web. Centosette pagine, «solo per i veri bestemmiatori», al modico prezzo di 8,90. Lo scopo? Mica offendere Dio, la Chiesa, il Papa, i credenti, la nostra comune tradizione cattolica che proprio quanto a libri prodotti sembra aver raggiunto le vette della letteratura religiosa mondiale con Dante, Petrarca, Manzoni e mille altri. No. Solo per combattere, si dice, «stress, ansia, brutti pensieri, suocere scatenate e datori di lavoro incompetenti». Sai che relax nel colorare i mandala d’Oriente con insulti ad un Creatore che (ora…) non vuole difendersi. E come nota Paola Belletti, «che brutta fine» viene fatta fare al mandala, simbolo sacro «di ciò che buddisti e induisti intendono per armonia dell’universo». Il coraggioso autore si nasconde dietro l’appropriato pseudonimo di O. Male Detto e ha scritto altri testi degni di lui. Per esempio, Un Santo da insultare al giorno. 365 offese ai Santi per sfogarsi e superare le difficoltà quotidiane (2023), Bestemmie intrecciate ad enigmistica per adulti arrabbiati (2022) o ancora La tua bestemmia quotidiana. Il prontuario delle bestemmie italiane (2022). «Abbiamo creato questo libro pensando a te», dice la seconda di copertina, «che ogni giorno sei costretto ad affrontare sfide e situazioni insostenibili, che ti fanno solo venir voglia di dirne due direttamente in faccia all’Altissimo». Infatti, «la bestemmia rappresenta l’unica via di fuga verso la dolce e vera libertà». L’Altissimo però difficilmente presta orecchio agli insulti di è così in basso che mentre crede di offendere Lui, sta solo sputando urina sul suo microscopico io.
Vladimir Putin (Ansa)
Di tutt’altro tenore è invece la sua posizione nei confronti del presidente americano, Donald Trump: affermando di essere «in dialogo» con l’amministrazione Trump per le trattative, ha precisato che Mosca «accoglie con favore i progressi compiuti» nel dialogo tra Cremlino e Casa Bianca.
Sulle conquiste territoriali lo zar si è mostrato fiducioso, con le truppe che «avanzano con sicurezza e schiacciano il nemico». Ha quindi annunciato che quest’anno rappresenta «la pietra miliare per il raggiungimento degli obiettivi dell’operazione militare speciale», visto che sono stati «liberati» più di 300 insediamenti. L’avanzata è evidente: Mosca ha comunicato di aver preso il controllo della città di Kupyansk. E secondo il comandante in capo delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrsky, sta preparando un’altra offensiva con 710.000 soldati russi.
La reazione del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non è tardata ad arrivare. Pare convinto che la guerra continuerà anche nel 2026: «Oggi abbiamo ricevuto da Mosca ulteriori segnali che indicano che il prossimo sarà un anno di guerra. E questi segnali non sono solo per noi. È importante che i partner lo vedano. Ed è importante che non solo lo vedano, ma che reagiscano, in particolare i partner negli Usa, che spesso dicono che la Russia sembra voler porre fine alla guerra».
In ogni caso, le trattative proseguono, con Mosca che attende di essere informata sull’esito dei summit di Berlino. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, pur spiegando che non è in programma la visita dell’inviato americano, Steve Witkoff, ha dichiarato: «Ci aspettiamo che i nostri omologhi statunitensi ci informino sui risultati del loro lavoro con gli ucraini e gli europei quando saranno pronti».
Ma mentre la Russia attende le comunicazioni da parte della delegazione americana, sono intanto trapelate sul New York Times e su Bloomberg alcune indiscrezioni sulle iniziative occidentali. Secondo il quotidiano statunitense, a Berlino i funzionari americani ed europei hanno raggiunto un accordo su due documenti inerenti alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina in cui si prevede un rafforzamento importante delle forze armate ucraine, oltre allo schieramento di truppe europee e un uso maggiore dell’intelligence americana. Il primo documento annuncia i principi generali, il secondo è un «documento operativo mil-to-mil», ovvero da forze armate a forze armate. Bloomberg ha invece rivelato che gli Usa stanno «preparando un nuovo ciclo di sanzioni contro il settore energetico russo» con lo scopo di aumentare la pressione su Putin, qualora non accettasse l’accordo di pace. Il Cremlino non ha commentato le rivelazioni sulle garanzie di sicurezza, ma è intervenuto subito sulle sanzioni, sostenendo che potrebbero «nuocere al miglioramento delle relazioni tra i due Paesi».
A riconoscere che le trattative di pace sono «complesse» è il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: «Le pretese irragionevoli» russe, soprattutto «sulla porzione di Donbass non conquistata» da Mosca, sono «lo scoglio» più difficile da superare. Parlando alla Camera ha colto l’occasione per ripetere che «l’Italia non intende inviare soldati in Ucraina», anche perché «l’ipotesi di dispiegamento di una forza multinazionale in Ucraina» prevede «la partecipazione volontaria». La linea italiana resta quella di «non abbandonare l’Ucraina al suo destino nella fase più delicata degli ultimi anni». Al contrario di Meloni, il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, è stato piuttosto vago sull’invio di soldati tedeschi nella cornice di una forza multinazionale, limitandosi a dire che la Coalizione dei volenterosi non include solamente gli Stati europei.
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Da domani in Arabia Saudita al via la final four. A inaugurare il torneo saranno Milan e Napoli, in campo giovedì (ore 20 italiane) per la prima semifinale. Venerdì tocca a Inter e Bologna contendersi un posto nella finalissima di lunedì 22 dicembre.
Il primo trofeo della stagione si assegna ancora una volta lontano dall’Italia. Da domani la Supercoppa entra nel vivo a Riyadh con la formula della final four: giovedì la semifinale tra Milan e Napoli, venerdì quella tra Inter e Bologna, lunedì 22 dicembre la finale che chiuderà il programma e consegnerà il titolo.
Riyadh si prepara ad accogliere di nuovo la Supercoppa italiana,. Tre partite secche, quattro squadre e una posta che va oltre il campo: Napoli, Inter, Milan e Bologna portano in Arabia Saudita storie diverse, ambizioni opposte e un equilibrio che negli ultimi anni ha reso la competizione meno scontata di quanto dicano le statistiche.
Il Napoli arriva da campione d’Italia, il Bologna da vincitore della Coppa Italia, l’Inter da seconda forza del campionato e il Milan da detentore del trofeo. È soltanto la terza edizione con il formato a quattro, ma è già sufficiente per raccontare una Supercoppa che ha cambiato volto: nelle ultime due stagioni hanno vinto squadre che non partivano con lo scudetto cucito sul petto, un’inversione rispetto a una tradizione che per decenni aveva premiato quasi sempre i campioni d’Italia.
Proprio il Milan è il simbolo di questo ribaltamento. Campioni in carica, i rossoneri hanno spezzato una serie di finali perse all’estero e hanno riscritto la storia della manifestazione vincendo prima da finalista di Coppa Italia e poi da seconda classificata in campionato. In Arabia Saudita tornano con l’obiettivo di agganciare la Juventus in vetta all’albo d’oro, dove oggi i bianconeri comandano con nove successi, uno in più di Inter e Milan.
Il primo incrocio, giovedì 18 dicembre, è contro il Napoli. Gli azzurri inseguono invece un ritorno al passato: l’ultima Supercoppa vinta risale al 2014, una finale rimasta negli archivi per durata e tensione. Da allora, tentativi falliti e una presenza costante tra semifinali e finali mancate. Per la squadra di Antonio Conte, il confronto con il Milan è anche un passaggio chiave per evitare una prima volta storica: mai la squadra campione d’Italia in carica è rimasta fuori dall’atto conclusivo della competizione.
Dall’altra parte del tabellone, Inter e Bologna. I nerazzurri sono ormai una presenza abituale nella Supercoppa a quattro, protagonisti nelle ultime due edizioni e detentori di record individuali che raccontano la continuità del loro percorso. Il Bologna, invece, vivrà un esordio assoluto: sarà il tredicesimo club a partecipare alla manifestazione, chiamato subito a misurarsi con una dimensione internazionale che rappresenta una novità anche simbolica per il club. Negli ultimi anni la Supercoppa si è decisa spesso senza supplementari e rigori, ma resta una competizione capace di ribaltare copioni già scritti. Lo dimostrano le rimonte, i gol decisivi negli ultimi minuti e una storia che, pur ricca di record individuali e panchine vincenti, continua a sorprendere.
Fuori dal campo, la tappa di Riyadh diventa anche una vetrina per il calcio italiano. La Lega Serie A ha annunciato iniziative dedicate all’inclusione di tifosi con disabilità sensoriali, che accompagneranno tutte le partite del torneo. Da un lato, l’utilizzo di una mappa tattile interattiva permetterà a tifosi ciechi e ipovedenti di seguire l’andamento della gara attraverso il tatto; dall’altro, magliette sensoriali trasformeranno i suoni dello stadio in vibrazioni per tifosi sordi. Un progetto che coinvolgerà complessivamente trenta spettatori per ciascuna iniziativa, inserendosi nel programma ufficiale della competizione.
A rappresentare visivamente la Supercoppa sarà invece il nuovo Trophy travel case, realizzato dal brand fiorentino Stefano Ricci. Un baule pensato per accompagnare il trofeo nelle tappe internazionali, simbolo di un’italianità che la Serie A continua a esportare all’estero, soprattutto in Medio Oriente, dove la Supercoppa si gioca per il quarto anno consecutivo.
Il calcio d’inizio è fissato. A Riyadh non si gioca soltanto una coppa, ma un racconto che intreccia campo, storia recente e immagine del calcio italiano nel mondo. E, come spesso accade in Supercoppa, i numeri potrebbero non bastare per spiegare come andrà a finire.
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(Apple Tv)
Non è affatto detto che sia così perché, dietro l’obiettivo di rovesciare le formule della fantascienza, si nasconde l’ambizione di una riflessione sul rapporto tra benessere collettivo e libertà individuale, tra felicità globale e identità personale. Il tutto proposto con grande cura formale, ottime musiche e qualche lungaggine autoriale. Possibili, lontani, riferimenti: Lost, per i prologhi spiazzanti e i flashback, Truman Show, per la solitudine e l’apparenza stranianti, Black Mirror, per la cornice distopica. Ma la mano dell’ideatore è inconfondibile.
Ci troviamo ad Albuquerque, la città del New Mexico già teatro dei precedenti plot di Gilligan, ma stavolta la vicenda è tutt’altra. Siamo in un futuro progredito e un certo rigore si è già radicato nella quotidianità. Per esempio, l’avviamento delle auto di ultima generazione è collegato alla prova di sobrietà del palloncino: se si è stati al pub, l’auto non parte. Individuato da un gruppo di astronomi, un virus Rna proveniente dallo spazio, trasmesso in laboratorio da un topo e contagiato tramite baci e alimenti, rende gli esseri umani felici, gentili e samaritani con il prossimo. Le persone agiscono come un’unica mente collettiva, ma non a causa di un’invasione aliena, tipo L’invasione degli ultracorpi, bensì per il fatto che «noi siamo noi», garantisce un politico che parla dalla Casa Bianca, anche se non è il presidente. «Gli scienziati hanno creato in laboratorio una specie di virus, più precisamente una colla mentale capace di tenerci legati tutti insieme». In questo mondo, non esiste il dolore, non si registrano reati, le prigioni sono vuote, le strade non sono mai congestionate, regna la pace. Tutto è perfetto e patinato, perché la contraddizione non esiste. Debellata, dietro una maschera suadente. La colla mentale dispone alla benevolenza e alla correttezza le persone. Che però non possono scegliere, ma agire solo in base a un «imperativo genetico». Soltanto 12 persone in tutto il Pianeta sono immuni al contagio. Ma mentre undici sembrano disposte a recepirlo, l’unica che si ribella è Carol Sturka (Reha Seehorn), una scrittrice di romanzi per casalinghe sentimentali. Cinica, diffidente, omosex e discretamente testarda, malgrado vicini, conoscenti e certi soccorritori ribadiscano le loro buone intenzioni - «vogliamo solo renderti felice» - lei non vuole assimilarsi ed essere rieducata dal virus dei buoni. I quali, ogni volta che lei respinge bruscamente le loro attenzioni, restano paralizzati in strane convulsioni, alimentando i suoi sensi di colpa. Il prezzo della libertà è una solitudine sterminata, addolcita dal fatto che, componendo un numero di telefono, può vedere esaudito ogni desiderio: cibi speciali, cene su terrazze panoramiche, giornate alle terme, Rolls Royce fiammanti. Quando si imbatte in qualche complicazione è immediatamente soccorsa da Zosia (Karolina Wydra), volto seducente della mente collettiva, o da un drone, tempestivo nel recapitarle a domicilio la più bizzarra delle richieste. A Carol è anche consentito di interagire con gli altri umani esenti dal contagio. Che però non condividono il suo progetto di ribellione alla felicità coatta: tocca a noi riparare il mondo. «Perché? La situazione sembra ideale, non ci sono guerre, viviamo tranquilli», ribatte un viveur che sfrutta ogni lusso e privilegio concesso dalla mente collettiva.
L’idea di questa serie risale a circa otto o nove anni fa, ha raccontato Gilligan in un’intervista. «In quel periodo io e Peter Gould (il suo principale collaboratore, ndr.) avevamo iniziato a lavorare a Better Call Saul e ci divertivamo parecchio. Durante le pause pranzo avevo l’abitudine di vagare nei dintorni dell’ufficio immaginando un personaggio maschile con cui tutti erano gentili. Tutti lo amavano e non importa quanto lui potesse essere scortese, tutti continuavano a trattarlo bene». Poi, nella ricerca del perché di questa inspiegabile gentilezza, la storia si è arricchita e al posto di un protagonista maschile si è imposta la figura della scrittrice interpretata da Reha Seehorn, già nel cast di Better Call Saul. Su di lei, a lungo sola in scena, si regge lo sviluppo del racconto. A un certo punto, provata dalla solitudine, ma senza voler smettere d’indagare anche perché incoraggiata dalle prime inquietanti scoperte, Carol cambia strategia, smorzando la sua ostilità…
Il titolo della serie deriva da «E pluribus unum», cioè «da molti, uno», antico motto degli Stati Uniti, proposto il 4 luglio 1776 per simboleggiare l’unione delle prime 13 colonie in una sola nazione. Gilligan ha trasferito la suggestione di quel motto a una dimensione esistenziale e filosofica, inscenando una sorta di apocalisse dolce per riflettere sulla problematica convivenza tra singolo e collettività. Per questo, in origine, Plur1bus era scritto con l’1 al posto della «i».
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Emmanuel Macron (Ansa)
La sola istanza che ha una parvenza di rappresentanza è il Palamento europeo. Così il Mercosur, il mega accordo commerciale con Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, più annessi, che deve creare un’area di libero scambio da 700 milioni di persone che Ursula von der Leyen vuole a ogni costo per evitare che Javier Milei faccia totalmente rotta su Donald Trump, che il Brasile si leghi con la Cina e che l’Europa dimostri la sua totale ininfluenza, rischia di crollare e di portarsi dietro, novello Sansone, i filistei dell’eurocrazia.
Il Mercosur ieri ha fatto due passi indietro. Il Parlamento europeo con ampia maggioranza (431 voti a favore Pd in prima fila, 161 contrari e 70 astensioni, Ecr-Fratelli d’Italia fra questi, i lepenisti e la Lega hanno votato contro) ha messo la Commissione con le spalle al muro. Il Mercosur è accettabile solo se ci sono controlli stringenti sui requisiti ambientali, di benessere animale, di salubrità, di rispetto etico e di sicurezza alimentare dei prodotti importati (è la clausola di reciprocità), se c’è una clausola di salvaguardia sulle importazioni di prodotti sensibili tra cui pollame o carne bovina. Se l’import aumenta del 5% su una media triennale si torna ai dazi. Le indagini devono essere fatte al massimo in tre mesi e la sospensione delle agevolazioni deve essere immediata. Tutti argomenti che la Von der Leyen mai ha inserito nell’accordo. Ma sono comunque sotto il minimo sindacale richiesto da Polonia, Ungheria e Romania che sono contrarie da sempre e richiesto ora dalla Francia che ha detto: «Così com’è l’accordo non è accattabile».
Sono le stesse perplessità dell’Italia. Oggi la Commissione dovrebbe incontrare il Consiglio europeo per avviare la trattativa e andare, come vuole Von der Leyen, alla firma definitiva prima della fine dell’anno. La baronessa aveva già prenotato il volo per Rio per domani, ma l’hanno bloccata all’imbarco! Perché Parigi chiede la sospensione della trattativa. La ragione è che gli agricoltori francesi stanno bloccando il Paese: ieri le quattro principali autostrade sono state tenute in ostaggio da trattori che sono tornati a scaricare il letame sulle prefetture. Il primo ministro Sébastien Lecornu ha tenuto un vertice sul Mercosur incassando un no deciso da Jean-Luc Mélenchon, da Marine Le Pen ma anche dai repubblicani di Bruno Retailleau che è anche ministro dell’interno.
Domani, peraltro, a Bruxelles sono attesi almeno diecimila agricoltori- la Coldiretti è la prima a sostenere questa manifestazione - che con un migliaio di trattori assedieranno Bruxelles. L’Italia riflette, ma è invitata a fare minoranza di blocco dalla Polonia; la Francia vuole una mano per il rinvio. Certo che il Mercosur divide: la Coldiretti ha rimproverato il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino che invece vuole l’accordo (anche l’Unione italiana vini spinge) di tradire la causa italiana. Chi invece vuole il Mercosur a ogni costo sono la Germania che deve vendere le auto che non smercia più (grazie al Green deal), la Danimarca che ha la presidenza di turno e vuole lucrare sull’import, l’Olanda che difende i suoi interessi commerciali e finanziari.
C’è un’evidente frattura tra l’Europa che fa agricoltura e quella che vuole usare l’agricoltura come merce di scambio. Le prossime ore potrebbero essere decisive non solo per l’accordo - comunque deve passare per la ratifica finale dall’Eurocamera - ma per i destini dell’Ue.
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