2023-04-28
Yoram Hazony: «Il liberalismo collassa nel marxismo. Solo i conservatori sanno resistere»
Parla il pensatore israeliano: «Fondando una società unicamente su idee liberali arriva la deriva woke. Sostituzione etnica? Una nazione può adottare chi è diverso, ma solo se costui si sforza per integrarsi».Yoram Hazony, presidente dell’Istituto Herzl di Gerusalemme, è uno dei pensatori politici più interessanti e profondi di questi anni. Con l’editore Giubilei Regnani ha appena pubblicato un libro importante: La scoperta del conservatorismo, che tocca tante questioni di attualità.Professore, che cosa significa oggi essere conservatori?«Distinguiamo tra due cose diverse: liberalismo e conservatorismo. Ognuno più o meno sa che cosa sia il liberalismo, cioè quella visione politica secondo cui sai tutto ciò che c’è da sapere sulla politica se conosci la libertà individuale, l’uguaglianza individuale e il consenso. Il conservatorismo comincia in un luogo completamente diverso: con una pre esistente famiglia, o nazione, o religione. Il conservatore si chiede: che cosa dobbiamo fare per mantenere le cose buone che ci sono, per esempio in Italia, per i prossimi cento, duecento o cinquecento anni? Il conservatorismo nasce in un luogo diverso e prende le mosse da una domanda differente rispetto al liberalismo». In teoria il liberalismo è quello che lei ha descritto, ma poi c’è la pratica. Specialmente dagli anni Novanta in avanti, il liberalismo è diventato sempre più intollerante, sempre più censorio, sempre meno democratico. Pretende di intervenire sul linguaggio e sui pensieri, i sedicenti liberarli tendono a escludere altri pensatori con accuse di razzismo, omofobia, fascismo. «Io distinguerei tra l’ideologia woke, che è un tipo di ideologia neomarxista, e il liberalismo. Sono d’accordo sul fatto che, come abbiamo visto nelle ultime due o tre generazioni, se provi a fondare la società solo sul liberalismo allora essa si muove nella direzione del marxismo, nella direzione del neomarxismo woke. Soltanto una tradizione conservatrice ha la forza di resistere saldamente di fronte agli attacchi dei marxisti. Dovremmo essere d’accordo sul fatto che il liberalismo è una cosa e il marxismo è un’altra cosa. E il problema è che il liberalismo collassa nel marxismo».In fondo, però, non si può dire che liberalismo e marxismo - entrambi materialisti seppur in modo diverso - nascano da una radice comune?«Sono completamente d’accordo con lei, ma nel mondo occidentale la maggior parte dei liberali e dei marxisti ancora pensano che siano due cose diverse. Ad ogni modo, condivido: entrambi derivano dalla stessa radice. Se dici che l’individuo è libero, che l’essere umano come individuo è libero di assumere o abrogare qualsiasi impegno e non deve nulla alla sua famiglia o alla sua nazione...». In qualche modo il risultato è lo stesso. «Sì. Alcune persone saranno più liberali, altre più marxiste. Ma in ogni caso, tutti taglieranno i legami, gli obblighi che ci legano alla nostra famiglia e alla nostra nazione. E infatti ora entrambi dicono che tutto ciò non esiste. Ecco perché oggi dobbiamo parlare di conservatorismo. Che è l’idea secondo cui sei nato in una famiglia, sei nato in una nazione, e quindi hai obblighi verso quella famiglia e quella nazione. Se ci teniamo alla nostra nazione, alla nostra famiglia, alla nostra religione e a qualsiasi tradizione, se ci preoccupiamo della buona società che abbiamo ereditato, dobbiamo ricominciare a parlare di che cosa dobbiamo alle generazioni future. Lasci che le faccia un piccolo esempio».Prego.«Un liberale classico che si identifica con l’idea mainstream di liberalismo dirà: “Hai il diritto di essere cristiano. Hai il diritto di essere ateo. Sta completamente a te. E non interferirò. Dovresti fare ciò che vuoi”. Mentre un neo-marxista dirà: “Di che stai parlando? Il cristianesimo è semplicemente un male, impedisce alle persone di essere libere, quindi dobbiamo distruggerlo”. Sono due punti di vista diversi. Ma se nella pratica la società liberale si muove sempre in direzione del marxismo, alla fine sta solo fingendo di dare alle persone libertà. L’obiettivo finale è sempre distruggere tutte le tradizioni». Stiamo vedendo oggi le conseguenze di questo slittamento o collasso del liberalismo. Io continuo a chiedermi come ciò sia possibile. Su che cosa ha attecchito l’ideologia woke?«C’è un capitolo nel mio libro sul perché il neomarxismo sia così forte. Cercherò di riassumerlo molto rapidamente. Il cuore del problema del liberalismo è che le idee politiche liberali pretendono che non ci siano gruppi sociali, fingono che la società sia composta da individui che prendono le proprie decisioni sulla base della loro ragione e dei loro interessi. I marxisti arrivano e dicono (questo è quello che dicono agli studenti universitari): “Tutto ciò è stupido. Guardate la società. Vedete che le persone sono legate? Si riuniscono in gruppi, possono essere tribali. Si riuniscono in gruppi sociali, economici e nazionali. Gli esseri umani sono sempre in gruppi”. E quindi i marxisti dicono che il liberalismo è un’idea stupida, che non è realistico. Il marxista ha ragione nel vedere tutti questi gruppi. Ma poi va oltre, e ci riporta appunto a Karl Marx. Secondo cui i gruppi forti opprimono e sfruttano i gruppi deboli. Quindi l’unica scelta che hai, se sei in un gruppo più debole, è distruggere il gruppo più forte. Marx pensa che tutto andrà meglio se distruggi il gruppo più forte nella società. Un conservatore concorda sul fatto che ci siano dei gruppi, ma dice anche: “Se ogni società deve distruggere chiunque sia al comando, significa che distruggerà tutto ciò che funziona, tutto ciò che ha successo”. Questa è la critica conservatrice del marxismo: l’obiettivo non è distruggere tutto ciò che abbiamo ereditato, ma al contrario cercare di preservarlo e rafforzarlo».Nei giorni scorsi in Italia si è fatta molta polemica perché un ministro ha parlato di «sostituzione etnica». Alla luce del suo pensiero secondo cui le nazioni hanno appunto una base etnica e non nascono da un contratto, non sembra un concetto così delirante o nazista...«C’è un po’ di confusione sulle parole. La parola “etnico” indica la nazione: è “nazione” in greco. C’erano città-stato greche e esisteva un’etnia greca: erano tutti i greci, anche se non sono mai stati sotto un unico stato indipendente. Si attaccano i conservatori e i nazionalisti dicendo che credono nella fondazione etnica della nazione. Mi dispiace, ma è una sciocchezza. Le nazioni sono sicuramente, in parte, costruite sulle famiglie. Gruppi di famiglie sono una tribù, gruppi di tribù sono una nazione. Ma è anche vero che ogni famiglia umana a volte adotta altri individui, così come è vero che ogni tribù umana adotta famiglie e ogni nazione umana adotta tribù. Quindi non c’è una chiara base biologica per una nazione. Una nazione ha solitamente la propria lingua, spesso la propria religione, ha una storia comune di persone che si sentono unite da un legame di fratellanza. Si sentono vicine l’una all’altro perché hanno combattuto guerre insieme, hanno combattuto battaglie insieme, hanno vinto e hanno perso. Quindi, tutte queste cose hanno alla base legami familiari e parentali, ma ci sono anche la lingua, la religione, la legge e la storia che abbiamo ereditato. Ogni nazione è complicata e non dovremmo lasciare che la sinistra dica: “Tu sostieni che la nazione abbia una base biologica, quindi sei un razzista”, perché non è vero». Quindi che dobbiamo pensare delle parole del ministro Lollobrigida sulla sostituzione etnica e delle critiche che ha ricevuto?«C’è un po’ di verità da entrambe le parti. Se parliamo di migranti, dobbiamo dire che è possibile permettere un certo livello di immigrazione. Come ho detto, una nazione può adottare. Se le persone vengono in Italia e vogliono essere italiane, se sono motivate a venire per diventare italiane e vogliono adottare la lingua italiana, la religione maggioritaria in Italia, se sono orgogliose di essere italiane, allora è possibile che vengano e diventino parte della nazione. Il fatto che siano nati altrove non è la cosa più importante. Dall’altro lato, però, se troppe persone arrivano allo stesso tempo e non vogliono veramente diventare italiane, ma vengono solo per avere un lavoro e mantengono una religione e una visione del mondo completamente diverse, allora questo diventa molto, molto pericoloso e crea tensioni sociali e, in casi estremi, violenza. Questa è una cosa contro cui ogni società deve essere in grado di difendersi. Quindi bisogna trovare un equilibrio tra queste due posizioni: la sfida è questa».Ha collaborato Matteo Lorenzi
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