2025-08-09
Hamas sfida Israele. «La presa di Gaza? Non una passeggiata»
Benjamin Netanyahu (Getty)
I terroristi invocano la resistenza contro l’occupazione. J. D. Vance: «Usa in disaccordo con Benjamin Netanyahu, ma no alla Palestina Stato».Friederich Merz boccia il piano «incomprensibile» di Gerusalemme nella Striscia. Elly Schlein: «Giorgia Meloni che fa?». Il premier: «Lavoro per la pace».Lo speciale contiene due articoliIl gabinetto di sicurezza israeliano ha dato luce verde a un piano militare che prevede la presa di Gaza City da parte delle forze armate, segnando una nuova e controversa fase del conflitto in corso nella Striscia. La decisione, maturata al termine di una lunga riunione, arriva dopo che Benjamin Netanyahu ha ribadito la volontà di esercitare il controllo sull’intera enclave palestinese, sfidando le crescenti pressioni della comunità internazionale per un cessate il fuoco. Il premier israeliano ha inoltre specificato che Israele manterrà una zona di sicurezza lungo il perimetro del territorio, sottolineando l’obiettivo strategico dell’operazione: «Liberare Gaza dal giogo di Hamas». La linea dura adottata da Netanyahu non raccoglie un consenso unanime all’interno del Paese. Il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha espresso preoccupazioni concrete circa l’operazione, avvertendo che una conquista totale di Gaza comporterebbe rischi elevati per gli ostaggi ancora detenuti da Hamas. «Non vi è alcuna garanzia che non subiscano danni», ha dichiarato. Zamir ha inoltre elencato i potenziali costi: perdite tra le truppe, logoramento dell’apparato militare, esaurimento delle risorse strategiche e l’inevitabile aggravarsi della crisi umanitaria. Alcuni ministri, critici nei confronti dell’operazione denominata «Carri di Gedeone», sostengono che gli obiettivi principali - la liberazione degli ostaggi e la resa di Hamas - non siano ancora stati raggiunti. Zamir, difendendo l’efficacia delle operazioni condotte finora, ha tuttavia affermato che «sono state poste le condizioni per un possibile ritorno degli ostaggi». Sebbene i dettagli completi dell’offensiva non siano stati resi pubblici, fonti della sicurezza israeliana riferiscono che la prima fase del piano prevede lo sfollamento forzato di centinaia di migliaia di civili da Gaza City entro il 7 ottobre. Dopo l’evacuazione, l’esercito istituirebbe campi temporanei con ospedali da campo, centri per la distribuzione degli aiuti e nuove strutture di accoglienza. La fase successiva dovrebbe spingersi verso le aree centrali della Striscia, ancora relativamente intatte, spostando quasi completamente la popolazione verso Sud. Secondo alcuni analisti, l’intento di Israele è quello di incrementare la pressione su Hamas per spingerlo a riprendere i negoziati e accettare le condizioni imposte da Israele e Usa. L’avanzata potrebbe dunque essere sospesa qualora emergano spiragli di un’intesa. Hamas ha replicato con toni duri: «L’occupazione di Gaza non sarà una passeggiata». In un comunicato il gruppo jihadista ha dichiarato di essere «pronto a un accordo per la liberazione degli ostaggi», condizionando però la disponibilità a un cessate il fuoco e al ritiro delle truppe israeliane. «Siamo sempre aperti al dialogo», si legge nella nota, «ma l’occupazione comporterà un prezzo altissimo». L’Autorità nazionale palestinese ha definito la decisione israeliana un «crimine a tutti gli effetti», accusando Tel Aviv di perseguire una strategia di disumanizzazione e annientamento. Sulla stessa linea anche l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, che ha chiesto «l’immediata sospensione del piano di conquista totale», giudicandolo in violazione della sentenza della Corte internazionale di giustizia, secondo la quale Israele dovrebbe porre fine all’occupazione. Dura anche la reazione del presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha invitato il governo israeliano a «riconsiderare la decisione di estendere l’operazione militare a Gaza». In un post su X, Von der Leyen ha chiesto «un cessate il fuoco immediato» e ha sottolineato la necessità di «garantire un accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari». Ha inoltre ribadito che «tutti gli ostaggi devono essere rilasciati senza ulteriori ritardi». Contrarietà al piano israeliano è stata espressa anche da diversi Stati, tra cui Australia, Arabia Saudita, Belgio, Egitto, Germania, Regno Unito, Spagna e Turchia. Regno Unito, Francia, Danimarca, Grecia e Slovenia hanno chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu in merito al piano israeliano di occupazione di Gaza. La richiesta ha ottenuto il sostegno dell’Algeria, riferiscono fonti diplomatiche delle Nazioni Unite. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha affermato su X: «Le condanne e le minacce di sanzioni da parte di alcuni Paesi non indeboliranno la nostra determinazione. Sono finiti i giorni in cui gli ebrei restavano inermi». Anche gli Stati Uniti, che restano il principale fornitore di armi a Israele, hanno espresso riserve. Durante una visita nel Regno Unito, il vicepresidente J.D. Vance ha dichiarato che l’amministrazione Trump è «in disaccordo» con Tel Aviv sull’estensione delle operazioni a Gaza City. «Condividiamo gli obiettivi generali», ha detto, «ma non le modalità con cui perseguirli». Vance ha inoltre messo in discussione la possibilità di riconoscere uno Stato palestinese, dichiarando che «non ha senso parlarne finché non esiste un’entità politica in grado di amministrarlo». Secondo quanto riportato dalla Nbc, Donald Trump avrebbe avuto un duro confronto telefonico con Netanyahu il 28 luglio, dopo che quest’ultimo aveva pubblicamente negato l’esistenza di una crisi alimentare a Gaza. Trump ha parlato di «vera inedia» e ha accusato Netanyahu di ignorare le prove. Quando il premier ha definito le immagini di bambini denutriti «propaganda di Hamas», Trump lo ha interrotto, alzando la voce e ribadendo che i suoi consiglieri avevano confermato gravi problemi di fame, specie tra i minori.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/hamas-sfida-israele-su-gaza-2673872007.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-la-germania-castiga-bibi-stop-allinvio-di-armi" data-post-id="2673872007" data-published-at="1754744589" data-use-pagination="False"> Anche la Germania castiga Bibi, stop all’invio di armi Dopo l’apertura al riconoscimento dello Stato palestinese, un altro elemento di rottura si inserisce nei rapporti tra la Germania e Israele: Berlino smetterà di fornire armi a Gerusalemme.«Il governo tedesco non autorizzerà alcuna esportazione di equipaggiamenti militari che possano essere utilizzati nella Striscia di Gaza fino a nuovo avviso», ha annunciato il cancelliere tedesco Friedrich Merz. La misura arriva in risposta alla decisione israeliana di occupare Gaza. Merz ha proseguito dicendo che «è sempre più difficile capire» come possa essere raggiunto l’obiettivo di «difendersi» e «disarmare» Hamas con «l’azione militare ancora più dura dell’esercito israeliano».Si tratta di una mossa che spiazza Gerusalemme. Basti pensare che, solo due mesi fa, in occasione del vertice Nato, il cancelliere tedesco aveva sbandierato: «La nostra ragion d’essere è la difesa dell’esistenza di Israele».Ma soprattutto Berlino è il principale fornitore di armi a Israele dopo Washington: esporta munizioni, camion blindati, armi anticarro, equipaggiamenti navali. Stando ai dati dello Stockholm international peace research institute (Sipri), tra il 2020 e il 2024, il 33% degli armamenti acquistati da Gerusalemme erano di provenienza tedesca. «Berlino deve correggere al più presto la strada che ha scelto», ha detto il presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, Josef Schuster, aggiungendo che il cambio di rotta è «in contrasto con le dichiarazioni di solidarietà fatte dal Cancelliere». A commentare il dietrofront, anche il segretario del Pd, Elly Schlein, che invitando il governo italiano a seguire le azioni intraprese da Berlino, ha avvertito: «L’Italia interrompa il memorandum di collaborazione militare e riconosca subito lo Stato di Palestina». Va ricordato però che la decisione tedesca arriva a quasi due anni di distanza dall’annuncio italiano sullo stop alla vendita di armi a Gerusalemme. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva poi spiegato lo scorso anno: «Possono esserci stati adempimenti di vecchi contratti, ma nessuno dei prodotti esportati in base a contratti precedenti al 7 ottobre dello scorso anno poteva essere utilizzato a Gaza».Guardando ai numeri dell’Istat, emerge che nel 2024 l’Italia ha venduto a Israele «armi e munizioni» per 5,2 milioni di euro. Si tratta comunque di un valore più che dimezzato rispetto al 2023 quando l’export aveva raggiunto 12,3 milioni e ancora inferiore se si guarda al 2022 con 16,8 milioni. Riguardo ai dati del 2024, va poi sottolineato che in questo valore possono rientrare non solo equipaggiamenti militari ma anche componenti e munizioni a uso civile. Per esempio, come riportato da Altreconomia, una società di Lecco (la seconda provincia in termini di export) ha reso noto di aver esportato munizioni «a esclusivo uso civile», mentre i materiali partiti da Viterbo e diretti in Israele erano spolette elettriche destinate alla distruzione. Ciononostante, secondo alcuni esperti, come il professor Triestino Mariniello, docente di Diritto penale internazionale, interpellato sempre da Altreconomia, in virtù degli obblighi internazionali il governo italiano avrebbe dovuto interrompere anche la vendita di materiali dual use così come rivedere le licenze esistenti.Intanto, circola in rete un video dove il presidente del consiglio Giorgia Meloni risponde alle provocazioni di un attivista pro Pal che accusa il governo italiano di continuare a «inviare armi» a Israele, in particolare «quelle della Leonardo». Ribadendo di essere al lavoro per la pace, Meloni ha risposto: «Ma quali armi?», per poi concludere: «Studi!».
(Totaleu)
Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento europeo, Antonella Sberna (FdI), a margine dell'inaugurazione della Half Marathon Città dei Papi.
Silvio Berlusconi e Claudio Lotito al Senato in una foto del 13 ottobre 2022 (Getty Images)
Nel giorno in cui Silvio Berlusconi avrebbe compiuto 89 anni, Claudio Lotito gli dedica una lettera affettuosa: «Il modo in cui hai amato gli italiani continua a sostenerci. Hai realizzato tutti i tuoi sogni, rendendo l’Italia riconoscibile nel mondo».
«Caro Presidente, caro Silvio, auguri. Oggi compi gli anni, e anche se non sei fisicamente presente non è un problema. Potrà sembrare poco ortodosso usare questa espressione, ma il modo e l’intensità con cui hai amato gli italiani, così tanto e così profondamente, continuano a sostenerci anche se tu non ci sei più. È una cosa che è rimasta in ognuno di coloro che hanno capito che il tuo valore, come politico e come uomo, dipendevano anzitutto dalla maniera in cui i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri e le tue azioni contribuivano allo sviluppo dell’esistenza degli altri individui. Credo che muoia lentamente chi non vive le proprie passioni, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle ‘i’ piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi. Caro Presidente, caro Silvio, il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. E tu hai vissuto tutti i tuoi sogni: da imprenditore, da uomo di sport e da politico, tutti realizzati rendendo l’Italia riconoscibile al mondo. Auguri Presidente! Auguri Silvio!». Lo dichiara il senatore Claudio Lotito.
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