2025-08-13
Spunta un «premier» per la Gaza post bombe
Distribuzione di farina a Gaza. Nel riquadro, Samir Halilah (Ansa)
Mentre Gerusalemme prepara l’offensiva, fonti israeliane indicano l’imprenditore palestinese Halilah come futuro governatore di una Striscia controllata dalla Lega araba. Lui conferma e dice: «C’è l’ok di Hamas». Telefonata tra la Meloni e Bin Salman.«Permetterò ai residenti di Gaza di andarsene». Parola di Benjamin Netanyahu. Mentre procedono i preparativi per l’operazione dell’esercito israeliano che mira alla distruzione totale di Hamas e il rilascio tutti gli ostaggi in vita (e coloro che sono deceduti), si moltiplicano gli appelli e le proteste affinché Israele rinunci all’operazione così come l’attività diplomatica è molto intensa. In tal senso, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ieri ha avuto un colloquio telefonico con il principe saudita Mohamed bin Salman per discutere degli ultimi sviluppi a Gaza e dei rapporti bilaterali. Secondo Palazzo Chigi, entrambi hanno espresso preoccupazione per le recenti decisioni israeliane, giudicate un passo verso l’escalation, ribadendo l’urgenza di fermare le ostilità per alleviare la crisi umanitaria e avviare la ricostruzione della Striscia di Gaza, con un ruolo centrale delle nazioni arabe. Meloni ha ribadito la necessità che Hamas liberi subito e senza condizioni gli ostaggi e rinunci a qualsiasi ruolo futuro a Gaza. I due leader hanno inoltre confermato l’impegno a rafforzare la cooperazione in tutti i settori, nel quadro del partenariato strategico tra Roma e Riad. Nonostante i combattimenti proseguano ancora a Gaza, sta prendendo forma un piano per il periodo successivo al conflitto, che ha come figura centrale Samir Halilah, imprenditore palestinese (ha fatto fortuna in Canada), ed ex segretario generale del terzo governo dell’Autorità nazionale palestinese (2005-2006) guidata da Ahmed Qurei, deceduto lo scorso anno. Halilah ha ricoperto anche il ruolo di presidente del Consiglio di amministrazione della Palestine securities exchange fino allo scorso marzo.Secondo quanto riportato dal sito di informazione israeliano Ynet, negli ultimi mesi è proseguito un lavoro riservato per individuare un «governatore» della Striscia. Halilah, intervistato dall’agenzia palestinese Ma’an, vicina alle autorità di Ramallah, ha dichiarato che il suo nome avrebbe ottenuto anche l’approvazione di Hamas. Ynet, citando fonti informate e «documenti presentati al dipartimento di Giustizia», riferisce che si tratterebbe di un tentativo di introdurre a Gaza - passata sotto il controllo di Hamas nel 2007 - una figura sostenuta dalla Lega araba, accettata sia da Israele sia dagli Stati Uniti, per avviare una transizione postbellica. Nell’intervista Halilah ha spiegato che la proposta di nominarlo governatore «è stata discussa all’interno della leadership palestinese ed è sul tavolo da un anno e mezzo» e che, soprattutto, «ha ricevuto il via libera di Hamas», circostanza che difficilmente sarà accolta favorevolmente da Israele. L’agenzia Ma’an, oltre a confermare la notizia della candidatura, sostiene di essere in possesso anche dei «dettagli di un accordo in via di definizione» che includerebbe «la cessazione delle ostilità e il ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza». Tale intesa prevederebbe, inoltre, «l’ingresso di contingenti arabi sotto supervisione statunitense» e la nomina di un governatore palestinese con il compito di «gestire le questioni civili, garantire la sicurezza e sovrintendere al processo di ricostruzione». Secondo Halilah la proposta «prevede che l’amministrazione di Gaza sia posta sotto la supervisione del comitato della Lega araba, composto da sei membri - Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Autorità nazionale palestinese e Qatar - incaricati di gestire le attività civili e garantire la sicurezza della Striscia». È di ieri anche la notizia dell’iniziativa diplomatica dell’Egitto che propone uno scambio totale di ostaggi, accompagnato dalla richiesta a Hamas di deporre le armi e di accettare il ritiro delle Forze di difesa israeliane (Idf) sotto la supervisione congiunta di mediatori arabi, statunitensi e turchi.All’inizio della settimana, una delegazione di Hamas è arrivata in Egitto per ricevere una nuova proposta di accordo globale con Israele. Il piano prevede la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani, vivi o deceduti, in cambio della scarcerazione di prigionieri palestinesi. Secondo l’intesa Hamas dovrebbe accettare una nuova mappa di ritiro delle Idf «sotto supervisione arabo-americana, fino al raggiungimento di un accordo definitivo sul disarmo e sulla gestione politica di Gaza». Il progetto includerebbe anche la sospensione delle attività armate da parte dell’ala militare del movimento e la consegna delle armi, con garanzie fornite dai mediatori e dalla Turchia. Tuttavia, un funzionario israeliano ha espresso perplessità: «Le possibilità che Hamas accetti la proposta egiziana sono scarse. Non sembra realistico: resta pur sempre un gruppo terroristico poco incline a rinunciare alle armi. Forse l’influenza di Ankara e le sue garanzie potrebbero facilitare una via d’uscita». Contestualmente, il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha reso noto che Il Cairo sta collaborando con Doha e Washington per raggiungere una tregua di 60 giorni nella Striscia di Gaza. L’annuncio è giunto nel giorno in cui una delegazione di Hamas è arrivata nella capitale egiziana. «Siamo impegnati in una stretta cooperazione con Qatar e Stati Uniti»,ha dichiarato Abdelatty, «con lo scopo principale di ripristinare la proposta iniziale: attuare un cessate il fuoco di due mesi, includendo il rilascio di alcuni ostaggi e detenuti palestinesi, e assicurando l’invio, senza condizioni né restrizioni, di assistenza umanitaria e medica alla popolazione di Gaza». Nonostante gli sforzi diplomatici e le mediazioni internazionali, il processo però resta bloccato su punti cruciali. Tante le idee, ma resta sempre l’indisponibilità di Hamas a disarmare e a rilasciare gli ostaggi.
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