2018-11-13
Haftar vuole sbolognare Macron e trattare il futuro libico con l’Italia
Il generale alla fine ha deciso di partecipare al vertice di Palermo. Grazie al pressing di Mosca, il capo della Cirenaica guarda all'Eni e punta all'unificazione del Paese giocando la carta del figlio di Muammar Gheddafi.Ieri sera alle 18.15 ora italiana il generale Khalifa Haftar, capo della Cirenaica, si è imbarcato da Bengasi su un volo diretto a Palermo. I suoi uomini sono arrivati in Sicilia qualche ora prima, ma, in qualità di primadonna della Libia e di ospite più conteso del meeting organizzato dal governo Conte, ha preferito riservarsi un ruolo solo nei meeting privati tra capi di Stato. Una mossa che nell'ordine mira a cristallizzare una serie di obiettivi che verranno messi a frutto al suo rientro a casa. Anzitutto, conquistare un ruolo di primus inter pares tra le tribù del Fezzan e il governo (fino a poco tempo fa l'unico ufficiale) di Fajez Al Serraj. Poi, l'uomo forte della Libia mira a consolidare il proprio potere al Sud. Non solo nella parte meridionale della Cireniaca, ma in tutta la parte meridionale, anche quella fino al 2017 di «competenza di Tripoli». Lì il generale sa di avere bisogno dell'aiuto russo.Non a caso la scorsa settimana Haftar si è recato a Mosca. «Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha incontrato il comandante dell'esercito nazionale libico. L'ordine del giorno della riunione ha incluso la discussione delle questioni di sicurezza in Medio Oriente e Nord Africa, così come la lotta contro il terrorismo globale e la risoluzione della situazione di crisi in Libia», si leggeva nella nota ufficiale. Un modo per dire che paramilitari russi saranno dislocati là dove serve. Sempre che in cambio Haftar agevoli lo sbarco delle aziende russe nel Fezzan e chiuda nuovi rapporti con l'Italia, la quale a sua volta dovrà garantire rapporti agevolati tra Mosca e il governo di Tripoli.Perché organizzare una tale conferenza sul futuro della Libia non è certo una passeggiata. Il puzzle è complicatissimo, e ogni pedina mossa ne riassesta almeno altre dieci. Ecco, il tira e molla di Haftar è comprensibile, come è facile immaginare che il nostro governo e i servizi debbano accettare trattative serrate. Grazie a Vladimir Putin che a Palermo ha inviato Dimitri Medvedv, e grazie ad Abd al Fattah al Sisi che da capo dell'Egitto si è palesato in prima persona, il capo della Cirenaica sterza ogni giorno di più verso l'Italia. Haftar sa che se si appoggerà solo sulla Francia resterà isolato in Europa. Ma non può cambiare passo in poche settimane, perché i servizi di Emmanuel Macron sono ancora gli unici che affiancano le sue truppe sul terreno e che gli forniscono armi.Al di là delle pruderie, per gestire l'ex Paese di Mohammar Gheddafi servono due cose. Primo, petrolio e, secondo, armi. Per il greggio Haftar ha compreso che Total punta ai pozzi Eni. Al Sisi, stando a fonti dell'intelligence, l'avrebbe convinto a cambiare partner e aprire ancor di più agli interessi del cane a sei zampe. Mentre per le armi la situazione è più complessa. E per Haftar è più facile chiedere rifornimenti direttamente a Mosca. Non solo per un fatto logistico, ma anche per un aspetto geopolitico. Bengasi comincia a fidarsi dei politici italiani, ma non si fida in alcun modo dei nostri servizi di intelligence. Li considera ancora troppo legati agli interessi di Tripoli e delle milizie che si sono spartite la capitale. Eppure c'è da auspicare che ad affiancare le truppe di Haftar sia la nostra intelligence e non più quella di Macron. Oggi se ne discuterà, così come si darà il via a una sorta di nuova spartizione dei pozzi. Solo dopo ci sarà il tema delicato delle elezioni e dell'unificazione.Il rappresentante Usa, il consigliere speciale del dipartimento di Stato per il Medioriente, David Satterfield, garantirà che non ci siano strappi, ma stando a quanto risulta alla Verità, non andrà oltre. Lasciando al nostro Paese un grande onere: quello di gestire milizie, vice milizie, ex ribelli ed ex uomini di Gheddafi. Insomma, il grande minestrone libico. Il problema dell'unificazione verrà sicuramente posto da Ahmed Mitig, il leader di Misurata - un'altra figura che potrebbe prendere l'iniziativa di un nuovo progetto unitario - così come da Khaled al-Meshri e persino Khalifa Gwell, ora sconfitto dalle truppe di al Sarraj (e dalla Settima brigata di Misurata guidata da Mitig), ma sempre utile - o, anzi, necessario - per raggiungere una pace stabile in Libia.prossimo paciereSarà l'Italia - se capace di farlo - a stabilire una nuova gerarchia e fornire garanzie ai vari leader per un potere nazionale, ma ampiamente regionalizzato, come è stato anche ai tempi di Gheddafi. E proprio da qui potrebbe ripartire la ricostruzione. Mentre i confini con il Niger sono ancora controllati dalla Francia, il confine con l'Egitto è privo di controlli diretti da parte di Paesi Ue. Qui è dato per attivo Saif al Islam Gheddafi, il figlio del vecchio leader. Non è stato invitato a Palermo e vive in una località protetta con l'assenso di Haftar che per l'unificazione della Libia potrebbe proprio tirare fuori la carta Saif. Sarebbe l'eterogenesi dei fini e l'annichilimento della strategia francese e la scelta per incastrare anche il governo di Tripoli che non potrebbe opporsi.