2021-03-20
È battaglia sul fisco ma la Lega non la spunta
Il sì del Cdm al dl Sostegno slitta di ore: saranno cancellate solo le pendenze sotto i 5.000 euro dal 2000 al 2010. Più soldi per il reddito di cittadinanza. In media appena 3.700 euro a fondo perduto per ristorare le partite IvaLa notizia della giornata è stata una lunghissima attesa, specchio di una difficoltà politica evidente e di una mediazione estenuante: il Consiglio dei ministri era stato convocato ieri alle 15 e la conferenza stampa di Mario Draghi era stata annunciata per le 17.30. Si è arrivati a una tempistica quasi «contiana», nel senso di Giuseppe Conte: cdm iniziato alle 18.30, con ben tre ore e mezzo di ritardo, e conferenza alle 20.Per il resto, le anticipazioni della Verità sono state confermate: 32 miliardi di cui 27 per il rifinanziamento di misure già esistenti. Alcune luci, tra cui nuovi e ulteriori fondi per turismo (ben 1,7 miliardi) e agricoltura (300 milioni), ma anche molte e lunghe ombre. Pesano come macigni i due temi evidenziati già ieri dal direttore Maurizio Belpietro: il perdurare del blocco degli sfratti e dei licenziamenti (addirittura per un tempo più lungo per le piccole imprese) configura infatti una visione della società, quella dell'ex comunista Andrea Orlando, che rischia di giocare sul terreno economico lo stesso ruolo illiberale interpretato in campo sanitario da Roberto Speranza. Un approccio che sacrifica il diritto di proprietà e la libertà di impresa. Senza dire del rifinanziamento delle ben note bandiere del grillismo: reddito di cittadinanza e di emergenza. Detto questo, veniamo ai due capitoli più significativi: ristori e cartelle. Quanto ai ristori, al governo si può dare atto in positivo di alcune scelte: l'aver stanziato molte risorse (12 miliardi), l'equivalente di quanto Conte mise in quattro provvedimenti; l'aver abbandonato il criterio arbitrario dei codici Ateco; l'aver messo da parte il riferimento (che sarebbe stato intrinsecamente discriminatorio) al confronto mese su mese o bimestre su bimestre (esistono attività che magari non sarebbero risultate colpite nel fatturato nei due mesi prescelti, pur essendo state massacrate nel resto dell'anno), scegliendo invece il più onesto confronto su base annua, e ristorando chiunque abbia avuto una discesa di fatturato del 30%. Ciò appare tutto sommato ragionevole. Ma esiste un'altra faccia della medaglia, che pure non può essere sottaciuta. Così facendo si è notevolmente allargata la platea dei destinatari dell'indennizzo (che sfiorerà i 3 milioni di aziende). E fare la media diventa un banale esercizio di aritmetica: 12 miliardi divisi per 3 milioni di percettori fanno la somma - oggettivamente piccola, inadeguata, insufficiente - di 3.700 euro medi, come ha spiegato il ministro dell'Economia Daniele Franco. Consapevole dell'esiguità del ristoro, il governo ha già preannunciato per aprile la richiesta di un nuovo scostamento. Ma l'unica medicina sarebbe un ritorno alle riaperture, pur graduali e legate a precisi protocolli. In mancanza di questo, è illusorio pensare che le imprese possano restare in piedi a forza di (mini) sussidi. Appare deludente la parte relativa alle cartelle esattoriali, con uno scontro che è durato per tutto il giorno. Il sottosegretario Claudio Durigon (Lega) si è battuto, e gliene va dato atto, e in generale la Lega ha fatto una battaglia convinta praticamente contro tutta la vecchia maggioranza giallorossa. Anzi, c'è da chiedersi cosa sarebbe successo in assenza di una controparte di centrodestra: la sinistra avrebbe avuto campo libero. Sta di fatto che la misura è stata ulteriormente limata al ribasso rispetto alle previsioni dei giorni scorsi: eliminazione delle cartelle 2000-2010 (non più fino al 2015) al di sotto del valore di 5.000 euro. Non solo: il provvedimento è stato circoscritto solo ai contribuenti con un reddito Irpef inferiore ai 30.000 euro. Insomma, una beffa (di dubbia costituzionalità: perché introdurre quella discriminazione di reddito?) contro cui la delegazione della Lega (poi spalleggiata da Fi) ha fatto le barricate per molte ore. Gli ottimisti diranno: vista l'ostilità pregiudiziale di Leu e di quasi tutto il Pd, c'era il rischio che la soglia scendesse ancora (a 3.000 euro): ma stiamo pur sempre parlando di somme ormai sostanzialmente inesigibili, di una mera ripulitura del magazzino dell'Agenzia delle entrate guidata da Ernesto Maria Ruffini. Quanto invece alle cartelle più fresche (quelle relative al quinquennio 2016-2020), è buio. Per parte nostra, continuiamo a sostenere l'esigenza (finora largamente delusa) di un intervento tendenzialmente onnicomprensivo, che consenta a tutti i potenziali destinatari di cartelle di rimettersi in gioco, almeno attraverso l'eliminazione di sanzioni e interessi e una più lunga rateizzazione. Giova ricordare che non siamo in presenza di evasori, ma di contribuenti che hanno dichiarato il giusto e non sono materialmente riusciti a pagare. Fonti della Lega hanno tuttavia rivendicato l'introduzione nel decreto della riforma del sistema della riscossione, aumentando in prospettiva le cancellazioni e le rottamazioni. Ma occorrerà capirne di più quando si potranno esaminare i dettagli del provvedimento. Resta infine una notazione di metodo. Sarebbe stato troppo chiedere la potenza di uno Zeus nell'Olimpo, ma era lecito attendersi un Draghi più assertivo in tutta questa vicenda. Se questo era ed è un governo di emergenza, e se il ristoro alle imprese era ed è questione assolutamente prioritaria, aver lasciato spazio al tira e molla dei partiti e ai veti della sinistra anti impresa è stato un evidente errore. Né c'è troppo da confidare nella pur auspicabilissima azione di miglioramento parlamentare del decreto: siamo in un Parlamento in cui i numeri dell'ex maggioranza giallorossa sono notevolissimi: attendersi che votino emendamenti pro imprese e pro contribuenti è tanto desiderabile quanto irrealistico.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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