2022-04-08
Guerra freddissima: negli uffici pubblici è in arrivo la stretta sui riscaldamenti
Nel dl Bollette pronto a entrare il taglio: non più di 19 gradi d’inverno e non meno di 27 d’estate. Poi toccherà alle case?Non più di 19 gradi d’inverno e non meno di 27 d’estate negli edifici pubblici, scuole comprese, con una tolleranza massima di due gradi in casi particolari. Il governo sta preparando il giro di vite sui termosifoni e sui condizionatori d’aria, come vibrante risposta all’espansionismo della Russia di Vladimir Putin. Un passo che potrà poi estendersi, una volta preparata adeguatamente l’opinione pubblica, alle abitazioni private. Anche se resta sempre il nodo di chi dovrebbe fare i controlli. Certo, nel giorno dell’infelice battuta di Mario Draghi, che ha chiesto se «preferiamo la pace o il condizionatore acceso», ecco che arrivano i frutti di una retorica patriottarda del sacrificio che sconfina nell’assurdo. Innanzitutto, perché la finta alternativa tra pace e aria condizionata tratta 60 milioni di italiani come una manica di mezzi idioti. E poi perché, se volessimo raccogliere la provocazione del premier, noi possiamo anche passare tutti quanti l’estate al caldo e l’inverno al freddo, ma il governo italiano che cosa sta facendo di concreto per la famosa pace, a parte l’aumento della spesa militare al 2% del Pil?A spifferare la prossima manovra del governo (non la Finanziaria o il Def, ma quella sui termostati) è stata l’agenzia di stampa parlamentare Public Policy, che segue da vicino i lavori parlamentari. Un lancio di ieri raccontava che nel disegno di legge Bollette-energia sarebbe in arrivo una norma del governo che punta a stabilire che dal primo maggio 2022 fino al 31 marzo 2023, «la media ponderata delle temperature dell’aria, misurate nei singoli ambienti di ciascuna unità immobiliare per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici pubblici, non deve superare rispettivamente i 19 gradi più 2 di tolleranza e non deve essere minore dei 27 gradi meno 2 gradi di tolleranza». Dalla disposizione, che riscriverebbe un emendamento parlamentare già presentato, sarebbero esclusi ospedali, cliniche e case di cura. Per carità, non saremmo certo di fronte a un sacrificio epocale e il punto non è tanto che riguarderebbe solo gli uffici pubblici, scuole e università, perché tanto da qui a ottobre non c’è nulla di più facile che arrivino prescrizioni simili anche per i condomini privati. Mettere un maglione in più per stare in casa non ha mai fatto male a nessuno e neppure fare un po’ di corrente per non morire di caldo. Sarebbe sicuramente più saggio e appropriato se misure e richieste del genere fossero dibattute o comunicate con il sorriso sulle labbra e senza enfasi da «siamo tutti al fronte» e «dobbiamo tagliare le unghie a Putin». Il problema è che invece due anni abbondanti di «guerra al Covid» hanno trasformato lo Stato e la macchina pubblica non in qualcosa al servizio del cittadino e dei contribuenti, ma in una superiore entità morale e didattica, autorizzata a trattarci tutti come bambini viziati. Proprio ieri, a un personaggio solitamente assai misurato e diplomatico come Draghi è scappata una frase infelice durante la conferenza stampa di Palazzo Chigi: «Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?». Che dire? A quando altre domande come: «Preferiamo vivere o andare in giro senza mascherina?» o «Volete che ci buttino fuori dall’euro o volete pagare un po’ di tasse sulla prima casa?».In ogni caso, dal punto di vista pratico non sarà facile controllare che termosifoni e condizionatori rispettino la nuova strategia anti Putin. Si dovrà stabilire, ovviamente con i sindacati, chi fa i controlli negli uffici pubblici e se ci saranno delle sanzioni. Faccenda ancora più complicata per le case private, a meno di tornare alla figura del capo fabbricato (delazioni comprese sulla signora del quarto piano che tiene il riscaldamento ai massimi) o di militarizzare gli amministratori di condominio. Per non parlare dell’applicabilità di eventuali multe alle «medie ponderate» della temperatura. Certo, è difficile conciliare tutto questo con le parole pronunciate dal premier lo scorso 11 marzo: «L’Europa e l’Italia non sono in una fase di economia di guerra». Se adesso lo stesso Draghi dice alla nazione che se vogliamo la pace dobbiamo limitare l’uso dell’energia e del gas anche nelle case e a scuola, è lecito farsi qualche domanda e nutrire dei dubbi sul reale stato della nazione. Poi, certo, ci si può anche rilassare pensando che le direttive in arrivo sui condizionatori (ma usare i ventilatori sarà ancora legale?) probabilmente s’inseriscono nel solco di quella guerra «a bassa intensità», se non proprio combattuta «dal basso», inaugurata tre giorni fa dalla danese Margrethe Vestagher. La vicepresidente esecutiva della Commissione Ue, nonché occhiuta responsabile dell’Antitrust comunitario, ha affermato che per fermare Putin occorre «controllare la tua doccia e quella dei tuoi figli. E mentre chiudi il rubinetto dire “ecco, prendi questo Putin”». Che è sempre meglio di dire: «Chiudi la doccia che Putin ti spia». Quella della Vestagher è comunque un’innovativa Europa del fai da te, che probabilmente non era stata immaginata neppure da quei visionari dei padri fondatori, come Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi. Al di là di una certa retorica da mobilitazione bellica, milioni di europei che fanno la doccia un po’ più fredda, o passano una serata sul divano con la copertina sulle gambe perché hanno girato la manopola dei termosifoni, non è detto che impressionino molto uno come Putin, che cavalca nella steppa a torso nudo e s’immerge in pieno inverno nell’acqua gelata per l’Epifania ortodossa.