
Nella nuova collezione sfilano abiti che inneggiano alla legge 194 e riciclano antichi slogan femministi in esplicita polemica con il governo «populista». Parte anche la campagna pubblicitaria sui giornali: una celebrazione dell'amore arcobaleno.La modella indossa due mastodontici orecchini dorati che dai lobi le scendono fino alla base del collo, appoggiandosi a una giacca su cui campeggiano due scritte. La prima, più piccola, recita: «Soave amore». La seconda, a caratteri cubitali, riporta una data: «22.05.1978». Che cosa significhi lo spiega il comunicato ufficiale della maison Gucci su Instagram: «Si riferisce alla data della legge italiana per la protezione sociale della maternità e l'interruzione volontaria della gravidanza, meglio conosciuta come legge 194». Si tratta, prosegue il comunicato, di un messaggio di «libertà e uguaglianza» veicolato dallo stilista Alessandro Michele, il quale gode dell'appoggio totale dell'azienda di moda. Gucci, del resto, ci tiene a promuovere il suo impegno nella difesa «dell'uguaglianza di genere» nonché i suoi progetti «a sostegno dei diritti sessuali e riproduttivi, della salute materna e della libertà di scelta individuale». Un'altra modella, non a caso, sfoggia una giacca viola con la scritta: «My body, my choice», ovvero un riciclo dell'antico slogan femminista degli anni Settanta, «Il corpo è mio e lo gestisco io». Questi sono alcuni dei pezzi forti della collezione Cruise 2020, che Gucci ha allestito per il prossimo inverno affidandosi alle originalissime idee del succitato Alessandro Michele, romano di 46 anni, guida creativa del marchio dalla fine del 2014. Il designer, ovviamente, è orgogliosissimo delle sue creazioni e, soprattutto, del suo impegno politico: «Su un abito, per esempio, ho ricamato scritte e simboli che raccontano di quanto le donne vadano rispettate e considerate esattamente come gli uomini, ovvero libere di scegliere quello che vogliono per sé» , ha spiegato ai giornalisti martedì sera, durante l'evento promozionale organizzato ai Musei Capitolini di Roma. «Ho disegnato un utero su un abito, come un giardino fiorito, perché penso che il gesto estremo dell'interruzione di una gravidanza non estirpi il fiore, il giardino della creazione», dice ancora Michele. «La mia moda, lo sforzo che faccio è creare un territorio di libertà, un luogo dove le persone si sentano sicure di essere individui liberi, diversi, unici». Già: un luogo sicuro per tutte le persone tranne che per i bambini che vengono abortiti. Come prevedibile, la mente di Gucci ha mandato in estasi le riviste patinate. Vogue gli ha dedicato un articolo incensatorio in cui l'Italia viene confusa con l'Alabama: «A seguito dei recenti eventi in Alabama e delle leggi anti-aborto in altri Stati Usa», scrive il giornale di moda più celebre del pianeta, «la motivazione di Michele era chiara. Sul fronte politico, l'Italia - sotto il primo ministro Giuseppe Conte - sta attualmente riecheggiando alcune di quelle ondate populiste che hanno aperto la strada a quello che sta accadendo in America».Peccato che nel nostro Paese sia possibile abortire dappertutto senza particolari difficoltà. Stando al report presentato nei mesi scorsi dal ministero della Salute, il rapporto fra le strutture in cui si può abortire e quelle in cui si nasce è di 1:1, anche se gli aborti sono molti meno delle nascite. Dunque l'allarme sulla presunta disapplicazione della 194 è una baggianata pazzesca. Forse qualcuno dovrebbe spiegarlo a Michele e ai responsabili di Gucci, ma dubitiamo sinceramente che costoro terrebbero conto di eventuali obiezioni. In compenso, hanno ampiamente sfruttato il megafono globale per farsi pubblicità attaccando il governo populista, mentre Elton John e consorte applaudivano felici in prima fila. È comprensibile, dopo tutto, che Gucci cerchi di darsi un tono progressista. Non molto tempo fa, infatti, è stata accusata - pensate un po' - di razzismo. Proprio sotto la direzione creativa di Michele, infatti, è stato realizzato un maglione nero con un collo lunghissimo, così lungo da arrivare a coprire la bocca di chi lo indossa. Problema: proprio attorno alla bocca, sullo sfondo nero del maglione, erano disegnate due labbra di un bel rosso intenso. Insomma, sembrava la caricatura di una faccia nera, il volto stereotipato di uno di quei neri che comparivano sulle pubblicità del secolo scorso. Si è scatenato un putiferio, e Gucci ha dovuto scusarsi. Ora, a quanto pare, cerca di recuperare lanciandosi sul terreno dei «diritti della donna» e delle minoranze Lgbt. Ha pure lanciato, su alcuni dei maggiori quotidiani italiani, una campagna pubblicitaria che glorifica il bacio gay (sai che novità). In effetti, però, l'attacco esplicito al governo sottoforma di spot pro aborto rappresenta un passo avanti non da poco. Il mondo progressista, infatti, ha immediatamente risposto alla chiamata. Si è mobilitato in particolare Vanity Fair, ovvero il nuovo giornale di riferimento della sinistra italiana (come si evince dalla testata e dai contenuti). «A due giorni dai risultati delle elezioni europee e dall'affermazione della destra reazionaria in Italia (ma non solo)», scrive il direttore Simone Marchetti, «lo spettacolo pensato dal designer Alessandro Michele si staglia come un caso politico più che di costume. Il suo messaggio, infatti, è la dimostrazione di come la narrativa del populismo della destra di Matteo Salvini, un'onda vincente che cavalca odio, paura e insoddisfazione, possa essere contrastata da una dialettica altrettanto di pancia, efficace e durissima, ma diametralmente opposta». Secondo Marchetti, «il Gucci di Alessandro Michele è una narrativa potente e di successo, qualcosa che travalica i confini dell'Italia e dell'Europa, una narrativa così potente da essere anche più efficace del populismo. E su questo c'è molto da riflettere, soprattutto per la politica di sinistra». Giustissimo: la linea politica al Pd, d'ora in poi, la darà Gucci. E poi, se c'è un tema adatto alla sinistra italiana, è sicuramente l'aborto.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





