2023-12-04
«Gualtieri è peggio di Nerone, Roma ormai non è più vivibile»
Rita Dalla Chiesa (Getty Images)
Rita Dalla Chiesa: «La sconfitta per l’Expo me l’aspettavo. La Raggi almeno cercava di darsi da fare, questo sindaco è un fantasma. Sui femminicidi serve un fronte trasversale».«Roma non esiste più. Roma è morta. E il sindaco Gualtieri è peggio di Nerone».Rita dalla Chiesa, parlamentare di Forza Italia e grandissima amante della città di Roma: è rimasta delusa dalla sconfitta della Capitale nella corsa per l’Expo 2030?«E cosa si aspettavano? Come possono meravigliarsi, viste le condizioni in cui versa la città? Io ci sorrido, ma in realtà sono incavolata nera».Con l’amministrazione romana? «Almeno Virginia Raggi, che pure si rifiutava di ospitare le Olimpiadi, ci metteva la faccia. Andava in giro per dire “stiamo lavorando”, “stiamo facendo”: tutto sempre al gerundio, ma era già qualcosa. Invece Gualtieri non esiste proprio, è trasparente. Adesso ci mancava solo la Ztl per tutti».Ztl? Parla del nuovo piano ecologico?«Io ho una vecchia Micra del ’98, un cimelio d’amore che uso solo per andare a fare la spesa nel quartiere. So benissimo di non poter entrare in centro storico, perché fanno passare solo le auto di nuova generazione. Adesso però il sindaco vuole una Roma tutta Ztl, ed è inaccettabile».Perché?«Come fanno i romani con famiglia e figli a comprare solo auto ibride ed elettriche? Il Comune non può entrare nelle tasche della gente, non è giusto. Le persone non possono svenarsi perché una mattina Gualtieri si sveglia con la smania delle telecamere piazzate anche in periferia. Con tutti i problemi che abbiamo a Roma, ci mancavano solo quelle».Ecco, quali sono le urgenze, oltre ai cinghiali e al degrado? «Oltre al problema epocale della gestione dei rifiuti, adesso abbiamo 1.500 cantieri aperti che non chiuderanno mai in tempo per il Giubileo, e che fanno esplodere il traffico».Con quali conseguenze?«Ogni giorno mi arrivano segnalazioni, foto e messaggi di gente sequestrata in coda per ore, la metà degli autobus non parte, i tassisti si rifiutano di entrare nel centro storico per paura di restare imbottigliati. Non è una situazione all’altezza della Capitale».Roma ha perso il suo primato?«Oggi la vera capitale d’Italia è Milano, pur con tutti i suoi problemi. Non c’è paragone. Quando arrivo alla stazione Termini mi viene voglia di andarmene a Milano o a Napoli. E non è cambiata solo Roma, ma purtroppo anche i romani».I romani?«Quelli che ricordo io avevano, nonostante tutto, l’allegria nel sangue. Li vedevo cantare sugli autobus, non rinunciavano mai alla battuta smaliziata, guardavano la città con le lenti dell’ironia e del disincanto sorridente di Alberto Sordi, ed erano sempre pronti a volersi bene e darsi una mano a vicenda. Oggi sono tutti incattiviti, arrabbiati, e li capisco. Insomma, è stata uccisa non solo la città ma anche lo spirito romanesco». Per quelle strade e per quelle piazze, a Roma come in tutta Italia, hanno manifestato migliaia di donne per dire basta ai femminicidi. Ha notato stonature? «È giustissimo che le donne siano scese in piazza per protestare, ed è stato bello vedere al loro fianco anche mariti e figli. Ma ci sono state delle frasi e degli atteggiamenti che ho recepito come politicizzati».Ad esempio le bandiere della Palestina?«Palestina, Israele, o qualunque partito politico. In piazza per le donne ci si va senza bandiere. Le donne non hanno bandiere politiche, sono donne e basta».Invece il fenomeno della violenza è stato strumentalizzato politicamente? «Purtroppo oggi si sta facendo una battaglia politica su tutto, anche su temi terribili come i femminicidi. Le donne sono diventate una scusa per attaccare il governo, e magari cercare di farlo cadere. Un governo guidato peraltro proprio da una donna, che sta mostrando la stoffa del leader, oltre che, come direbbero a Napoli, la “cazzimma” giusta.Insomma, si aspetta una battaglia bipartisan?«Su questo fenomeno, che purtroppo esiste da troppo tempo, serve collaborazione e non scontro: quando Elly Schlein propone a Giorgia Meloni di lavorare insieme almeno su questi temi, sento che andiamo nella direzione giusta».Lei fa parte della commissione d’inchiesta della Camera sul femminicidio e le violenze di genere. Cosa si nasconde dietro gli ultimi fatti di cronaca?«Siamo tutti rimasti molto colpiti dalla vicenda di Giulia Cecchettin, e per me è ancora difficile capire come un rapporto iniziato con un abbraccio possa finire in un modo così violento e distruttivo».Esiste un nuovo patriarcato, per cui tutti gli uomini devono chiedere scusa? «Ma no. Non è un problema di genere, ma di individui. Ci sono anche le donne che aggrediscono, anche se sono una minoranza e fanno meno notizia sul giornale».Denunciare le violenze è la strada maestra?«Sì, e bisogna ricordarsi sempre dell’importanza di polizia e carabinieri anche su questi temi. Devono ricordarselo anche quelli che si permettono di attaccare le persone in divisa, o di coinvolgerle in polemiche quando ci sono manifestazioni e scontri di piazza».Ma non sempre le segnalazioni riescono ad evitare violenze e delitti. «Mi manca la figura del maresciallo di paese, che era un po’ come il parroco dell’oratorio. Quello che nel quartiere conosceva esattamente le famiglie con i loro problemi. Quello che, quando qualcuno esagerava con la moglie, andava a casa a dirgli: ti tengo d’occhio, e la prossima volta ti sbatto dentro».Una figura che dovrebbe essere recuperata? «Sarebbe bello reintrodurre quella figura, ma per farlo dobbiamo prima riconquistare quel senso di comunità che abbiamo perduto. Oggi c’è solo dispersione: di sentimenti, di conoscenze, di amore».Nel frattempo come ci si difende nel quotidiano?«Ho sempre detto alle donne che al primo schiaffo, o anche solo alla prima alzata di voce, una se ne deve andare via. Troppo spesso si giustificano gli eccessi di gelosia come fossero affetto: no, non è affetto. È solo fragilità maschile, mancanza di autostima».Ha mai dovuto rapportarsi con personaggi violenti o irrispettosi?«Con un mio vecchio fidanzato, sono stata brava a capire in anticipo. L’esempio che ho vissuto in casa negli anni della mia educazione ha fatto la differenza. Oggi mio nipote di 16 anni, quando faccio le scale, mi offre il braccio per appoggiarmi: piccoli gesti, che magari diamo per scontati, ma che denotano però il rispetto assorbito all’interno della famiglia».Colpa anche di genitori troppo distratti?«I genitori oggi lavorano entrambi, ci si occupa dei figli col contagocce. Ai miei tempi a pranzo e cena ci si riuniva, si parlava, ci si confrontava. Oggi cellulari e social sono sempre accesi, anche padri e madri smanettano col telefonino a tavola. Non si fa. Dovremmo ritrovare quell’intimità dialettica e affettiva che oggi abbiamo smarrito».L’altro tema sul tavolo è quello della giustizia. Un tema su cui lei interviene spesso. È d’accordo col ministro Nordio, quando caldeggia valutazioni e prove psico-attitudinali per i magistrati?«Io penso che la magistratura debba ritrovare la fiducia dei cittadini, quella che ha perduto da tempo. Non parlo di tutti i magistrati, ma di quella parte che da anni, è inutile negarlo, lavora facendo politica. E questo non può accadere, perché i cittadini si affidano al magistrato con la convinzione di essere tutti uguali davanti alla giustizia». Un problema che arriva da lontano?«Mio padre, a suo tempo, criticò gli atteggiamenti di parte della magistratura, quando tendeva a giustificare i terroristi rossi, e li trattava come “compagni che sbagliano”. Purtroppo in quel mondo abbiamo visto disastri, soprattutto a partire dagli anni Novanta: e a rimetterci, oltre che le persone comuni, è stata la reputazione della stessa magistratura».