2019-08-29
Grillo sembra Monti: «Ministri solo tecnici»
Luigi Di Maio al Colle: «Salvini mi ha offerto la premiership per tornare con lui, ho rifiutato». Poi arriva il post del comico che sembra far fuori il leader: «Al governo servono competenti, i politici facciano i sottosegretari». Quindi precisa: «Parlo di dicasteri specifici». Il Movimento non vuole alleati dem alle prossime elezioni regionali. Oltre ai ribelli Gianluigi Paragone e Alessandro Di Battista, anche la base calabrese rifiuta di fare patti. Lo speciale comprende due articoli. Luigi Di Maio consegna 334 parlamentari grillini ostaggio del Pd: «Siamo sempre stati un movimento post ideologico, abbiamo sempre pensato che non esistano schemi di destra o sinistra ma solo soluzioni. Ci hanno accusato dell'essere dell'una o dell'altra parte. Questi schemi sono ampiamente superati». Quindi ha citato lo storico leader socialista Pietro Nenni: «Qualcuno nella storia ha detto che in politica ci sono sempre due categorie di persone, quelli che la fanno e quelli che ne approfittano». L'ex vicepremier grillino diventa un responsabile uomo politico e annuncia l'accordo con il Pd perché il «M5s non si sottrarrà alle sue responsabilità». Con la voce roca degli ultimi giorni Di Maio esce dal colloquio con il presidente Sergio Mattarella e sembra aver abbandonato lo standing del grillino ribelle per indossare i panni del capo politico che non dà peso ai malumori interni al suo M5s in questi giorni di trattativa difficile e piena di ostacoli, soprattutto per il suo ruolo futuro. «Abbiamo detto che l'Iva non aumenterà e manterremo questo impegno. Il nostro programma è sempre lo stesso, quello votato da 11 milioni di italiani. Abbiamo iniziato un lavoro e vogliamo portarlo a termine», ha ribadito elencando ancora una volta i 10 punti che dovranno far parte di «un programma omogeneo» (niente più contratti) del governo che verrà. Poi il racconto della crisi attaccando la Lega: «Sessanta milioni di italiani hanno vissuto questo agosto nell'incertezza assoluta. La crisi è stata innescata da una forza politica che ha staccato la spina al governo di Giuseppe Conte. Una forza politica ha staccato la spina al governo dopo il rimborso ai truffati delle banche, il reddito di cittadinanza, nuove politiche sull'immigrazione e che si era guadagnato il rispetto europeo». E poi una bordata: «La Lega mi ha informato di voler proporre me come premier», rivela Di Maio, «e di aver informato anche le istituzioni». E ancora: «Grazie, rifiuto questa proposta con serenità e ringraziando chi l'ha avanzata. Anche se non rinnego il lavoro fatto insieme in questi 14 mesi. A me interessa il meglio per il Paese, non per me». Una confidenza che ha svelato i piani del Carroccio per ricucire lo strappo, mentre Salvini, all'uscita dal colloquio, aveva detto che l'unica via possibile dopo la crisi era il voto. Di Maio ha sottolineato di aver rinunciato a fare il premier anche dopo il 4 marzo e di aver aperto a Conte: «Grazie alla mia rinuncia da premier, l'Italia ha conosciuto Giuseppe Conte, il M5s è andato al governo. Come ho fatto allora, anche oggi rifiuto l'offerta della Lega. Quel che conta è che l'Italia sia sempre più forte, anche a livello internazionale, e il riconoscimento di ieri di Donald Trump ci fa capire che siamo sulla strada giusta». Insomma, doppia rinuncia ma poi nessuna smentita sulle voci che lo vogliono ancora intestardito per restare vicepremier, al punto di rischiare di far saltare la trattativa: «Se nelle prossime ore il presidente della Repubblica affidasse l'incarico al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, chiederò che si parta dal programma e solo dopo si potrà decidere chi sarà chiamato a decidere le politiche concordate». Di Maio non dice di aver rinunciato a fare il braccio destro di Conte, malgrado il niet del Pd, né di non voler andare al ministero della Difesa (come i grillini ritengono che meriti). Da oggi riparte il toto nomine ma anche il voto online sulla piattaforma Rousseau. Vedremo se Giggino manterrà l'aplomb quirinalizio dopo che ieri mattina aveva già preso una sberla dal nuovo alleato di governo Nicola Zingaretti, che aveva detto al presidente: «Sì a Conte premier, no staffette e passaggi di testimoni». Infatti fin dall'incontro della mattina il nodo Di Maio vicepremier non veniva sciolto con il Pd irremovibile: «Conte è il premier ma lo schema a due vice non c'è più». Una doccia fredda per Di Maio che sembrava lanciare il suo grido di dolore: «Si pensi a soluzioni, non a colpire me. Ognuno dovrebbe dimostrare responsabilità in queste ore difficili per il Paese, perché ci siamo ritrovati in una crisi di governo senza un perché per colpe che non sono del M5s». In serata Beppe Grillo, fondatore del M5s, pubblica sul blog un intervento in pieno stile Mario Monti che ha il sapore dello stop alle ambizioni di Di Maio: «È l'occasione», dice, «di dimostrare a noi stessi e agli altri che le poltrone non c'entrano: i ministri vanno individuati in un pool di personalità del mondo della competenza, assolutamente al di fuori dalla politica». Apriti cielo, l'uscita dell'«elevato» scoppia come una bomba nelle stanze del vicepremier grillino. Tanto che paiono una corsa ai ripari le ricostruzioni fatte filtrare nelle agenzie su un ravvedimento del comico. Come questa dell'Ansa: «Nel corso di una telefonata di questa sera Grillo, secondo fonti vicine all'ex comico e al capo politico, ha sottolineato a Di Maio che è lui ad avere titolo per decidere la squadra. «Sei tu il capo politico, e decidi tu per il Movimento, il mio è stato un paradosso». Ma la pezza sembra peggio del buco. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/grillo-sembra-monti-ministri-solo-tecnici-2640089618.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-movimento-non-vuole-alleati-dem-alle-prossime-elezioni-regionali" data-post-id="2640089618" data-published-at="1757974371" data-use-pagination="False"> Il Movimento non vuole alleati dem alle prossime elezioni regionali Non piace proprio, alla base calabrese del Movimento 5 stelle, la proposta dem di allargare l'alleanza M5s-Pd anche alle prossime elezioni regionali. Il segretario Nicola Zingaretti l'aveva prospettato già alcuni giorni fa e ieri ha ribadito la proposta nel corso della direzione nazionale del Partito democratico, convocata al Nazzareno per spiegare le ragioni che hanno portato il Pd a un accordo con i grillini, in vista della formazione del governo giallorosso. Fra poche settimane si terranno le elezioni regionali in Umbria. Poi, a stretto giro, anche in Calabria, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna. In funzione di ciò - in linea con le indiscrezioni che arrivavano dalla trattativa a Roma - domenica scorsa il senatore democratico Ernesto Magorno, ex segretario regionale del Pd calabrese, aveva «aperto» alla possibilità di un accordo con i pentastellati, anche per le elezioni in Calabria, che dovrebbero tenersi entro fine novembre, alla scadenza, cioè, del quinquennio in cui la regione meridionale è stata governata dal centrosinistra. La sortita di Magorno però non è affatto piaciuta ai grillini calabresi, i quali specie sul Web, hanno rispedito al mittente l'invito. Ma non solo sui social network è stata bocciata la proposta del senatore dem. L'europarlamentare Laura Ferrara, esponente di spicco del Movimento 5 stelle in Calabria, con una nota stampa, senza mezzi termini, ha preso le distanze dalla proposta gelando l'esponente del Pd: «Noi apriamo a liste civiche vere (e non finte) e nessuna alleanza è prevista con nessun partito», ha seccamente replicato l'eurodeputata calabrese. Si sono susseguiti, quindi, i commenti di grillini calabresi contrari all'ipotesi di accordo con i dem per le prossime elezioni regionali. «Siamo tutti in attesa degli imminenti sviluppi della crisi di governo, e vedremo se si riuscirà a dar vita ad un esecutivo col Pd. Ma sia chiaro che l'alleanza governativa non potrà trovare alcuna possibilità di essere replicata per le regionali in Calabria, dove il Partito democratico è il padre dello sfascio prodotto dall'ultimo e dai precedenti periodi di governo della regione». Così ha commentato Francesca Menechino, capogruppo pentastellata al consiglio comunale di Amantea (Cosenza). Ma ci sono stati tantissimi altri «no» arrivati dalla base grillina calabrese, che di un accordo con il Pd per le regionali non vuole sentir parlare: in Calabria, senz'altro, prevalgono nel M5s i pareri contrari al patto locale col Partito democratico. I grillini calabresi sono in maggioranza più vicini alla linea dei loro big di livello nazionale Alessandro Di Battista, Gianluigi Paragone e Davide Barillari, che hanno espresso forti perplessità rispetto alla decisione dei vertici del Movimento di allearsi con i democratici. Nelle regioni del Sud, inoltre, c'è molta preoccupazione per un'eventuale inversione di tendenza rispetto alla problematica dei flussi migratori. Calabria e Sicilia sono i territori più esposti a tale fenomeno, e il successo della Lega e di Matteo Salvini a quelle latitudini è indubbiamente legato a determinate decisioni in tema di sbarchi. In base a queste prese di posizione, in Calabria il piano di Zingaretti per sfilare il «Movimento 5 stelle dall'abbraccio delle destre» parte decisamente in salita. Il quadro politico calabrese, a pochi mesi dal voto per il rinnovo del consiglio regionale, è oltremodo confuso. Il Pd nazionale ha scaricato l'attuale governatore dem, Mario Oliverio, causando una spaccatura interna al partito fra favorevoli e contrari a una sua ricandidatura. Sul fronte del centrodestra c'è molta attesa per la direzione che imboccherà la Lega, che ancora non ha sciolto le riserve su un eventuale sostegno al candidato governatore di Forza Italia, Mario Occhiuto, già sceso in campo.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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