2021-05-20
Green pass, il nodo dei tamponi a peso d’oro
Per avere il certificato, valido nove mesi, non serve il richiamo: facilitate le ferie, ma si rischia il posticipo della seconda iniezione. E in attesa della puntura, c'è la grana dei test obbligatori, ancora troppo cari.Sinistra e Verdi si schierano per lo stop ai diritti di proprietà sui sieri, popolari contrari. La Commissione: «Aumentare la produzione». Critiche a Usa e Uk per lo scarso export.Lo speciale contiene due articoli.Le riaperture e il progressivo slittamento del coprifuoco non sono le uniche novità introdotte dal nuovo decreto Riaperture approvato lunedì scorso in Consiglio dei ministri. La svolta riguarda anche il tanto nominato, ma ancora poco tangibile, «green pass», necessario per viaggiare tra Regioni non gialle, visitare gli anziani nelle case di riposo, partecipare a feste di nozze, maxiconcerti e probabilmente anche per entrare nelle discoteche. La certificazione, prevista dal decreto del 22 aprile, può essere ottenuta da chi è stato vaccinato, è guarito dal Covid o dimostra la sua negatività grazie al tampone. In quest'ultimo caso il test, molecolare o rapido, deve essere stato effettuato nelle 48 ore antecedenti. Ed è proprio sui tamponi che arriva il primo cortocircuito: chi deve attendere, banalmente anche solo per ragioni anagrafiche, di ricevere il siero, sarà costretto, se vuole spostarsi senza limiti, visitare i propri cari in una Rsa, o partecipare a vari eventi, a sottoporsi a un numero considerevole di tamponi a proprie spese. Che non sarebbero contenute, considerando che per ogni tampone rapido si devono spendere non meno di 30 euro. La possibilità di rendere i test gratuiti, paventata anche dai parlamentari europei nell'aprile scorso, è rimasta di fatto lettera morta, come anche l'ipotesi di calmierare il prezzo degli esami per renderli accessibili a tutti. È invece sul lasciapassare dato ai vaccinati che è stata introdotta la principale novità: all'articolo 14 del decreto si legge infatti che il pass ha validità di nove mesi (inizialmente erano sei) dalla data del completamento del ciclo vaccinale, ma che, «è rilasciato anche contestualmente alla somministrazione della prima dose di vaccino e ha validità dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione fino alla data prevista per il completamento del ciclo vaccinale». La svolta sulla data di inizio della validità del certificato può sicuramente facilitare gli spostamenti e dare un impulso al settore del turismo, non essendo più i cittadini vincolati all'attesa della seconda dose. Allo stesso tempo, tuttavia, potrebbe trasformarsi nella tentazione a saltare il richiamo qualora coincidente con un periodo di vacanza fuori dalla propria Regione di residenza. E proprio sul richiamo durante l'estate si sta consumando l'ennesimo balletto tra governatori, «esperti» e governo. Il rischio che la campagna vaccinale subisca uno stallo è concreto. Da un lato, i presidenti delle Regioni, in particolare Luca Zaia e Michele Emiliano, spingono per poter fornire la seconda dose anche a chi si trova di passaggio nei territori, dall'altro il commissario all'emergenza, il generale Figliuolo, frena l'ipotesi: «È bene che chi va in ferie regoli le proprie vacanze in funzione dell'appuntamento vaccinale. Sono aperto alle proposte delle Regioni, ma se facciamo voli pindarici e invenzioni, io non ci sto», aveva dichiarato martedì scorso. E d'altronde l'ipotesi di realizzare un'immunizzazione «formato vacanza» era stata definita «tecnicamente impossibile» dall'assessore al Welfare della Lombardia, Letizia Moratti, la settimana scorsa, dopo il confronto con il governo nella conferenza Stato-Regioni. Dello stesso parere di Figliuolo anche l'immunologo e membro del Cts, Sergio Abrignani, che ieri sul Corriere della Sera dichiarava che tornare dalle ferie appositamente per i vaccini «non è un grosso problema dopo tutto quello che abbiamo passato», aggiungendo che «chi si vaccina ora sa già quando avrà il secondo appuntamento e in base a questo regolerà la villeggiatura». Più facile a dirsi che a farsi, dato che molte famiglie possono avere i richiami in date diverse per i vari componenti e che, soprattutto per ciò che «abbiamo passato», ovvero i domiciliari per mesi, molti cittadini hanno già prenotato le vacanze e annullarle o modificarle comporterebbe un danno economico. Come se non bastassero queste valutazioni a cuor leggero sulle tasche e i programmi altrui, a buttare la palla in tribuna sul rebus richiami ci ha pensato ieri il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. A Sky Tg24, l'ex viceministro ha infatti dichiarato che l'idea del vaccino nei luoghi di villeggiatura «non è stata abbandonata del tutto, il problema potrebbe essere superato con l'estensione della seconda dose per i vaccini a mRna a 90 giorni». Non è chiaro dunque come sarà risolta la questione, ciò che appare invece lapalissiano è quanto sia inopportuno considerare quasi un capriccio la voglia di evasione e vacanza degli italiani. Tra le mete più ambite c'è sicuramente la Sardegna, di nuovo gialla dal 17 maggio. Tuttavia, il governatore Christian Solinas, ha scelto la linea dell'estrema cautela. Fino al 28 maggio, per sbarcare sull'isola ed evitare un isolamento di dieci giorni, si dovrà esibire l'attestato di doppia vaccinazione o aver fatto nelle 48 ore precedenti un tampone con esito negativo. In alternativa, il test rapido si può fare, almeno lì, gratuitamente all'arrivo, al porto o in aeroporto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/green-pass-il-nodo-tamponi-2653043649.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bruxelles-ancora-divisa-sui-brevetti" data-post-id="2653043649" data-published-at="1621471246" data-use-pagination="False"> Bruxelles ancora divisa sui brevetti Il Parlamento europeo resta diviso sulla questione della rinuncia temporanea ai diritti sui brevetti per i vaccini contro il Covid-19. A guidare il fronte per la sospensione proposta dal presidente Usa, Joe Biden, sono gli eurodeputati di S&d e Verdi\Ale che chiedono alla Commissione di sostenere una rinuncia ai diritti di proprietà intellettuale (Dpi) come elemento essenziale per sostenere le campagne vaccinali nei paesi a basso e medio reddito. Decisamente contrari invece i popolari del Ppe i cui esponenti sostengono che una rinuncia al brevetto non accelererebbe la fornitura di vaccini ai paesi bisognosi ma invece danneggerebbe il sistema di finanziamento della ricerca scientifica. Dal Ppe arriva la richiesta di investire per il potenziamento degli impianti di produzione nei paesi più poveri. Critiche bipartisan sono invece state rivolte durante il dibattito parlamentare verso Stati Uniti e Regno Unito per aver accumulato dosi in eccesso in un momento in cui i Paesi più poveri ancora non hanno accesso ai vaccini. Durante il suo intervento tenuto in aula ieri a Bruxelles, il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha adottato la linea del compromesso: «La Commissione intende presentare presto una proposta all'Organizzazione mondiale del commercio incentrata su tre componenti: in primo luogo, l'agevolazione degli scambi e le discipline sulle restrizioni all'esportazione; in secondo luogo, l'espansione della produzione, anche attraverso impegni da parte di produttori e sviluppatori di vaccini; e terzo, chiarimento e facilitazione delle flessibilità del cosiddetto accordo Trips relative alle licenze obbligatorie. Siamo inoltre aperti all'esame di altre opzioni, purché contribuiscano all'obiettivo di espandere la produzione e facilitare un equo accesso ai vaccini e alle terapie», ha poi aggiunto Dombrovskis. Sottolineando che «prima abbiamo bisogno di più informazioni e dobbiamo capire cosa intendano proporre gli americani». La plenaria voterà una risoluzione nella prossima sessione, dal 7 al 10 giugno. Ma di concreto ancora nulla. L'idea di Biden sembra dunque essere destinata a cadere nel vuoto, anche in vista del vertice mondiale sulla saluta organizzato a Roma per domani dove i leader del G20 devono concordare sulle opzioni per rendere rapidamente disponibili i vaccini. Che al momento sembrano essere: condividere le dosi, trasferire la tecnologia, diversificare la produzione, facilitare il commercio e raggruppare i brevetti. Ma non sospenderli. In Italia, nel frattempo, il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, ricorda che il numero previsto di dosi dei vaccini prodotti entro il 2021 è di oltre 11 miliardi nel mondo. «Un traguardo realistico da raggiungere». Reso possibile «anche grazie alla proprietà intellettuale». Perché «senza la spinta agli investimenti garantita dai brevetti, oggi non potremmo beneficiare di questi strumenti», ha dichiarato ieri Scaccabarozzi. Precisando anche che la loro esistenza non ha impedito le necessarie collaborazioni tra imprese per aumentare al massimo la capacità produttiva, visto che sono quasi 300 le collaborazioni tra produttori a livello globale. «La strada da intraprendere, come ha sottolineato di recente anche il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, è piuttosto quella di una crescente partnership per attrarre sempre nuovi investimenti, perseguire il trasferimento tecnologico e porre le basi di un polo di ricerca per farmaci e vaccini pubblico-privato».