2020-12-11
Grazie a Conte, niente condanna al suocero
È sempre divertente ascoltare Matteo Renzi, perché l'uomo riesce ogni volta a stupire. Se mercoledì non sono riuscito a seguirlo durante il suo intervento in Senato, quando ha votato a favore del governo sul Mes minacciando tuttavia di votare contro il medesimo governo sulla cabina di regia, in serata ho recuperato, grazie alla puntata di Porta a Porta a cui ho partecipato. Prima che la trasmissione iniziasse, conversando con Bruno Vespa e senza sospettare che i microfoni fossero accesi, l'ex presidente del Consiglio si è lasciato andare a uno sfogo contro Conte, accusandolo di aver tentato di escludere il Parlamento dalla gestione dei fondi del Recovery plan. «Io ne ho viste di tutti i colori e ne ho fatte di tutti i colori» ha detto il senatore semplice di Scandicci, «ma una cosa come questa non mi era mai capitata». Più tardi, a telecamere accese e dunque consapevole di essere registrato, Renzi ha anche rincarato, aggiungendo qualche altra osservazione sull'operato dell'attuale inquilino di Palazzo Chigi. «Se Berlusconi avesse fatto ciò che sta tentando di fare Conte, avremmo avuto la gente in piazza». Per essere certo di essersi fatto capire bene, il fondatore di Italia viva non l'ha detto una volta, ma due. Ci sarebbe da chiedersi perché Renzi tenga ancora in piedi un tizio che, a suo dire, con un colpo di mano ha provato a eliminare i controlli del Parlamento e anche quelli del Consiglio dei ministri. Perché, nonostante il tentato golpe, lui e i suoi uomini gli votino ancora la fiducia. Tuttavia, al di là delle contorsioni politiche con cui l'ex segretario del Pd giustifica le proprie scelte, ciò che conta è il giudizio. A parere di Renzi, la manovra per sottrarre all'occhio delle Camere e dei ministeri le modalità di spesa di 200 miliardi di euro è una mossa degna di un Paese sudamericano e l'avesse fatto il Cavaliere, i compagni sarebbero scesi in piazza. Invece no, nonostante il tentativo di far passare di notte una cabina di regia che espropriava le sedi istituzionali del proprio ruolo, la sinistra non è scesa in piazza ma, a parte Renzi e pochi altri, è stata prudentemente zitta. Silenzio anche sulla manina che ha cercato di far nascere una fondazione dei servizi segreti, magari con diritto naturale di presidenza concesso per legge all'ultimo inquilino di Palazzo Chigi. Anche quella è da considerarsi una mossa alla cilena, tale da garantire per lungo tempo al presidente del Consiglio il controllo, sebbene indiretto, dei nostri 007. Oggi Conte ha la delega sulle operazioni riservate e un domani, grazie a questa invenzione di cui non si sente la mancanza, potrebbe in qualche modo, se non mantenerla, almeno conservare un occhio e forse anche un orecchio sui grandi segreti della Repubblica. Anche questa sarebbe una decisione per cui scendere in piazza. Per dirla con Renzi, ai tempi di Berlusconi la sinistra lo avrebbe fatto, ma adesso che sta al governo è ammutolita. Un altro esempio di qualche cosa che avrebbe suscitato un gran casino, con manifestazioni, titoloni sui giornali e grandi dibattiti tv? La pena revocata al suocero del premier. Dovete sapere che il papà di Olivia, l'eterea fidanzata di Conte, era finito nei guai e per una faccenda di imposte non pagate ed era stato condannato a un anno e due mesi di reclusione con l'accusa di peculato. In pratica, da gestore dell'hotel Plaza di Roma, uno dei grandi alberghi che si affaccia su via del Corso, Cesare Paladino si era scordato di versare al Comune 2 milioni di tasse di soggiorno. Una dimenticanza non da poco, durata quattro anni, dal 2014 al 2018. Guarda caso, all'inizio di giugno di due anni fa, Giuseppe Conte, fidanzato di Olivia Paladino, che del Plaza è proprietaria al 47% tramite una società, diviene presidente del Consiglio, prima di un governo gialloblù e poi di uno giallorosso, perché l'importante è non dimettersi. Risultato, dopo qualche tempo, fra le mille cose che il governo vara c'è pure una leggina che sana certe dimenticanze. Risultato, il giudice revoca la condanna del suocero del premier «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato». Fosse capitato ai tempi del Cavaliere, chissà che cosa sarebbe accaduto, di certo qualcuno si sarebbe strappato i capelli denunciando il conflitto d'interessi. Ma siccome è successo con la sinistra al governo, Conte a Palazzo Chigi e gli italiani rinchiusi in casa, sui giornali ieri siamo riusciti a rintracciare solo una notizia formato francobollo: nulla di più. Spiace doverlo ammettere: ma per una volta ha ragione Renzi. All'improvviso, pur di sostenere questo regimetto, sono scomparsi tutti gli indignati speciali.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)