
Dopo lo stadio di proprietà, l'investimento immobiliare sulla cittadella della Continassa è una prova ulteriore della lungimiranza dei dirigenti. Le infrastrutture produrranno intrattenimento. E creeranno posti di lavoro.Al primo posto degli eventi più importanti della stagione passata, metto sicuramente il trasferimento, avvenuto nel luglio 2017, della direzione Juventus dalla storica sede sociale nel centro di Torino a quella nuova nella palazzina ristrutturata all'interno dell'area contigua allo Stadium, la Continassa. È stato il primo atto della presa di possesso dell'investimento immobiliare fatto per realizzare la cittadella juventina, ovvero lo Juventus Village progettato come un tutt'uno con lo stadio di proprietà. E comprendente, oltre agli impianti sportivi della prima e della seconda squadra, anche un hotel per i ritiri che precedono le partite casalinghe e per accogliere tifosi e turisti. Dopo lo stadio di proprietà, l'investimento immobiliare della Continassa è un'ulteriore prova della lungimiranza della dirigenza bianconera nella scelta di dotare l'intero mondo sportivo juventino di impianti all'avanguardia. Infatti, divenuto funzionante il JVillage, la prima squadra ha liberato il «vecchio» Vinovo, rimasto nella completa disponibilità dell'intero settore giovanile, più la Primavera e la squadra femminile. Anche il centro di Vinovo, a parer mio, permette di misurare l'intelligente attenzione della società ai suoi ragazzi. Accanto alle strutture legate all'attività calcistica, infatti è attivo ormai da anni un istituto scolastico di livello superiore. È anche un messaggio per dire ai possibili calciatori del futuro cresciuti in ambiente juventino che non tutti diventeranno un Alessandro Del Piero o un Miralem Pjanic. Dunque è importante non trascurare lo studio e prepararsi a diventare qualcuno nella vita. Serve imparare in quale Italia si vive, qual è la sua storia e quali occasioni può offrire, avendo chiaro che bisogna metterci il massimo di impegno. Ecco un'altra felice anomalia nel panorama delle società calcistiche italiane. Chi leggerà questo libro giudicherà quantomeno singolare la mia attenzione per il progetto societario e non soltanto per la prima squadra. Il motivo non risiede nell'adesione spasmodica a tutto quanto è juventino ritenendo che sia il meglio del meglio. No, io guardo alla particolarità di una società calcistica che si muove, investe e programma seguendo strategie da grande impresa. Juventus produce e vende intrattenimento, ma non si limita a investire in calciatori uomini e donne per offrire il miglior prodotto possibile ai suoi «clienti». Si è dotata di infrastrutture funzionali alla sua ragione sociale con l'obiettivo di rafforzarne la solidità economica e, in ultima analisi, di favorire anche l'autofinanziamento. Non è affatto secondario che queste scelte imprenditoriali comportino anche la creazione di non pochi posti di lavoro. Juventus è ormai a tutti gli effetti un'impresa «industriale», e non è un caso se è entrata nel ristretto club dei principali titoli quotati in Borsa. La solidità della quale è accreditata ha reso possibile la decisione presa nel febbraio del 2019 dal suo Consiglio di amministrazione di emettere un bond, ovvero un prestito obbligazionario di 175 milioni di euro, allo scopo di finanziarsi oltre i canali tradizionali. Almeno per ora, nessun'altra società calcistica italiana ha fatto una scelta analoga. L'Udinese ha inaugurato lo stadio di proprietà, il secondo in Italia, dimostrando l'acume imprenditoriale della famiglia Pozzo, ma non pare avere in programma altro. Il Frosinone, nonostante tanta serie B e l'andata e ritorno in A, si è dotato di un proprio impianto, lo Stirpe, dando una lezione a società maggiori come il Napoli che, dall'alto della sua presunzione, predica il bello e il brutto tempo, evitando di investire nello stadio. Almeno per ora è così. Anche il Sassuolo dispone di un proprio impianto, avendo acquisito in asta pubblica quello della Reggiana in seguito al suo fallimento. Giorgio Squinzi, e spero non si offenda se una signora reggiana di nascita lo chiama signor Mapei, è un imprenditore di livello assoluto. Non poteva che accompagnare la sua passione per il calcio dotandosi di uno stadio nel quale i suoi ragazzi si sentissero a casa. Stesso discorso vale per il Bologna del patron Joey Saputo che rinnoverà completamente lo storico Dall'Ara. Altrettanto ha in programma di realizzare entro l'autunno 2019 l'Atalanta di Bergamo. La Roma a oggi è la sola tra le grandi squadre passata dalle parole ai fatti. Però il suo progetto è finito sul binario finora morto delle vicende giudiziarie del socio romano di James Pallotta, il suo proprietario statunitense. E, dopo l'arrivo in Campidoglio di un sindaco 5 stelle, si è ritrovata alle prese con il rallentamento imposto dalle ubbie non del tutto fuori luogo dell'amministrazione Raggi in fatto di opere pubbliche. Soltanto il giorno in cui l'opera inizierà (le ultime notizie dicono entro il 2019) sarà possibile un confronto con Torino, ma il ritardo è già notevole. Inoltre c'è un particolare non ininfluente: la proprietà dell'impianto sarà del signor Pallotta e non della Roma F.C. La Fiorentina è un caso analogo a quello romano, avendo la proprietà presentato già da tempo i progetti per la propria casa. Però è anch'essa finita in mezzo a un guado fatto di problemi di ogni tipo e la situazione al momento non sembra sbloccarsi, nonostante chi governa il Comune di Firenze le sia calcisticamente amico. Il Torino ha ottenuto dal capoluogo piemontese l'ok per la creazione del centro destinato al proprio vivaio. Mentre l'Inter, il Napoli, il Milan (fi- nite nel nulla le idee faraoniche dell'ultimo periodo di Silvio Berlusconi), tanto per elencare i club italiani più importanti, ad oggi mantengono ancora la vecchia struttura: centri sportivi di proprietà e stadio in concessione o affitto dalle rispettive città. All'inizio di febbraio di questo 2019 si è letto che Inter e Milan hanno ripreso il confronto per rimanere entrambe in un San Siro profondamente ristrutturato. Comunque sia, è innegabile che Juventus sia avanti di anni e non sarà facile raggiungerla perché serviranno investimenti massicci. Tornando alla mia Juve, merita ricordare che il suo stadio, dal primo di luglio 2017, ha assunto il nome commerciale di Allianz Stadium. A conferma di un appeal che è andato crescendo nel tempo. Dopo una ricerca durata alcuni anni, si è riusciti così a dare seguito alla cessione dei diritti di denominazione assumendo il nome di un'azienda assicurativa leader in Europa. Quest'anno festeggeremo l'ottavo scudetto consecutivo. Alla faccia di chi è morso dall'invidia rabbiosa e ci chiama Rubentus. Quel che però penso è che il presidente Andrea Agnelli e i suoi più stretti collaboratori abbiano di fronte a sé la necessità di adottare decisioni importanti. E non mancherà loro né la forza né il coraggio di assumerle. Chi mi leggerà si dividerà su quanto sto per dire. Conosco la regola secondo cui squadra che vince non si cambia, però sono convinta che possa essere proprio questo il momento di un nuovo prete a dire messa nello spogliatoio. Con Massimiliano Allegri alla guida della Juventus abbiamo ottenuto risultati esaltanti. Il nostro allenatore ha preparato la partita del 12 marzo in modo magistrale, dimostrando di essere un grande. Da quando guida la nostra truppa ci ha dato e insegnato tanto, in primo luogo ci ha portato a giocare in Champions senza paura. Eppure da mesi io avverto il logorio di chi fatica nel ripetersi, i sintomi di quella che si potrebbe definire la fine di un ciclo. Per questo a me pare non sia assurdo pensare a un nuovo mister, un motivatore diverso che sappia portare nuova carica ai vecchi che resteranno e coltivare l'entusiasmo dei giovani che arriveranno. Così, per dirla con Lucio Dalla, la stagione che verrà porterebbe una trasformazione. E almeno io, tifosa dal cuore a strisce bianche e nere, la sto aspettando. Aspetto fiduciosa una Juventus capace di affrontare un'annata nella quale, senza dimenticare il Napoli e la Roma, le avversarie più agguerrite torneranno a essere le due milanesi. Liberate dai vincoli del fair play finanziario, avranno superato i tormenti degli ultimi anni e saranno pronte alla garra domenicale per interrompere la nostra attuale egemonia. Uno degli slogan femministi che più urlavamo nelle piazze e nei cortei era: «Tremate, tremate, le streghe son tornate». Ecco, anche la Juventus ritroverà le vecchie streghe. Dunque converrà presentarsi al meglio per continuare a essere lei stessa una strega che fa tremare.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





