
Continua la tensione in commissione. Il bonus 18app potrà arrivare fino a 1.000 euro.La discussione fra maggioranza e opposizione sulla manovra è sempre più accesa: ieri nel pomeriggio si è raggiunto il culmine della tensione a causa dei continui ritardi sull’orario di convocazione della commissione, slittata di ora in ora. La situazione è esplosa nel pomeriggio quando si è cominciato a temere che l’arrivo del testo in Aula sarebbe slittato ancora di un giorno. «Direi che siamo oltre ogni limite accettabile e tra l’altro si pregiudica anche la possibilità che la manovra arrivi in Aula domani (oggi, ndr) come era previsto», si è lamentato il capogruppo del Partito democratico, Debora Serracchiani. Le opposizioni sono furiose. Su tutte il Movimento 5 stelle. «A 24 ore dall’approdo in Aula della manovra, la maggioranza e il governo sono nel caos più totale. Non c’è traccia degli emendamenti dei relatori né dei pareri o delle riformulazioni. A che gioco stiamo giocando? Di questo passo, l’esercizio provvisorio più che un rischio sembra una certezza, e non per colpa delle opposizioni: la maggioranza sta facendo tutto da sola», è il commento severo dei grillini in commissione Bilancio.Il Terzo polo si è ritirato dalla commissione, nonostante l’avvicinamento al governo delle scorse settimane: «Finché non si chiariranno tra loro, in commissione non siederemo più», ha detto Carlo Calenda nel corso di una conferenza stampa in Senato, «noi non intendiamo rivolgerci ai vertici delle istituzioni, come fece Meloni l’anno scorso scrivendo al presidente della Repubblica. Noi lasciamo in pace Mattarella. Ma se Meloni fosse oggi all’opposizione, si andrebbe a incatenare davanti al Quirinale».In giornata è intervienuto anche il Mef guidato da Giancarlo Giorgetti: «Se il Parlamento ritenesse di non modificare la manovra, per il ministero dell’Economia e delle finanze va benissimo il testo già approvato in Consiglio. Con quello si andrà in Aula e su quello sarà posta la fiducia, con l’eccezione della riformulazione sul Pos».Dopo le 17.30 è arrivato un annuncio che ha disinnescato gli animi: «La norma sullo scudo penale per i reati fiscali non entrerà in manovra», ha detto il relatore Pella smentendo le indiscrezioni, mentre Pd e Movimento 5 stelle gridavano vittoria. Si era però già fatte le 18 del pomeriggio. Un’altra giornata passata tra troppi stop and go dove come al solito non sono mancate novità: nuove misure, ulteriori ritocchi e modifiche dell’ultimo minuto. Per quel che riguarda la riforma di 18app, uno dei temi più discussi di questi giorni, «il bonus per i diciottenni potrà arrivare fino a 1.000 euro», ha annunciato il presidente della commissione Cultura Federico Mollicone. «Il meccanismo, che entrerà in manovra, combina due criteri: il tetto Isee fino a 35.000 euro e il risultato scolastico alla maturità. Il bonus arriverà solo a chi rispetta almeno uno dei due criteri e in quel caso sarà pari a 500 euro mentre raddoppierà per chi li soddisfa entrambi». Un altro tema di giornata è stato lo Spid: «Uno strumento che semplifica la vita dei cittadini che non verrà cancellato», ha assicurato il capogruppo di Forza Italia Alessandro Cattaneo alla Camera, «Stiamo cercando il modo di risolvere alcune criticità piuttosto che girarci dall’altra parte. Non possiamo ignorare che ci sono alcune categorie, come gli anziani, che incontrano difficoltà nell’utilizzarlo». Possibilità che aveva già annunciato il sottosegretario Alessio Butti, spiegando di voler promuovere la migrazione delle identità digitali verso la Cie per avere un unico sistema nazionale gestito dallo Stato. A ogni modo, per tutta la giornata si è agitato lo spettro dell’esercizio provvisorio, spettro che ogni volta qualche esponente della maggioranza si è occupato di scacciare. Per ultimo Cattaneo: «Con buona pace di qualche gufo, non ci sarà nessun esercizio provvisorio. La legge di bilancio vedrà la luce alla Camera prima di Natale», ha promesso.
Il direttore del «Corriere della Sera» Luciano Fontana (Imagoeconomica)
Se il punto è la propaganda, ogni leader è sospetto. Il precedente dell’inviato Rai, Marc Innaro, che più volte ha rivelato di avere proposto un’intervista a Lavrov. Risposta dei vertici dell’azienda: «Non diamo loro voce».
«Domandare è lecito, rispondere è cortesia». Il motto gozzaniano delle nostre nonne torna d’attualità nella querelle fra Corriere della Sera e Sergej Lavrov riguardo all’intervista con domande preconfezionate, poi cancellata dalla direzione che si è rifiutata di pubblicarla dopo aver letto «il testo sterminato, pieno di accuse e tesi propagandistiche». Motivazione legittima e singolare, perché è difficile immaginare che il ministro degli Esteri russo potesse rivelare: è tutta colpa nostra, L’Europa non aveva scelta, Le sanzioni sono una giusta punizione. Troppa grazia.
Volodymyr Zelensky (Ansa). Nel riquadro il bagno con sanitari in oro in una delle case dei corrotti smascherati a Kiev
La Tangentopoli ucraina era prevedibile: abbiamo finanziato uno dei Paesi più corrotti del mondo fingendo che fosse un modello di democrazia. E continuiamo a proteggere il presidente come se non c’entrasse nulla.
Chissà quanto saranno contenti i soldati ucraini, che ogni giorno rischiano la morte in una trincea di Pokrovsk, o gli abitanti di Kharkiv, rimasti nei giorni scorsi senza elettricità a causa dei bombardamenti russi, di sapere che una banda di affaristi vicina a Volodymyr Zelensky incassava tangenti milionarie mentre loro rischiavano la pelle. Chissà quanto saranno felici gli italiani, ma anche i francesi, i tedeschi, gli spagnoli e tutti gli altri consumatori europei che da tre anni e mezzo pagano bollette d’oro, di sapere che gli uomini del presidente ucraino hanno rubato a mani basse, facendosi pagare mazzette per decine di milioni, imponendo una «cresta» del 10-15 per cento sulle forniture energetiche.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov (Ansa)
Nei giorni scorsi, Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha accusato il Corriere della Sera di non aver pubblicato un’intervista a lui concessa. Secondo Mosca, il quotidiano avrebbe rifiutato le risposte che il ministro aveva fornito alle domande inviate dal giornale. Il Corriere, da parte sua, ha replicato che il testo ricevuto era lungo e ricco di affermazioni propagandistiche, e che le richieste di condurre un’intervista vera e propria, con possibilità di confronto sui punti da approfondire, erano state respinte dal ministero.
Pubblichiamo qui di seguito la versione integrale dell’intervista, tradotta in italiano, senza alcun endorsement del contenuto e senza finalità di propaganda. Lo facciamo perché chiedere un’intervista a un interlocutore scomodo e poi non diffonderne le parole solo perché sgradite solleva un tema di trasparenza: riteniamo che i lettori abbiano il diritto di conoscere anche voci controverse, per farsi una propria opinione.
Renato Mazzoncini, ad di A2a (Imagoeconomica)
L’ad Mazzoncini aggiorna il Piano Strategico 2035: investimenti per 23 miliardi, 16 per la transizione e 7 per l'economia circolare.






