2020-06-12
Gli Stati generali sono già un fallimento. Le porte chiuse servono a coprire il vuoto
Maria Elena Boschi (Ansa)
L'evento, che in teoria sarebbe dovuto iniziare oggi, slitta a domani per il forfait del centrodestra. Il calendario rimane pieno di buchi e il governo non sa che pesci prendere, visto che i soldi promessi da Bruxelles sono sempre più un miraggio.No, non era decisamente questa la vigilia che Giuseppe Conte e Rocco Casalino avevano sognato per i cosiddetti Stati generali: i pm davanti all'uscio di Palazzo Chigi, i leader dell'opposizione indisponibili a fare le comparse a Villa Pamphili, i fischi in piazza al grido di «buffone» e soprattutto i mitici «fantastiliardi» europei ridotti a miraggio sfocato e lontano. A pensarci bene, sono passati solo nove giorni dal 3 giugno, quando il premier, su un tappeto rosso srotolato per lui nel cortile di Palazzo Chigi, aveva lanciato la kermesse, immaginandola come una marcia trionfale nel gran giardino barocco della villa romana. E invece, con una rapidità ipotizzata da pochi, il clima si è improvvisamente rovesciato, e sembra preludere, se non a una via crucis, certamente a un cammino accidentato e insicuro.dissensoConte pensava di avere le spalle coperte in Europa, ripeteva a se stesso che a Bruxelles avrebbero fatto di tutto per evitare che l'opposizione guidata da Matteo Salvini potesse risalire la china: ma ora ogni giorno che passa conferma che le cose stanno diversamente. I progetti Bei e Sure sono ancora in fase embrionale (si stanno raccogliendo le garanzie nazionali); il Mes, nonostante l'opera zelante di tanti piazzisti italiani e non, prevede vincoli, controlli e tutte le condizionalità indicate in regolamenti e trattati che nessuno ha modificato; mentre il Recovery fund ogni giorno si allontana nel tempo e dimagrisce quanto a dimensione, e - nella migliore delle ipotesi - farà arrivare in Italia non più di qualche spicciolo nel 2021. In compenso Conte teme l'offensiva giudiziaria (giova ricordare che il premier non è deputato o senatore, e quindi non gode nemmeno della tenue protezione derivante dallo status di parlamentare), e soprattutto, deve per la prima volta fare i conti con un dissenso popolare che gli era stato nascosto dalla bolla in cui è protetto dentro Palazzo Chigi, tra like sulle dirette social e sondaggisti amici. Morale: fino a ieri sera, il programma di una kermesse troppo lunga e slabbrata era ancora in alto mare. Sabato, giorno inaugurale, ci saranno gli interventi internazionali, a partire dal presidente del Parlamento europeo David Sassoli e dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen; da lunedì sarà la volta delle parti sociali. Ma arrivare fino alla domenica successiva senza soldi veri sul tavolo, senza la legittimazione delle opposizioni, e con il mondo produttivo che ha già ampiamente fatto conoscere le sue opinioni nelle audizioni parlamentari, sarà davvero un'impresa. La stessa trovata dei lavori «a porte chiuse», oltre che un improvviso capovolgimento del mantra grillino dello streaming, sembra più un modo per coprire il vuoto che un autorevole e sobrio scudo di riservatezza. Il copione è già scritto: se non ci sarà conoscenza integrale dei lavori, tutto sarà affidato al ping pong mediatico tra le veline di Palazzo Chigi (veicolate soprattutto per l'ossequiosa informazione Rai) e i retroscena alimentati dagli stessi partecipanti. Intanto ieri il premier ha visto a Palazzo Chigi le forze di maggioranza. Più che altro per reciproca debolezza (sia di Conte sia di Matteo Renzi) sembra reggere la tregua con Italia viva. Ettore Rosato e Maria Elena Boschi hanno definito «positivo» il confronto con Conte, insistendo in particolare sul loro «piano shock» per sbloccare cantieri e opere pubbliche. Sa di palla calciata in tribuna anche la nota vergata da Renzi per la sua newsletter: «Spero che saranno utili gli Stati generali. È importante avere una visione di insieme per spendere più di 80 miliardi di euro che abbiamo “rubato" ai nostri figli. Chiederemo al governo di portare la discussione anche nelle aule parlamentari con un bel dibattito che tolga ogni alibi alle opposizioni. Bene gli Stati generali a Villa Doria, benissimo che i risultati di questo lavoro siano presentati nella sede della democrazia, il Parlamento».Anche sul fronte grillino, toni fiacchi e dichiarazioni neutre, dopo l'incontro del premier con i capigruppo Davide Crippa e Gianluca Perilli. Per Luigi Di Maio, «i prossimi Stati generali saranno un importante momento di dibattito e pianificazione. Un nuovo inizio da cui ripartire». Ancora più vago e fumoso Vito Crimi: «Ci si deve aspettare una prospettiva di investimento, non dobbiamo immaginare un programma dettagliato di cosa faremo domani; dobbiamo individuare se vogliamo essere un Paese che si inserisce in un processo di transizione energetica? Sì o no? Vogliamo essere un Paese che investe nell'innovazione? Allora su quello dobbiamo investire tutte le nostre risorse. Dobbiamo trovare quali sono le direttrici in cui il Paese deve muoversi perché tutto quello in cui investiremo nei prossimi mesi, darà la direzione da qui a dieci anni». situazione drammaticaInterlocutorie e blande anche le dichiarazioni dei capigruppo del Pd Graziano Delrio e Andrea Marcucci dopo il loro faccia a faccia con Conte. Per Delrio «è stato un primo incontro proficuo, il presidente ci ha espresso il percorso che intende svolgere e ci ha invitato a continuare il dialogo e la collaborazione con il governo». Stessi toni da parte di Marcucci: «Il Pd apprezza questa iniziativa, con i gruppi parlamentari il percorso è stato serio e approfondito. A valle di questi incontri il confronto proseguirà in maniera costruttiva». Parole in politichese lontanissime dalla situazione drammatica di aziende sull'orlo della chiusura e di centinaia di migliaia di lavoratori con il posto a rischio.
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