
Domani l'incontro tra il premier e le associazioni dei truffati. Il governo svelerà le carte sui criteri dei rimborsi. Il rappresentante delle vittime di Banca Marche: «La legge di bilancio ha fissato dei paletti, spero non li abbiano cambiati. Nessuno ci ha avvisati».«Domani incontreremo il premier Conte sul caso dei rimborsi ai risparmiatori completamente alla cieca. Al di là di quello che si può leggere sulla stampa, noi non sappiamo nulla. Questo vale per tutte le associazioni di azionisti e gli obbligazionisti di Cariferrara, Carichieti, Banca Marche e Banca Etruria, ma sono certo che lo stesso valga anche per i rappresentanti dei risparmiatori delle banche venete». A parlare con La Verità è Corrado Canafoglia, l'avvocato che, per l'Unione nazionale consumatori, rappresenta 3.000 risparmiatori di Banca Marche e che domani a Roma si incontrerà con Giuseppe Conte, per discutere del ristoro dei risparmiatori vittime del crac degli istituti costati i risparmi a 500.000 famiglie italiane. «Il vero problema», spiega l'avvocato marchigiano, «è che nessuno sa se Conte ci metterà davanti a un fatto compiuto presentandoci una norma già costituita o se chiederà ai rappresentanti della associazioni presenti cosa ne pensano. Quello che è certo è che prima della legge finanziaria la questione dei rimborsi era stata data per risolta e ora si sono accese delle grosse polemiche. Se Tria non ha intenzione di rimborsare, che lo dica chiaramente. Questi non sono di certo aiuti di Stato». La speranza è che il premier faccia da mediatore per trovare la quadra e arrivare preparato al nuovo Cdm che si terrà dopodomani. «È un passaggio che riteniamo importante per confrontarci con le persone direttamente coinvolte e dal quale auspichiamo di trarre il decisivo contributo che ci consentirà di definire i passaggi tecnici conclusivi al fine di pervenire alla migliore soluzione utile a rimborsare tutti i risparmiatori coinvolti», ha spiegato Conte. Un'idea certa su come procedere, insomma, non c'è. Negli ultimi giorni sono state diffuse voci su chi, quando e quanto verrebbe effettivamente risarcito, se passasse la soluzione più gradita all'Ue, con cui il ministro Giovanni Tria e i suoi sono in contatto costante. Secondo queste voci, come già spiegato ieri dalla Verità, l'accordo raggiunto con Bruxelles porterebbe a una copertura di circa il 90% dei danneggiati.Se passasse l'accordo Mef-Ue sarebbero risarciti i risparmiatori entro un certo tetto di reddito Isee (35.000 euro annui) o con un certo patrimonio mobiliare (100.000 euro). Sempre secondo questa prima versione, gli interessati otterrebbero il 30% del prezzo delle azioni e invece quasi integralmente (fino al 90-95%) quello delle obbligazioni. Secondo un'altra versione del Mef, sotto la soglia di reddito dei 35.000 euro, ci sarebbe un automatismo. Sopra quel tetto, Bruxelles chiederebbe invece un'analisi di ogni singolo caso prima di procedere al risarcimento.Insomma, sul tema dei rimborsi ai risparmiatori si brancola ancora nel buio. «Chiederemo al presidente Conte di disporre indennizzi automatici e integrali per tutti i risparmiatori con un reddito inferiore ai 35.000 euro, prevedendo arbitrati per chi ha redditi superiori», fa sapere il presidente del Codacons Carlo Rienzi. Inoltre «dovranno essere incrementati gli arbitri che si pronunceranno sui singoli casi, allo scopo di velocizzare le pratiche e arrivare entro l'anno all'erogazione materiale dei rimborsi. Proporremo poi di eliminare il limite del 30% di rimborso per gli azionisti e del 95% per gli obbligazionisti, portando gli indennizzi a coprire interamente le perdite per chi ne ha diritto, reperendo le risorse utili attraverso i “conti dormienti". Infine riteniamo assolutamente indispensabile prevedere la rivalutazione degli investimenti nelle somme da riconoscere ai risparmiatori traditi», conclude Rienzi. In effetti, secondo quanto ha potuto raccogliere La Verità sentendo alcune associazioni di risparmiatori, una delle maggiori preoccupazioni riguarda proprio le tempistiche, qualora si procedesse ad analizzare caso per caso. Intanto, in Veneto, i deputati di Forza Italia Renato Brunetta e Pierantonio Zanettin in un comunicato hanno esortato il governo a coinvolgere tutte le associazioni di risparmiatori. «Va evitata», dicono, «la farsa dell'assemblea del 9 febbraio dove era stata accuratamente selezionata una claque compiacente. E non è più tempo per simili pagliacciate». Il riferimento è all'assemblea convocata a Vicenza dalle associazioni «Coordinamento banche popolare venete di Don Enrico Torta» e «Noi che credevamo nella BpVi». In quell'occasione si riunirono 1.300 persone e vennero invitati i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ma altre associazioni di ex soci di BpVi e Veneto Banca, non vennero coinvolte. Non resta dunque che attendere l'incontro di domani. Solo dopo, forse, si saprà se gli investitori potranno rivedere parte dei loro risparmi. Al momento, però, le associazioni di risparmiatori conservano comprensibili ansie.
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il governatore forzista della Calabria, in corsa per la rielezione: «I sondaggi mi sottostimano. Tridico sul reddito di dignità si è accorto di aver sbagliato i conti».
Marco Minniti (Ansa)
L’ex ministro: «Teniamo d’occhio la Cina su Taiwan. Roma deve rinsaldare i rapporti Usa-Europa e dialogare col Sud del mondo».
Attilio Fontana e Maurizio Belpietro
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Lombardia avverte: «Non possiamo coprire 20 mila ettari di campi con pannelli solari. Dall’idroelettrico al geotermico fino ai piccoli reattori: la transizione va fatta con pragmatismo, non con imposizioni».
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana affronta il tema dell’energia partendo dalle concessioni idroelettriche. «Abbiamo posto fin da subito una condizione: una quota di energia deve essere destinata ai territori. Chi ospita dighe e centrali subisce disturbi e vincoli, è giusto che in cambio riceva benefici. Per questo prevediamo che una parte della produzione venga consegnata agli enti pubblici, da utilizzare per case di riposo, scuole, edifici comunali. È un modo per restituire qualcosa alle comunità».
Investimenti e controlli sulle concessioni. Belpietro incalza: quali investimenti saranno richiesti ai gestori? Fontana risponde: «Non solo manutenzione ordinaria, ma anche efficientamento. Oggi è possibile aumentare la produzione del 10-15% con nuove tecnologie. Dobbiamo evitare che si ripeta quello che è successo con le autostrade: concessioni date senza controlli e manutenzioni non rispettate. Per l’idroelettrico serve invece una vigilanza serrata, con obblighi precisi e verifiche puntuali. La gestione è più territoriale e diretta, ed è più semplice accorgersi se qualcosa non funziona».
Microcentrali e ostacoli ambientali. Sulla possibilità di nuove centrali idroelettriche, anche di piccola scala, il governatore è scettico: «In Svizzera realizzano microcentrali grandi come un container, che garantiscono energia a interi paesi. In Italia, invece, ogni progetto incontra l’opposizione degli ambientalisti. Anche piccole opere, che non avrebbero impatto significativo, vengono bloccate con motivazioni paradossali. Mi è capitato di vedere un’azienda agricola che voleva sfruttare un torrente: le è stato negato il permesso perché avrebbe potuto alterare di pochi gradi la temperatura dell’acqua. Così diventa impossibile innovare».
Fotovoltaico: rischi per l’agricoltura. Il presidente spiega poi i limiti del fotovoltaico in Lombardia: «Noi dobbiamo produrre una quota di energia pulita, ma qui le ore di sole sono meno che al Sud. Per rispettare i target europei dovremmo coprire 20 mila ettari di territorio con pannelli solari: un rischio enorme per l’agricoltura. Già si diffonde la voce che convenga affittare i terreni per il fotovoltaico invece che coltivarli. Ma così perdiamo produzione agricola e mettiamo a rischio interi settori».
Fontana racconta anche un episodio recente: «In provincia di Varese è stata presentata una richiesta per coprire 150 ettari di terreno agricolo con pannelli. Eppure noi avevamo chiesto che fossero privilegiate aree marginali: a ridosso delle autostrade, terreni abbandonati, non le campagne. Un magistrato ha stabilito che tutte le aree sono idonee, e questo rischia di creare un problema ambientale e sociale enorme». Mix energetico e nuove soluzioni. Per Fontana, la chiave è il mix: «Abbiamo chiesto al Politecnico di Milano di studiare un modello che non si basi solo sul fotovoltaico. Bisogna integrare geotermico, biomasse, biocarburanti, cippato. Ci sono molte fonti alternative che possono contribuire alla produzione pulita. E dobbiamo avere il coraggio di investire anche in quello che in Italia è stato troppo a lungo trascurato: il geotermico».
Il governatore cita una testimonianza ricevuta da un docente universitario: «Negli Stati Uniti interi quartieri sono riscaldati col geotermico. In Italia, invece, non si sviluppa perché – mi è stato detto – ci sono altri interessi che lo frenano. Io credo che il geotermico sia una risorsa pulita e inesauribile. In Lombardia siamo pronti a promuoverne l’uso, se il governo nazionale ci darà spazio».
Il nodo nucleare. Fontana non nasconde la sua posizione favorevole: «Credo nel nuovo nucleare. Certo, servono anni e investimenti, ma la tecnologia è molto diversa da quella del passato. Le paure di Chernobyl e Fukushima non sono più attuali: i piccoli reattori modulari sono più sicuri e sostenibili. In Lombardia abbiamo già firmato con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica un accordo per sviluppare Dal confronto con Belpietro emerge un filo conduttore: Attilio Fontana chiede di mettere da parte l’ideologia e di affrontare la transizione energetica con pragmatismo. «Idroelettrico, fotovoltaico, geotermico, nucleare: non c’è una sola strada, serve un mix. Ma soprattutto servono regole chiare, benefici per i territori e scelte che non mettano a rischio la nostra agricoltura e la nostra economia. Solo così la transizione sarà sostenibile».
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Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Il panel dell’evento de La Verità, moderato dal vicedirettore Giuliano Zulin, ha affrontato il tema cruciale della finanza sostenibile con Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi.
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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