2020-08-20
Gli industriali e il caos licenziamenti: «Per ripartire serve flessibilità»
Roberto Gualtieri (Antonio Masiello#POOL /Augusto Casasoli/ POOL via Getty Images)
Il presidente di Confindustria Veneto sul caso sollevato dalla Verità: «Cristallizzando la situazione con cassa integrazione, incentivi o divieti si ritarda la ripresa. Senza mobilità, non ci sono nemmeno gli ingressi».Il decreto Agosto butta benzina sul fuoco sui timori di chi in Italia deve occuparsi di produrre e contribuire al rialzo del Pil. In particolare il tema più delicato resta quello dei contratti di lavoro e del divieto di licenziare. Rispetto al Cura Italia che ha imposto uno stop generalizzato, il testo finito in Gazzetta a Ferragosto apre a tre possibilità di licenziamento. Ma solo in casi di necessità. Se si fallisce o si chiude oppure se si finisce con i libri in tribunale per un esercizio provvisorio. Per come è scritto l'articolo 14, si è aperta anche una serie di interpretazioni che apre alla possibilità di estendere le deroghe al divieto anche in caso di riorganizzazione aziendale al di fuori dei danni da Covid. In pratica, secondo alcuni giuslavoristi si potranno chiudere rami d'azienda o singole attività nel caso in cui le motivazioni non siano strettamente collegate alla pandemia. Secondo altri esperti invece l'articolo 14 apre a una serie di paradossi di difficile comprensione. Ad esempio, chi non ha mai chiesto la cassa integrazione Covid si troverebbe a bloccare qualunque riorganizzazione fino al 31 dicembre. Al contrario, chi ha chiesto un aiuto per un breve periodo e l'ha utilizzato in toto potrebbe licenziare prima della scadenza dell'anno. Questo anche perché il decreto Agosto non indica una data precisa in cui far terminare i divieti. In pratica, se la circolare del ministero del Lavoro non dovesse chiarire, gli industriali si aspettano una fine d'anno confusa e del tutto incerta.«L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno», spiega alla Verità Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, «è l'incertezza. Non voglio entrare nel merito delle interpretazioni perché non spetta a noi risolvere questi nodi. A noi serve solo stabilità, certezza delle scelte politiche e al tempo stesso un quadro legale che guardi al futuro». Il riferimento del capo degli industriali veneti è al dopo Covid. Punta ad affrontare il tema della ripresa e delle necessità industriali legate alla ripartenza. «Se vogliamo mettere in condizione le aziende di superare l'impasse, bisognerà pensare a come riorganizzare le linee produttive, a come formare il personale per attività e interventi fino a poco tempo fa nemmeno prevedibili». Carraro si dice consapevole che il 2021 non assomiglierà mai al 2019 e quindi si dice sempre più consapevole della necessità di affrontare il cambiamento. «Solo che cristallizzando la situazione con la cassa integrazione, gli incentivi o i divieti», prosegue il presidente di Confindustria Veneto, «si ritarda la ripartenza. Sia ben chiaro», conclude Carraro, «l'ultima cosa che ci passa per la mente è licenziare, ma la politica deve capire che se non c'è mobilità non ci sono nemmeno gli ingressi. Così non si può assumere né si può pensare a forme contrattuali più vicine alle esigenze del mercato. L'ideologia è dannosa e non serve al Paese». Purtroppo ai mali dovuti al Covid l'Italia dovrà sommare anche le malattie che si trascina da anni. La situazione che emerge guardando i numeri relativi ai tavoli di crisi aperti al Mise resta preoccupante e solo apparentemente si evidenzia una riduzione delle vertenze rispetto alle 160 crisi di un anno fa (con 200.000 lavoratori coinvolti) e al trend crescente degli ultimi anni. Si tratta per la maggior parte di situazioni che non trovano soluzione da diverso tempo: molti tavoli (circa 28) sono infatti aperti anche da sette anni, perché sono situazioni che necessitano di un tavolo permanente per la criticità del settore; circa 70 tavoli sono in corso da oltre tre anni. Crisi che travolgono i settori più vari, dalla componentistica per auto alla grande distribuzione, dagli elettrodomestici all'acciaio. Ci sono le crisi storiche come l'Alitalia e l'ex Ilva, ma anche tante vertenze molto più piccole e meno note, oltre ai casi scoppiati più di recente, come Betafence e Yokohama. I circa dieci tavoli risolti nell'ultimo semestre hanno spesso visto l'intervento di Cassa depositi e prestiti e mai una soluzione di mercato. Basti pensare che a fine luglio si è arrivati alla soluzione della crisi della storica azienda tessile Corneliani, che ha potuto riavviare la produzione con l'ingresso del Mise nel capitale tramite il versamento di 10 milioni di euro, attraverso appunto, il nuovo fondo per la gestione delle crisi di impresa. Ma come si chiedono gli industriali veneti, quando finirà la droga dei sussidi che succederà al nostro Paese?
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