2022-05-18
Gli investimenti russi del Vaticano per finanziare gli affari dei cinesi
Xi Jinping (Getty images)
Sei milioni di euro in titoli legati a Mosca ma destinati a imprese in affari con Pechino. Sono le operazioni della Segreteria di Stato del 2017 che stanno emergendo. E che anticiparono gli accordi tra Roma e la Cina. Il 25 marzo del 2019 a Roma veniva presentato il libro La Chiesa in Cina. Un futuro da scrivere, curato da Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, dedicato come si deduce dal titolo ai rapporti tra Pechino e Vaticano. Presenti all’evento, il superiore generale dei gesuiti Arturo Sosa, lo stesso Spadaro e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Due giorni prima Italia e Cina firmavano il memorandum sulla Via della seta. Un accordo privatistico che avrebbe dovuto portare vantaggi per una ventina di miliardi. A siglare Xi Jinping in persona e Sergio Mattarella. Poi a seguire ministri vari per un totale di 29 tra accordi e intese bilaterali. Compreso tanto di «panda bond» da emettere tramite la Cdp allora guidata da Fabrizio Palermo. La visita di Xi (con la moglie) terminò a Palermo su insistenza dell’allora sottosegretario Michele Geraci, oggi residente quasi stabile all’ombra della Grande Muraglia. L’evento destò scalpore dentro la Ue e soprattutto nelle varie ambasciate americane. Da subito fu chiaro il ruolo trainante del Vaticano che aprì numerosi canali e che da anni seguiva con interesse lo sviluppo della Via della seta. Un maxi progetto terrestre mirato a sviluppare gli interessi cinesi lungo il vecchio percorso di Marco Polo. Nei fatti divenuto di nuovo possibile dopo la caduta del muro di Berlino e la disponibilità di sponda della Russia. Un interesse particolare che si è dimostrato non solo politico ma anche finanziario. Grazie al processo in corso contro l’ex sostituto per gli affari generali, Angelo Becciu, sull’immobile londinese emerge che la segreteria di Stato aveva investito 6 milioni di euro in titoli legati alla Russia ma destinati a piccole e medie imprese operanti lungo la Via della seta. Sebbene l’importo sia minimo, in relazione alle grandi disponibilità della segreteria di Stato, il significato politico è elevato. Tanto più che avviene alla fine del 2017 con oltre un anno di anticipo rispetto al coinvolgimento dell’Italia nel grande schema di sviluppo cinese. L’investimento aiuta a capire i link tra Italia, Russia e gli ex Paesi Urss fondamentali per la Cina ma insufficienti senza il punto di arrivo del lungo cammino: appunto Roma e i porti italiani. A raccontare dei bond agli inquirenti vaticani veicolati da Mikro Kapital è il finanziere Enrico Crasso, imputato nel processo, nonché l’uomo che ha gestito Centurion. In un interrogatorio del novembre 2020 ha spiegato in brevi parole l’intero affare: «Nell’aprile del 2017 mi chiamò il dottor Fabrizio Tirabassi il quale mi disse che si era rivolto al Segretario di Stato, Pietro Parolin, il gruppo Mikro Kapital accompagnato dall’avvocato Pietro Tantalo che presentò un dossier per ottenere una sottoscrizione di 150 milioni di euro di questo fondo lussemburghese al quale sono totalmente estraneo. […] Feci una due diligence sul fondo comunicando a monsignor Alberto Perlasca che per l’alto tasso di interesse e per le caratteristiche del fondo non era una tipologia di investimento che si poteva ritenere adeguato al profilo della Segreteria di Stato. Non ricordo in che modo comunicai queste mie opinioni fatto sta che alla fine mi dissero di investire 6 milioni». Cifra che emerge nella documentazione allegata alla lettera del 29 aprile 2020 con cui la Segreteria di Stato vaticana chiede all’Ufficio del promotore di giustizia di «porre in essere le dovute azioni per bloccare tutti i conti correnti bancari del fondo Centurion Private Equity e del sotto-fondo Centurion Ethical Fund, presso la banca svizzera Zarattini & C. e presso tutte le altre banche con cui il fondo potrebbe avere relazioni». Fin qui la mera cronaca dei fatti finanziari. È interessante vedere però quali siano le attività in Russia e negli ex Paesi sovietici della Mikro Kapital. Il fondatore è Vincenzo Trani, napoletano con diverse partecipazioni in società italiane dagli interessi variegati, dalla sartoria agli articoli medicali, radicato a Mosca (è iscritto all’Aire dal 2010), dove risiede ed è presidente della Camera di commercio italo-russa. Poco conosciuto alle cronache nazionali fino aIl’avvio del processo di quotazione a Wall Street di una controllata di Mikro capital, la società di car sharing russa, Delimobil. Nel board infatti fino a poco tempo fa c’era l’ex premier Matteo Renzi . Senza tale cassa di risonanza le attività di Mikro Kapital sarebbero rimaste fuori dalle luci dei riflettori. Almeno fino allo scoppio della pandemia. Nel marzo del 2021 è lo stesso Trani a magnificare l’uso di Sputnik in Italia fino a suggerirne la produzione lungo la Penisola. Per il resto Mikro Kapital, nata nel 2008, è riconosciuta dal fondo di garanzia italiano per le Pmi e da Mcc, sviluppa business i numerosi settori e Paesi, compreso la Bielorussia. La sottoscrizione dei bond russi destinati alla Via della seta non deve dunque stupire. Al contrario, è la sintesi di un link complesso che vede il business andare di pari passo con le scelte geopolitiche. Un gioco delle parti in cui gli investimenti a volte precedono a volte seguono le strette di mano dei politici. Non a caso quella tra Wang Yi, ministro degli Affari esteri della Repubblica Popolare Cinese e monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede a febbraio del 2020 ha segnato l’apice dell’avvicinamento tra il Pcc e il Vaticano e l’apice dell’allontanamento dagli Usa, parzialmente interrotto dalla visita Roma di Mike Pompeo l’ottobre successivo. Scandali o presunti tali nella curia americana e raffreddamento degli investimenti a cavallo dell’oceano Atlantico vanno di pari passo. Tutto si tiene anche se i comparti stagni di solito non consentono di unire i puntini.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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