2022-12-08
Gli intellettuali liberal tifano oppressione
Antonio Scurati, profeta dell’antifascismo che sforna a raffica libri su Mussolini, è premiato al Parlamento europeo. In un’intervista inconsapevolmente descrive i progressisti, affascinati da un’ideologia neoliberale che ha molti tratti in comune con il totalitarismo.Ieri, alla sede di Bruxelles del Parlamento europeo, è stato consegnato ad Antonio Scurati il Prix du livre européen per il romanzo M. L’uomo della provvidenza, che come noto racconta più o meno correttamente la vita di Benito Mussolini. Potremmo dire che si tratti di un riconoscimento molto opportuno: in effetti, il libro di Scurati e le idee che lo scrittore veicola sono perfettamente rappresentative dell’ideologia attualmente dominante in Europa, e dell’uso che essa fa del fascismo. Il romanziere italiano ha sintetizzato il suo pensiero in un discorso anticipato ieri dal Corriere della Sera. A prima vista, potrebbe sembrare il consueto riciclo di stereotipi sull’onda nera in agguato, ma nelle frasi di Scurati c’è molto di più. Egli, a differenza di altri professionisti dell’antifascismo, evita di abbaiare al ritorno del regime, anzi lo esclude. Si rende conto che il fascismo storico, così come si è manifestato nel Ventennio, non può tornare, non può rifarsi nelle stesse forme. Purtroppo - e qui sorgono i problemi - Scurati si sente comunque in dovere di sostenere che, in effetti, il fascismo può ripresentarsi (e già si ripresenta) con abiti differenti. Chissà, forse il romanziere deve giustificare agli occhi della sua comunità politica di appartenenza la pubblicazione di ben tre tomi sul Duce, o forse è davvero convinto di aver rintracciato nuove pustole fascistoidi nel corpaccione dell’Italia. Poco importa, in fondo. Scurati sostiene - tesi ardita - che Mussolini sia stato l’inventore del populismo. Lo stesso populismo - tesi ancora più ardita - che ritroviamo oggi soprattutto a destra. Quali sarebbero i tratti distintivi di tale populismo? Per prima cosa, la totale identificazione tra leader e popolo, fra cui si stabilisce «una comunicazione emozionale, irrazionale». In questo modo, prosegue Scurati, si dà vita a «un dispositivo di potere altamente conflittuale che funziona grazie a protocolli di esclusione e persecuzione […]. Chi non è con me è contro di me, ossia contro il popolo, estraneo ad esso, straniero in patria, invasore accampato sul territorio nazionale, anti italiano. […] Il dispositivo si alimenta costantemente con nuovi nemici ed è pronto a scattare nei confronti di sempre nuovi dissidenti, resistenti o anche nei confronti di individui o gruppi semplicemente “differenti”». Inoltre, aggiunge il romanziere, il populismo di derivazione mussoliniana sarebbe ferocemente nemico della democrazia parlamentare, si diletterebbe a metterne in risalto le lentezze e le mancanze, riducendo la estrema complessità del reale a una «brutale semplificazione». Ora, forse Scurati non se ne rende conto fino in fondo, però ciò che egli descrive ha davvero poco a che fare con il fascismo. In compenso, ha tantissimo a che fare con l’ideologia neoliberale (o liberal o liberal-progressista, che è lo stesso) a cui oggi aderisce la quasi totalità degli intellettuali italiani. Come ho cercato di motivare in un libretto intitolato Fascismo infinito (pubblicato da Lindau), si tratta di una forma di gnosticismo rivoluzionario che agisce esattamente nel modo descritto da Scurati. Un piccolo gruppo di eletti, guidato solitamente da un leader carismatico, impartisce direttive che dovrebbero consentire di risanare un mondo altrimenti destinato al disastro. Chi non rispetta gli ordini è indicato come traditore, nemico interno. Spiace battere sempre sullo stesso tasto, ma la gestione della pandemia ci ha offerto una drammatica e plastica rappresentazione di questo sistema: si è basata su una comunicazione totalmente emozionale, e su brutali semplificazioni. Identico modello è stato applicato nel caso della guerra in Ucraina, e poi di nuovo con la cosiddetta rivoluzione verde. Potremmo fornire numerosi altri esempi, dal resto l’ideologia liberal (in particolare nella sua manifestazione più settaria, il wokismo) si ripresenta ogni volta con le stesse caratteristiche, e poco importa che si discuta di vincoli di bilancio europei, di immigrazione o di presunti «diritti umani». È proprio questa ideologia a mettere in discussione, oggi, la democrazia parlamentare, di cui appunto (come scrive Scurati) mette in luce «lentezze, inefficienze e corruttele», promettendo di risolverle affidando a tecnici o esperti o banchieri la gestione della cosa pubblica. Il discorso del romanziere italiano, dunque, è un piccolo capolavoro. Da una parte riproduce i connotati del pensiero dominante, dall’altra vi aderisce perfettamente, contribuendo ad alimentare la minaccia del fascismo di ritorno. Non è un caso: lo gnosticismo neoliberale ha bisogno del fascista quale nemico assoluto. Esso promette il paradiso in Terra, ma poiché all’Eden non si ritorna mai, serve qualcuno da incolpare del fallimento: il perfido fascio. Il termine «fascista», in questo quadro, passa a indicare qualunque forza tenti di frenare la corsa del progresso. Fascista è, di volta in volta, il militante di destra, il no vax, il critico dell’immigrazione di massa, il musulmano che gli Usa devono rieducare, Putin, Trump, Orbán... L’ideologia neoliberale, in fondo, ha molti tratti in comune con il totalitarismo sovietico, di cui costituisce una versione dolce, basata sulla seduzione: una dittatura alla dopamina. Ciò spiega perché affascini tanto gli intellettuali di sinistra: il vecchio socialismo scientifico e l’attuale liberal-progressismo hanno la medesima radice. Come scriveva Aleksandr Solzhenitsyn, «dal secolo dei Lumi si sono diramate le radici sia del liberalismo sia del socialismo e comunismo». L’«Umanesimo promettitore» caro a scrittori e artisti è divenuto «Umanesimo prescrittivo», e chi non si attiene alla prescrizione è il fascista nemico dell’umanità meritevole d’essere abbattuto. «Un certo illuminismo utopistico», ha scritto Russell Berman (citato da Paul Hollander in Intellettuali e fascismi), «immaginava un mondo governato dalla ragione, come una formula per la pace e la prosperità universali. Solo i più illuminati avrebbero potuto tenere le redini del potere, le loro idee intelligenti sarebbero riuscite a eliminare i comportamenti arretrati dell’umanità». È questa la fonte a cui gli intellettuali liberal odierni si abbeverano: ha poco a che fare col fascismo e molto con l’oppressione. Ma ai pensatori Vip non importa, a loro basta stare dalla parte del più forte per cavarsela bene.