2020-03-07
Si alzano in volo gli avvoltoi del coronavirus
Decuplicati i prezzi dei dispositivi indispensabili. Le regioni taglieggiate dai gruppi internazionali. Zero aiuti al Paese dalla Ue sulle mascherine. E un bond dell'Oms potrebbe ritardare la dichiarazione della pandemia.Molti esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità sanno che ormai ci sono tutti i presupposti per affermare di essere giunti a una pandemia. Si tratta, in poche parole, del momento in cui si pensa a ridurre l'impatto del virus, non più a bloccarne la diffusione. Ciononostante l'Oms si ostina a non proclamare l'ingresso nel periodo pandemico. Sono in molti a domandarsi come mai l'Oms stia aspettando così tanto. Alcuni malpensanti stanno avanzando l'ipotesi che c'entri l'emissione di una obbligazione emessa dalla Banca Mondiale. Nel 2017, infatti, l'istituzione con sede a Washington che fa parte delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite, aveva emesso un cat bond (definizione inglese che sta per catastrophe bond, obbligazioni sulle catastrofi) con lo scopo di trovare fondi per gli stati poveri che devono fronteggiare pandemie globali. L'idea era semplice: raccogliere fondi attraverso obbligazioni il cui rendimento aumenta nel caso in cui la potenziale pandemia (o più in generale un evento catastrofico) non si verifichi. Ora c'è però chi valuta la possibilità - non certo confermata - che l'Oms non dichiari la pandemia per non far saltare i succosi rendimenti (giunti all'11%) che andrebbero nelle tasche di chi ha sottoscritto questo investimento. Il motivo? La classificazione dell'epidemia rappresenterebbe lo spartiacque tra il normale arrivo a scadenza dei bond (previsto per il 15 luglio) e l'avvio della clausola che annullerebbe gli investimenti garantendo ai Paesi colpiti lo stanziamento dei fondi che fanno riferimento a quell'emissione. Del resto, anche a livello europeo il concetto di solidarietà sembra essere piuttosto vago. Una settimana fa il governo italiano aveva chiesto ai Paesi membri dell'Ue di inviare mascherine per contenere la diffusione del virus. Peccato che, al momento, nessuno abbia risposto. La richiesta era stata avanzata il 28 febbraio, ma nessuno dei 26 Paesi dell'Ue si è degnato di rispondere. Il timore delle singole nazioni è quello di ritrovarsi senza protezioni: l'egoismo ha avuto la meglio. Una volta intuito che nessuno avrebbe inviato nulla, la Commissione europea ha deciso di procedere con un acquisto condiviso per tutti i Paesi membri, azione che dovrebbe limitare una crescita vertiginosa dei prezzi. D'altronde, anche in Italia i costi di questi strumenti sanitari hanno raggiunto valori stellari. Giusto ieri, come riportava Il Giorno, l'assessore regionale lombardo a Bilancio e Finanza, Davide Caparini, nel corso di una conferenza stampa ha puntato il dito contro i produttori, colpevoli di farsi ricchi sulla pelle di chi teme di finire contagiato: «C'è una speculazione internazionale intorno ai dispositivi per la protezione sociale», ha evidenziato l'assessore, «in quanto, evidentemente, le ditte che forniscono questi presidi hanno aumentato la produzione, ma non quanto la necessità del mercato imporrebbe», ha detto Caparini. «Prima dell'emergenza coronavirus le mascherine costavano tra gli 0,01 e gli 0,03 euro l'una, mentre ora il prezzo oscilla da 0,5 a 1,4 euro».In effetti il bisogno di mascherine in Lombardia sta salendo alle stelle. Solo una settimana fa la Regione aveva necessità di 4 milioni di pezzi. Ieri l'assessore Caparini ha fatto notare che il fabbisogno è salito già a 6 milioni. Purtroppo però - ad oggi - sono arrivate solo 1,5 milioni di mascherine, in buona parte già polverizzate dall'emergenza. Pallottoliere alla mano, il prezzo di questi prodotti è salito di quasi 100 volte.L'Espresso pochi giorni fa aveva scritto un articolo proprio sulla mancanza di questi presidi sanitari in Lombardia. Secondo il settimanale, la Regione aveva cercato di acquistare le mascherine dopo aver lasciato senza forniture per giorni gli ospedali del Lodigiano: la distribuzione di quelle mascherine avrebbe dovuto essere garantita entro giovedì 27 febbraio e l'ordine è stato annullato lunedì 2 marzo.Ieri in conferenza stampa l'assessore lombardo alla Sanità, Giulio Gallera, ha fatto sapere che «l'ordine di 4 milioni di mascherine è stato annullato lunedì scorso dalla centrale di committenza regionale in quanto il fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti. Sono stati perfezionati ulteriori ordini con una serie di altri fornitori per i quantitativi di mascherine necessari».Il problema è che in Italia non ci sono abbastanza fabbriche produttrici di mascherine. Sul nostro territorio tra le più grandi c'è la milanese Bls, con sede nel quartiere della Bovisa. L'azienda ha ricevuto richieste per 10 milioni di pezzi in un mercato, quello italiano, che di solito ha richieste in totale per 15-20 milioni di unità. L'offerta, insomma, non riesce a fare fronte alla domanda. Così succede che le istituzioni italiane debbano rivolgersi a produttori esteri che praticano prezzi da strozzini. Anche perché, al di fuori dei nostri confini, alcuni Paesi come la Francia riescono a «commissariare» i produttori per avere un maggior numero di mascherine. Da noi, invece, non ci sono abbastanza strutture per farlo e così, i pochi produttori che possono darci i loro prodotti, lo fanno comportandosi da avvoltoi.
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