2022-10-02
Gli alleati fanno affari, noi soffriamo. Non è atlantismo bensì masochismo
Ci siamo imbarcati in una guerra senza calcolare gli effetti e senza esigere che chi combatteva al nostro fianco non ci sparasse nella schiena. La sola soluzione: negoziare con gli «amici» per limitare i danni.Vladimir Putin sta probabilmente perdendo la guerra, perché non ha valutato le conseguenze dell’invasione dell’Ucraina. Quando i carri armati russi hanno varcato la frontiera, dirigendosi verso Kiev, lo zar del Cremlino non aveva ben chiaro che cosa si sarebbe scatenato contro di lui e contro il suo Paese. Non soltanto in termini di reazione militare, ma soprattutto di sanzioni. E qui non pensiamo al blocco dei capitali depositati all’estero o al sequestro dei beni degli oligarchi, quanto piuttosto all’embargo delle importazioni. La macchina militare di Mosca è stata colpita al cuore oltre che dalla disorganizzazione dell’esercito, anche dalla mancanza di approvvigionamenti e, soprattutto, di ricambi. Privati di certi componenti, carri armati, radar, puntatori notturni e aerei diventano strumenti bellici senza cervello e dunque vincere una guerra non disponendo di mezzi sempre più tecnologici è impossibile, anche se si hanno il doppio o il triplo degli uomini dell’avversario.Ma se Putin non ha valutato le conseguenze dell’entrata in guerra, altrettanto abbiamo fatto noi. O meglio, l’Europa. Perché l’Italia e i suoi alleati della Ue e della Nato sono in guerra, questo è certo. Anche se fingiamo che non ci riguardi direttamente, se non per esprimere solidarietà, economica e militare, verso un Paese aggredito, noi siamo in guerra e quando l’abbiamo dichiarata - perché l’abbiamo dichiarata - come risposta all’invasione dell’Ucraina non abbiamo valutato le conseguenze. Che a oggi non sono militari, perché il conflitto si svolge a qualche migliaio di chilometri da noi e speriamo che si concluda prima che possa estendersi, ma economiche e già toccano il nostro portafoglio.Settimane fa avevamo pubblicato un articolo per segnalare che mentre le famiglie e le imprese di mezza Europa stavano facendo i conti con i rincari, qualche Paese godeva e non era la Russia di Putin, che certo poteva gioire delle nostre difficoltà, visto che il gas e il petrolio sono l’unica arma non convenzionale nelle mani dello zar del Cremlino. No, a festeggiare erano Stati che giocano al nostro fianco, che sono cioè nostri alleati, come gli Stati Uniti, il Canada, l’Olanda e la Norvegia. Tutti Paesi che fanno parte dell’Alleanza atlantica e l’Olanda addirittura della Ue. Ma mentre noi soffriamo, i nostri «amici», quelli che al pari di noi sono schierati a favore dell’Ucraina e contro la Russia, fanno affari. Infatti, più il prezzo del gas sale a causa della guerra, più loro incassano, essendo venditori di metano. Come ricordavamo ieri, Oslo sta registrando un utile mai visto prima e il fondo sovrano in cui finiscono gli introiti trabocca di liquidità, che viene investita comprando azioni di tutto il mondo, con il risultato che la Norvegia già possiede il 3 per cento delle società quotate a livello globale e, ai prezzi attuali, cioè dopo i tracolli dovuti alla crisi e alla guerra, provvederà certamente a comprare altri titoli e per di più al ribasso.Ora, nessuno dice che non sia giusto difendere gli ucraini e fermare l’arroganza russa, però, siccome le guerre non si combattono solo con i fucili, ma come abbiamo visto pure con le sanzioni, chi si picca di guidare un Paese o, addirittura, una comunità di Paesi, forse avrebbe dovuto pensare che alle misure contro la Russia, Putin avrebbe reagito con delle contromisure. E quali provvedimenti avrebbe potuto varare contro l’Occidente se non una riduzione delle forniture di gas da cui dipende la maggior parte dei Paesi europei? Lo zar russo sapeva che chiudendo il rubinetto del metano avrebbe messo in ginocchio l’economia del vecchio continente, e come ne era a conoscenza lui non potevano non esserlo i cervelloni di Bruxelles. I quali però sono andati avanti sostenendo l’Ucraina senza se e senza ma, non badando alle conseguenze.Un signore che se ne intende, ossia Paolo Scaroni, che prima di guidare il Milan è stato amministratore delegato dell’Enel e dell’Eni e dunque in materia di energia sa il fatto suo, dice che prima di varare le sanzioni avremmo dovuto parlare con i nostri alleati che producono gas, ovvero Usa, Canada, Olanda e Norvegia, e pretendere non che pagassero le nostre spese, ma per lo meno che non lucrassero sui nostri guai. Invece no, ci siamo imbarcati in una guerra senza calcolare gli effetti e senza esigere che chi combatteva al nostro fianco per lo meno non ci sparasse nella schiena.Scaroni prevede che sarà lunga e dura, perché sostituire miliardi di metri cubi di metano russo, soprattutto ora che i gasdotti sono saltati, non sarà né facile né immediato. Dunque gli europei, ma a noi interessano soprattutto gli italiani, dovranno rassegnarsi a fare i conti con le bollette alle stelle e con una crisi energetica. Dovremo consumare di meno, ma ridurre i consumi elettrici significa ridurre la produzione e quindi rischiamo di fare come il cane che si mangia la coda. Scaroni prevede che il tetto al prezzo del gas non ci sarà, ma questo noi lo diciamo da mesi e forse con qualche ragione. In compenso, ci sarà la Germania che ci farà concorrenza con un prezzo dell’energia più basso del nostro.Quindi, se non siamo masochisti e non vogliamo prenderlo in saccoccia, c’è solo una soluzione: negoziare con i nostri cosiddetti «alleati» per limitare i danni.