
Mentre il padre era il vice di Obama, Hunter nel 2014 intrecciava opachi legami con la Cina attraverso il fondo Bhr. Ad aiutarlo era Jim Bulger, parente di Whitey, noto criminale. Guai per Hillary: a processo per il Russiagate anche Sussmann, il suo ex legale.Che gli affari di Hunter Biden siano significativamente controversi, non è più una novità. Continuano tuttavia a emergere «dettagli» interessanti. Fox News ha riferito ieri che ad aiutare il figlio dell’attuale presidente a intrattenere opachi collegamenti con il governo cinese è stato il suo socio Jim Bulger: nipote del noto gangster Whitey Bulger, morto nel 2018 mentre scontava un ergastolo per undici omicidi. Il padre di Jim, William, è stato presidente dem del Senato del Massachusetts e, molto vicino a John Kerry, fu criticato per le sue posizioni evasive sul fratello latitante: un comportamento che lo costrinse a dimettersi da presidente dell’Università del Massachusetts nel 2003. Ora, Jim e Hunter avevano unito le forze per costituire Bhr: fondo di investimenti controllato da Bank of China e il cui Ceo era il businessman cinese Jonathan Li. Ebbene, in un’email datata 27 gennaio 2014, Jim proponeva a Hunter «un incontro con l’ambasciatore cinese a Washington per parlare del fondo». In un’altra email a Hunter, risalente al 23 maggio 2014, il nipote del gangster insisteva sulla «firma di un contratto di investimento con Gouxin o Boc o Picc». Secondo Fox News, per «Boc» si intende probabilmente Bank of China, mentre per «Picc» il riferimento sarebbe alla People's insurance company of China: due enti che, neanche a dirlo, ricadono sotto il controllo del governo cinese. Piccola notazione: nel 2014, Joe Biden era vicepresidente degli Stati Uniti. È normale che il figlio intrattenesse simile legami con la Repubblica popolare? Tanto più che Hunter aveva ottenuto dalle autorità di Shanghai la licenza per costituire Bhr pochi giorni dopo aver accompagnato suo padre in una visita ufficiale a Pechino nel dicembre 2013. Non solo: è infatti stato rivelato che a febbraio 2017 Biden aveva scritto, su richiesta di Hunter, una lettera di presentazione al figlio di Li per l’ammissione alla Brown University. Il che sconfessa la posizione dell’attuale presidente, che ha sempre detto di non essersi mai occupato degli affari di suo figlio. D’altronde, che questa versione facesse acqua era già stato dimostrato dal New York Post nel 2020, quando fu pubblicata un’e-mail, risalente ad aprile 2015, in cui Vadym Pozharskyi ringraziava Hunter per avergli organizzato un incontro a Washington col padre. Ricordiamo che Pozharskyi era un alto dirigente di Burisma, la controversa società ucraina in cui Hunter era entrato ad aprile 2014: nelle stesse settimane in cui, cioè, Joe Biden riceveva da Obama le deleghe per occuparsi della politica ucraina. Sarà un caso, ma proprio Joe premette sull’allora presidente ucraino, Petro Poroshenko, per ottenere il siluramento del procuratore generale Viktor Shokin: figura chiacchierata, sì, ma che aveva tuttavia anche indagato su Burisma per corruzione. Strano anche che, sempre nel 2014, Hunter raccogliesse milioni di dollari per un appaltatore del Pentagono come Metabiota: società che - tramite lo stesso Hunter - aveva altresì avviato un’opaca partnership con Burisma in Ucraina. Inoltre, nonostante Mosca oggi accusi Hunter di essere coinvolto in presunte attività di sviluppo di armi biologiche in territorio ucraino, si intravede anche una «pista russa» negli affari del figlio di Biden. Il Wall Street Journal ha confermato che nel 2014 Rosemont Seneca (società co-fondata da Hunter) ricevette oltre 142.000 dollari da Kenes Rakishev: oligarca kazako che, secondo Le Media, risulterebbe amico intimo del leader ceceno Ramzan Kadyrov (che è un ferreo sostenitore di Vladimir Putin). Il Washington Post ha inoltre rivelato che Hunter ha ricevuto 4,8 milioni di dollari dall’allora colosso cinese Cfec: realtà che vantava legami con l’Esercito popolare di liberazione e con lo stesso Cremlino. Infine, quando Trump - sulla base di un rapporto investigativo dei senatori repubblicani - accusò Hunter a ottobre 2020 di aver preso 3,5 milioni di dollari dalla moglie dell’ex sindaco di Mosca, il figlio dell’attuale presidente americano fu difeso da Putin in persona, che negò di essere a conoscenza di sue attività criminali in Ucraina e in Russia. Gli accaniti sostenitori del Russiagate contro Trump non hanno nulla da dire oggi su queste strane circostanze? Frattanto, mentre i deputati repubblicani hanno chiesto al Dipartimento di Giustizia di essere aggiornati in riferimento all’inchiesta penale in corso su Hunter, cattive notizie arrivano anche per Hillary Clinton. L’altro ieri, il giudice Christopher Cooper ha respinto la richiesta del suo ex avvocato, Michael Sussmann, di bloccare il processo che il procuratore speciale John Durham sta istruendo contro di lui. In particolare, Durham ha accusato Sussmann di aver mentito all’Fbi quando, nel settembre 2016, non informò il Bureau di essere a libro paga della Clinton, mentre riferiva agli agenti l’esistenza di presunti legami tra Trump e l’istituto finanziario russo Alfa Bank (legami che, per inciso, si rivelarono successivamente infondati). Un brutto colpo per Hillary quindi. Il processo a Sussmann si aprirà infatti il mese prossimo, mentre sembra proprio che l’indagine di Durham non sia campata in aria come dice qualcuno (tra l’altro il giudice Cooper non è tacciabile di essere filo-repubblicano, visto che è stato nominato da Obama nel 2013). Come nel caso di Hunter, anche qui ci sono ripercussioni potenzialmente esplosive per la Casa Bianca. A cavalcare l’infondata storia di Alfa Bank nel 2016 non fu infatti solo Hillary ma anche Jake Sullivan: ex stretto collaboratore dell’allora candidata dem e attuale consigliere per la sicurezza nazionale di Biden. Un Biden che forse non dorme sonni troppo tranquilli.
Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».
Al centro Joseph Shaw
Il filosofo britannico: «Gli islamici vengono usati per silenziare i cristiani nella sfera pubblica, ma non sono loro a chiederlo».
Joseph Shaw è un filosofo cattolico britannico, presidente della Latin Mass Society, realtà nata per tramandare la liturgia della messa tradizionale (pre Vaticano II) in Inghilterra e Galles.
Dottor Shaw, nel Regno Unito alcune persone sono state arrestate per aver pregato fuori dalle cliniche abortive. Crede che stiate diventando un Paese anticristiano?
«Senza dubbio negli ultimi decenni c’è stato un tentativo concertato di escludere le espressioni del cristianesimo dalla sfera pubblica. Un esempio è l’attacco alla vita dei non nati, ma anche il tentativo di soffocare qualsiasi risposta cristiana a tale fenomeno. Questi arresti quasi mai sono legalmente giustificati: in genere le persone vengono rilasciate senza accuse. La polizia va oltre la legge, anche se la stessa legge è già piuttosto draconiana e ingiusta. In realtà, preferiscono evitare che questi temi emergano in un’aula giudiziaria pubblica, e questo è interessante. Ovviamente non si tratta di singoli agenti: la polizia è guidata da varie istituzioni, che forniscono linee guida e altro. Ora siamo nel pieno di un dibattito in Parlamento sull’eutanasia. I sostenitori dicono esplicitamente: “L’opposizione viene tutta dai cristiani, quindi dovrebbe essere ignorata”, come se i cristiani non avessero diritto di parola nel processo democratico. In tutto il Paese c’è la percezione che il cristianesimo sia qualcosa di negativo, da spazzare via. Certo, è solo una parte dell’opinione pubblica, non la maggioranza. Ma è qualcosa che si nota nella classe politica, non universalmente, tra gli attori importanti».






