2022-04-11
Nella giustizia «liberale» domina l’ipocrisia
Dominique Strauss-Kahn, ex direttore del Fondo monetario internazionale (Ansa)
I regimi autoritari hanno norme discriminatorie, ma lo dicono apertamente assumendosene la responsabilità. Noi no, applichiamo la stessa regola di due pesi e due misure ma fingendo equanimità. E il motto «la legge è uguale per tutti» diventa una tragica beffa.Tra i vizi più sgradevoli della nostra epoca, ma forse il termine corretto sarebbe indecenti, c’è la completa perdita del senso di giustizia, più pudicamente detto doppiopesismo. Il fatto che lo stesso episodio sia giudicato in maniera completamente diversa a seconda di chi lo compie è caratteristica di tutta la storia umana. Il padrone poteva picchiare e umiliare il servo, non succedeva il contrario. I nobili potevano prendersi delle libertà sulle figlie del popolo senza subire nessuna delle punizioni che avrebbero travolto i figli del popolo se si fossero permessi qualcosa di analogo sulle figlie della nobiltà.I nobili avevano diritti che i poveri non avevano. Questa era la regola, e dato che era regola giuridica, ci si risparmiava tutta la propaganda. La legge stabiliva due pesi e due misure, oppure innumerevoli pesi e innumerevoli misure, come per le caste in India. Noi invece abbiamo interiorizzato che pare brutto. «La legge è uguale per tutti», è scritto nelle aule di tribunale dove periodicamente mi processano. La battuta è vecchia ma fa sempre sorridere. Dato però che noi siamo «migliori» dei nostri antenati, ufficialmente divisi in nobili e plebe, le violazioni della regola della giustizia uguale per tutti vengono accompagnate da un terrificante battage pubblicitario che spiega quanto scientificamente sia cattivo il colpevole antipatico. In parole povere: i dispotismi scrivono virilmente l’ingiustizia nella legge. Non è bello, ma se ne assumono la responsabilità. Le cosiddette democrazie fingono equanimità, e applicano invece il controllo dell’opinione pubblica, manovrata da un linciaggio mediatico che demonizza il reprobo.Pochi giorni fa una giovane donna italiana è stata stuprata in un cimitero da un cittadino di origine nigeriana che era già stato incriminato per un reato identico, tutto questo nella serenità generale. È uno stupro di gravità alta, perché si è accompagnato alla paura di essere ferita o soppressa, ed è stato aggravato da percosse. A nessuno è importato un accidente. Secondo il Viminale, il 39% delle violenze è compiuto da uomini stranieri, che sono meno del 9 % della popolazione. Una situazione che accomuna l’Italia ad altri Paesi europei. Come ha dimostrato Laurent Obertone nel saggio France Orange mécanique, si tratta di aggressioni spesso accompagnate da lesioni anche gravi, che hanno la violenza dello stupro etnico. Nel capodanno 2022 in Italia, come a Colonia nel 2016, cittadini di origine extraeuropea, spesso teoricamente europei da una o più generazioni, hanno commesso atti riconducibili allo stupro etnico (più odio, più disprezzo, più aggressioni di gruppo, più ferocia, più lesioni) che non alla criminalità individuale. A questa criminalità si è aggiunta quella della mafia ucraina: la stazione radiofonica francese Radio classique riferisce un vertiginoso aumento di prostituzione di donne e bambini non sempre, come dire, consenzienti, insieme con un traffico d’organi anche questo con un consenso molto dubbio dei donatori. È notevole la mancanza di indignazione. Nel mondo occidentale non usiamo la censura, è una cafonata. Come ci aveva già spiegato Aleksandr Isaevič Solženicyn nello straordinario discorso tenuto ad Harvard nel 1978, il mondo capitalista come quello comunista ha escluso Dio, quindi ha escluso la giustizia e la bellezza. Le notizie sgradite sono signorilmente ignorate, seppellite da tonnellate di notizie insulse, come l’ultimo vestito delle influencer o lo schiaffo alla serata degli Oscar, e scompaiono. Nell’imperdibile libro Femminismo da non credere, Bruno Etzi ricorda il caso di Dominique Strauss-Kahn, l’economista e uomo politico francese, ex direttore del Fondo monetario internazionale. Mentre era in procinto di partire per Berlino, dove avrebbe proposto ad Angela Merkel un piano per salvare la Grecia dal tracollo finanziario, Strauss-Kahn fu arrestato per stupro.L’affermazione di molte femministe, secondo cui soltanto il 2% delle accuse di stupro potrebbero essere false, è contraddetta dai rapporti della polizia Usa che parlano di oltre il 40% del totale delle denunce. Il 14 maggio 2011 Strauss-Kahn fu arrestato con l’accusa di stupro. Come spiega Etzi, «il circo mediatico individuò ex abrupto nel politico francese (maschio, bianco, ricco, potente) il simbolo delle diuturne violenze esercitate sulle donne dai maschi occidentali. Per alcuni il tracollo della Grecia e l’impoverimento di milioni di persone era una quisquilia rispetto alla possibilità di colpire un importante maschilista erotomane. La presunzione di innocenza lasciò presto il posto a quella di colpevolezza. Strauss-Kahn, accusato da una donna definita “mitomane” dallo stesso procuratore americano, fu sottoposto a un brutale linciaggio mediatico con il triste contributo anche di alcune femministe italiane». Strauss-Kahn era stato arrestato senza alcuna verifica né testimoni, sottoposto a degradanti perquisizioni, fotografato nudo e costretto a fornire campioni per le indagini. Il ruolo di direttore del Fondo monetario internazionale, con cui si possono taglieggiare le nazioni povere in favore di quelle ricche, fu assegnato a una donna, Christine Lagarde. Il femminismo ideologico aveva trionfato. Gli inquirenti avevano intercettato una telefonata dell’accusatrice in cui discuteva dei vantaggi che potevano derivare dalla denuncia. Le numerose bugie della donna spinsero la procura di New York a rilasciare Strauss-Kahn e, il 23 agosto 2011, tutte le accuse furono archiviate. La scrittrice Lidia Ravera si mostrò profondamente dispiaciuta dall’esito dell’affaire. Fu ancora più esplicita la giornalista Caterina Soffici: «Io credo che nel nostro mondo imperfetto, se una percentuale di errore è ineliminabile dal sistema, è preferibile che un presunto stupratore con precedenti di molestie e notorio puttaniere finisca dietro le sbarre per un errore giudiziario piuttosto che un presunto reato di stupro rimanga per errore impunito». Tesi mostruosa che diventa ancora più mostruosa davanti all’assoluto silenzio, ma il termine corretto è indifferenza, per una donna stuprata con molta violenza e quindi con molta paura e moltissimo dolore in un cimitero, senza una parola per le donne aggredite a Capodanno. Nella civilissima Svezia, governata da un governo di donne, gli stupri sono circa 20 al giorno, più della metà dei quali compiuti da cittadini di origine extraeuropea. Dato che gli stupri sono difficili da denunciare, sospettiamo che il loro numero sia più alto. A Deje, nella Svezia centrale, nel 2015 un cittadino afgano ha aggredito e accoltellato in un tentativo di stupro la signora Mikaela Blixt, mentre camminava in pieno giorno. La Blixt è riuscita a scappare e a fare ritorno a casa, scioccata e sanguinante, dove ha cercato di denunciare l’accaduto alla polizia. I tentativi si sono dimostrati pressoché impossibili: non si trattava di un’emergenza perché l’aggressione era finita e il numero di non emergenza era sempre occupato.Il giorno successivo la donna si è recata alla stazione di polizia della città vicina dove, 24 ore dopo l’aggressione, gli agenti hanno finalmente raccolto la segnalazione. Dopo essersi recata dalle forze dell’ordine, la signora Blixt ha trovato le prove della sua aggressione sessuale all’esterno del centro di accoglienza per migranti, dove erano appesi ad asciugare i pantaloni lavati dell’aggressore, che avevano ancora tracce del sangue della donna, ma la polizia quel giorno non ha avuto tempo e il giorno dopo i pantaloni erano spariti. La signora Blixt ha descritto la sua esperienza su una pagina Facebook della comunità locale, ha ottenuto migliaia di condivisioni, ed è stata ammonita dalla polizia, che è accorsa in forze quando un’ottantina di cittadini ha partecipato a una manifestazione pacifica di solidarietà nei confronti della Blixt e «contro la violenza». Una settimana dopo l’aggressione alla Blixt, tre donne della vicina città di Karlstad sono state violentate. Dato quanto sopra, alcuni complottisti di basso rango sostengono che ci fosse una precisa volontà di non salvare la Grecia e che ci sia un preciso piano di sostituzione etnica in Europa. Per gli eventuali interessati, tengo corsi di complottismo per dilettanti. Se ne avete la possibilità, fate un corso di autodifesa.