2020-07-23
Giuseppi va a incensarsi alle Camere. E Renzi aizza l’applauso alla Merkel
Matteo Renzi (Antonio Masiello/Getty Images)
Il premier si blinda con i suoi. Il Carroccio attacca, anche Fdi passa alla linea dura.Applausi, applausi frenetici, di mattina al Senato e di pomeriggio alla Camera, tributati a Giuseppe Conte dalla sua maggioranza, prim'ancora degli interventi del premier. Lui finge di schermirsi, tiene pretescamente le mani giunte, indossa la mascherina fino all'ultimo istante prima di parlare, ma - body language veterodemocristiano a parte - non riesce a nascondere l'aria compiaciuta del vincitore che torna a godersi il trionfo. Casuale oppure studiato dalla furba regia di Rocco Casalino, il copione sembra quello di un generale romano reduce da una battaglia: peccato - ma questo è un «dettaglio» che pochi hanno evidenziato nelle due Aule - che in questo caso il «conquistatore» sia stato conquistato, cioè si sia consegnato mani e piedi ai vincoli e alle condizionalità dell'accordo maturato a Bruxelles. Ma a chi lo festeggia questo importa poco: ai peones della maggioranza interessa solo la speranza di allungare la legislatura, allontanando lo spauracchio delle elezioni. E per questo Conte era e resta il loro campione. Lui, il premier in cerca di gravitas, prova a volare alto: «L'intesa raggiunta rappresenta senza dubbio un passaggio fondamentale, l'Ue è stata all'altezza della sua storia». E poi ancora autocompiacimento: «Ci sono stati dei momenti in cui la rigidità delle differenti posizioni sembrava insuperabile. Ma anche in quei momenti continuava a maturare la consapevolezza di un profondo senso di responsabilità. Non potevamo fallire, accedere a un mediocre compromesso o rinviare la soluzione. Il risultato non appartiene ai singoli, neppure a chi vi parla, al governo. Appartiene all'Italia intera». A seguire, un tentativo di infilarsi nelle divisioni dell'opposizione, implicitamente blandendo Fi e Fdi e ringraziando quelle forze che «pur nella diversità hanno capito l'interesse nazionale». E in conclusione un passaggio perfino scontato, eppure presentato come una gran concessione alle Camere: «Il piano della ripresa sarà un lavoro collettivo, ci confronteremo con il Parlamento».E la sua maggioranza? I grillini sembrano solo preoccupati (alla Camera con Andrea Crippa e al Senato con lo zazzeruto Gianluca Perilli) di allontanare lo spettro del Mes («strumento ormai superato», dicono), pur negando a sé stessi di aver accettato un Mes extralarge, visti i vincoli del Recovery fund. Di tenore opposto le richieste del terzetto Pierferdinando Casini-Emma Bonino-Matteo Renzi, intervenuti proprio per invocare il ricorso al Mes, e rendere ancora più immediato ed effettivo il commissariamento da parte di Bruxelles. Significativo, nell'intervento di Renzi (che ammette come il Recovery fund ponga perfino più condizioni di quelle del Mes, però propizia un applauso dei colleghi di maggioranza ad Angela Merkel), l'accantonamento di qualunque distinguo: il capo del Giglio tragico è ormai schierato a corpo morto con Conte, e sembra aver abbandonato qualunque ipotesi di cambio di governo («Lei è stato bravo e noi gliene diamo atto e se questa è la strada noi saremo al suo fianco e di chi sceglierà sempre l'Europa«). Anche il Pd si mostra totalmente schiacciato su Conte (alla Camera con Graziano Delrio, che in più evoca la necessità del ricorso al Mes), fino a punte surreali, come l'intervento al Senato di Andrea Marcucci, che si spinge a proporre di considerare questa occasione una «giornata di festa». Si tratta solo di comunicarlo alle imprese in crisi di liquidità e sull'orlo del fallimento.E le opposizioni? Per ciò che riguarda la Lega, va segnalata l'aggressività e l'intolleranza della maggioranza al Senato nei confronti di Matteo Salvini, sistematicamente interrotto già alle battute iniziali del suo intervento («Noi abbiamo ascoltato in religioso silenzio. Ora lasciate parlare chi è maggioranza nel Paese», è stata la replica di Salvini). Oltre al leader leghista, una posizione nettamente contraria al compromesso raggiunto a Bruxelles è stata espressa a Palazzo Madama da Alberto Bagnai e a Montecitorio da Riccardo Molinari.Com'era prevedibile, molto morbida la posizione verso il governo di Fi, che però non ha fatto esporre le sue prime linee, schierando al Senato Gilberto Pichetto («Forza Italia apprezza il risultato raggiunto e lei ha fatto il suo dovere») e alla Camera Valentino Valentini (nel suo intervento un passaggio pro Mes e la richiesta di una Bicamerale per stendere il piano di riforme). Attesa infine per gli interventi di Fdi, dopo quelle che il giorno prima erano parse parole di parziale apertura da parte di Giorgia Meloni. Ma ieri sia Daniela Santanchè al Senato, sia Francesco Lollobrigida alla Camera, non hanno lasciato spazio a equivoci, ribadendo opposizione netta.