2019-07-19
Giuramenti col fuoco e bibbia malavitosa. Smantellata cosca della mafia nigeriana
Blitz contro il clan Maphite: gestiscono droga, frodi e squillo seguendo un manuale. La polizia: «Si ispirano alle 'ndrine». Il tabù è rotto: la mafia nigeriana esiste, agisce da anni sul nostro territorio con tanto di famiglie, faide e vademecum criminale. Come se non bastasse, molti degli affiliati sono richiedenti asilo, cui l'asilo è pure stato concesso. A sancire la scomoda verità è l'inchiesta «Burning Flame» che ieri - con 500 agenti impiegati nelle operazioni - ha smantellato un'associazione criminale, composta da affiliati nigeriani, «di tipo mafioso da anni insediata in Emilia Romagna per gestire il mercato dello spaccio, della prostituzione e della contraffazione di carte di credito», con una organizzazione capillare e strutturata attiva da Torino a Bologna, in particolare a Parma, Reggio Emilia, Modena, Bergamo e Verona. Sono 35 i provvedimenti di fermo, 32 le perquisizioni domiciliari e 50 gli indagati. L'inchiesta era partita nel 2017 dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia e ha portato alla luce il radicamento nell'Italia settentrionale di quello che all'interno della comunità nigeriana viene denominato «cult Maphite» (culto Maphite), un clan meno noto di altri (come Eye e Black Axe, già al centro di inchieste) ma talmente violento e pervasivo da essere stato dichiarato fuorilegge persino dalle autorità nigeriane. L'organizzazione Maphite (Maximum Academic Performance Highly Intellectuals Train Executioner) si è consolidata negli anni Novanta in Nigeria come confraternita, è strutturata in modo verticistico, sul modello della mafia italiana, ed è diffusa in numerose nazioni sotto il nome di Green Circuit Association, con tanto di associazioni regolarmente registrate, come ad esempio la Gca Charity Italia, comparsa a Bologna nel 2012, i cui fondatori sono tra gli attuali indagati. La struttura di comando è organizzata in modo rigido: al vertice si trova la figura del «don» (il capo), che impartisce ordini e direttive. Alle sue dirette dipendenze ci sono il «deputy don» (vicecapo), il «fire» (addetto alla diffusione di ordini), il «main chief» (addetto alla difesa) e lo «checker» (tesoriere). È il comitato esecutivo regionale, denominato Cic (Coordinator in Council) a eseguire gli ordini così come impartiti da un coordinatore, che gestisce un'unità operativa provinciale, la quale agisce sugli affiliati di una determinata città. A codificare le regole di comportamento da tenere per i diversi gradi è un manuale, denominato Green Bible (Bibbia Verde), in possesso del capo in carica. I nuovi membri vengono affiliati secondo precisi rituali - fra i quali figura anche una prova col fuoco - e per chi tradisce sono previste violente punizioni corporali, anche mortali. La mutua assistenza tra i membri dell'associazione è garantita per chi mantiene la segretezza del sodalizio. La Green Bible, acquisita a Roma nel 2018, ha svelato alle autorità l'ambito d'azione dei Maphite: «Si occupano di droga, contract killing, prostituzione, rapine su larga scala e armi». Dediti principalmente all'attività di spaccio nelle piazze di Bologna, Modena e Parma, i membri del clan non disdegnano l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronico contraffatti per l'acquisto di merce online e spesso balzano agli onori delle cronache per violentissimi scontri con fazioni avverse per il predominio territoriale. «È la prima volta in Emilia Romagna, e una delle prime in Italia, che viene contestata l'associazione di tipo mafioso a una organizzazione nigeriana», evidentemente «dotata di una struttura verticistica e di un organigramma che emula le nostre organizzazioni criminali, come la mafia siciliana e la 'ndrangheta», ha spiegato il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato. «L'eroina gialla che in questi mesi ha creato grossi problemi per la salute pubblica e decessi per overdose è un prodotto che viene introdotto sul mercato proprio dalle associazioni criminali nigeriane». Oltre alla droga «le quattro famiglie nigeriane del cult Maphite si sono specializzate nel controllo della prostituzione, spesso legata a una vera e propria tratta di schiave», ha precisato Amato. L'inchiesta ha anche svelato il legame con l'immigrazione clandestina in Italia. Tra gli arrestati non mancano infatti i richiedenti asilo - compresi quelli regolari - in Italia con permesso di soggiorno umanitari. A Parma, per esempio, è finito agli arresti un nigeriano di 31 anni con permesso di soggiorno da richiedente asilo, senza precedenti e attivo con la carica di «fire» (annunciatore). Provvedeva a «diffondere agli altri affiliati le notizie relative alle riunioni dell'associazione oltre a partecipare alle nuove affiliazioni e alle punizioni corporali inflitte in caso di violazione delle regole interne». Insieme a lui è finito in manette anche un ventitreenne, anch'egli in possesso di regolare permesso di soggiorno come richiedente asilo e privo di precedenti penali.«Maxioperazione contro la mafia nigeriana, alla faccia di chi ne negava l'esistenza» ha twittato il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ringraziando le forze dell'ordine e gli inquirenti. «Non abbiamo bisogno di questo tipo di immigrazione. Porti chiusi, galere aperte».