2020-01-14
Vacilla Marco Mancinetti, il giudice ago della bilancia al Csm
Il magistrato, sospettato di aver chiesto a Luca Palamara di far entrare il figlio alla facoltà di medicina, faceva la morale ai colleghi: «Dobbiamo accettare limitazioni alla vita privata per la nostra indipendenza».Appena un anno fa il giudice Marco Mancinetti era prodigo di suggerimenti su come comportarsi da «hombre vertical». Oggi, invece, che il consigliere togato del Csm potrebbe dare dimostrazione pratica dei suoi precetti che cosa fa? Prosegue lo sciopero della parola di fatto smentendo sé stesso e dando fuoco alle polveri della mailing list dell'Anm, il sindacato delle toghe. Il tutto perché, ormai da giorni, evita di dare spiegazioni sul presunto aiutino che avrebbe ottenuto dall'allora membro del Csm Luca Palamara (suo ex compagno di Unicost, indagato per corruzione a Perugia) per permettere al figlio Enrico Maria di superare il test di medicina in Albania dopo che il giovanotto, all'epoca ventitreenne, era arrivato 3820° ai quiz dell'università Cattolica di Milano. Come i lettori ricorderanno, in un'intercettazione Palamara sostenne di essersi adoperato presso l'ex rettore di Tor Vergata Giuseppe Novelli e di essere stato accompagnato dalla ex moglie di Mancinetti, Annamaria Soldi. Di fronte a quelle conversazioni qualche toga pensa non si possa ritenere colpevole Mancinetti perché «è accusato da una sola persona e per giunta di dubbia moralità», ma chi ha potuto visionare i Whatsapp tra i due amici magistrati, compreso quello con il numero di matricola del figlio studente, commenta con la Verità: «Sono messaggi molto chiari».PerugiaA Palazzo dei Marescialli, Mancinetti è componente titolare della sezione Disciplinare (quella che si occupa delle violazioni delle toghe) e membro della quinta commissione (che decide sugli incarichi direttivi e semidirettivi). Il suo parere, essendo giudice penale del distretto di Roma (in commissione è l'unico, a parte un giudice del lavoro transitato in Cassazione), sarà molto importante per la scelta del nuovo procuratore della città eterna. Molti magistrati ricordano che Mancinetti è stato per anni amico fraterno di Palamara sino alle prime indiscrezioni sul fascicolo che la Procura di Roma aveva aperto sul conto del pm e inviato a Perugia, dove rimase senza indagati per circa sei mesi, sino a fine 2018. Un procedimento che nell'ufficio giudiziario capitolino conoscevano in tanti e che qualcuno avrebbe usato per fermare la corsa da aggiunto di Palamara. Il quale in un'intercettazione allude a presunte spifferate sul fascicolo che avrebbe ricevuto da Mancinetti, e non solo: «Se mi chiama qualcuno in prima commissione devo dire: “Signori, voi mi chiamate qui... io purtroppo questa storia (inchiesta di Perugia, ndr)... ve la dico oggi... la so da un anno e mezzo tanto è vero che... inizio da Mancinetti e Ardituro... andava in giro dicendo che io non potevo fare il procuratore aggiunto perché chissà cosa arrivava in Perugia"» disse. Per poi aggiungere: «Se io vado a fa' 'ste dichiarazioni (al Csm, ndr) saltano in aria». Addirittura, nel settembre 2018, un quotidiano, alla vigilia della nomina del vicepresidente del Csm David Ermini, sostenuto dallo stesso Palamara, pubblicò la notizia del fascicolo «che potrebbe imbarazzare il magistrato […] favorevole a Ermini». Ma nonostante «i veleni last minute», come li definì lo stesso giornale, l'accordo non saltò.A dicembre 2018 Palamara venne iscritto sul registro degli indagati a Perugia e a gennaio Mancinetti andò a presenziare all'apertura dell'anno giudiziario proprio nel capoluogo umbro in quota Csm. E qui si lanciò in una filippica che oggi è il più classico dei boomerang. «Non è possibile demandare ogni risposta al processo penale o a quello disciplinare», avvisò, «Ci sono una serie di condotte che offuscano l'immagine dei magistrati e minano la fiducia che i cittadini nutrono nei confronti dell'ordine giudiziario. L'indipendenza della magistratura non è solamente una prerogativa dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali […] L'indipendenza del magistrato riguarda anche i suoi comportamenti esterni. Il magistrato deve accettare una serie di limitazioni alla sua vita privata, per difendere e manifestare ogni giorno la sua indipendenza. La questione morale investe anche le condotte antecedenti agli illeciti, le cosiddette frequentazioni precorruttive». Giusto. Peccato che Mancinetti, da giorni, preferisca non rispondere alle legittime domande dei cronisti e fugare le ombre che quell'intercettazione ha gettato sulla sua indipendenza.Peraltro, il discorso umbro è riecheggiato pure nella mailing list dell'Anm dove il giudice milanese Mario Morra si è chiesto un po' provocatoriamente «ma, seriamente, può non dire nulla sulla vicenda chi, all'inaugurazione dell'anno giudiziario di Perugia un anno fa, diceva questo» e ha allegato un link dell'agenzia di stampa Askanews sulla visita umbra del consigliere di Palazzo dei Marescialli. Altrettanto puntuta è stata la requisitoria di Felice Lima, giudice civile con un passato da arrembante pm antimafia a Catania che fu tra i pochissimi a voler mettere le mani nell'esplosiva informativa Mafia appalti del Ros nata sulla scorta delle dichiarazioni del pentito Angelo Siino, l'ex «ministro dei Lavori pubblici» di Cosa nostra, e del geometra Giuseppe Lipera. Lima ha attaccato frontalmente «la meglio intellighentia della corporazione […] impegnatissima a discutere della Polonia, delle condizioni di vita dei koala, dei grassi idrogenati nelle mense aziendali e di altri drammi scelti a caso con l'unico criterio dell'essere lontanissimi dalla concretezza della pratica giudiziaria italiana». Anche lui, come altri colleghi in precedenza, è convinto che il silenzio «equivale ad ammissione di quel fatto o di ignote situazioni che impediscono una presa di posizione e, dunque, impone le dimissioni». L'analisi di Lima è addirittura eziologica: «Tutti sanno perché nessuno si azzarda a smentire Palamara e neppure a farlo incazzare, usando parole troppo dirette e chiare nei suoi confronti: erano tutti amiconi e soci di Palamara, con cui hanno fatto insieme tante cose. E lui ci ha tenuto a dire pubblicamente che se le ricorda tutte, insieme ai nomi degli autori», si legge ancora nella mail. talebano«Dunque, la linea è quella di una generica indignazione alcuni mesi fa, seguita dal silenzio su tutta la vicenda in attesa di poterci mettere una bella pietra sopra senza che nessuno si faccia troppo male». Un climax che il giudice catanese conclude così: «Non si tratta di condannare o assolvere nessuno, ma di esigere […] trasparenza». Lima si firma con il nome e l'epiteto guadagnato sul campo di «Talebano». Un giudice sicuramente più coerente di alcuni consiglieri del Csm, duri e puri a giorni alterni.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)