2021-04-24
Anche per i giudici con il Covid bastano tachipirina e attesa
Sospesa l'ordinanza del Tar che annulla il protocollo Aifa: «I medici possono scegliere». Calpestato il voto del Senato.In bilico il Salone del Mobile 2021. Il Mise: «Essenziale sforzo del governo per garantire la realizzazione dell'evento».Lo speciale contiene due articoli.«Tachipirina e vigile attesa». A oltranza. Che fretta c'è, del resto, a svuotare gli ospedali? In nome della Repubblica italiana, ieri il Consiglio di Stato ha così accolto il ricorso del ministero della Salute contro le cure domiciliari. Vade retro antinfiammatori, cortisone ed eparina. Tutti i farmaci che, come dimostrano illustri studi e vagonate di esperti, eviterebbero molti ricoveri e l'aggravarsi della malattia. Le indicazioni dell'Aifa risalgono ormai allo scorso 9 dicembre. Ma rimangono comunque incise nella pietra: «Tachipirina e vigile attesa», appunto. L'ultimo colpo di scalpello l'hanno dato i giudici, sollecitati da Roberto Speranza, uno che non ha certo bisogno di presentazioni. È stato proprio il ministero della Salute a ricorrere contro un'ordinanza del Tar laziale, che aveva sospeso quel misero protocollo, come chiesto dal Comitato cura domiciliare, creato dall'avvocato Erich Grimaldi. Il Consiglio di stato adesso ricorda che la nota dell'Aifa «non pregiudica l'autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza della terapia ritenuta più opportuna». Insomma: teoricamente, si può anche evitare di seguire le linee guida, che però rimangono in vigore. E non devono «venir meno». «Tutti tenderanno a non discostarsi da quelle indicazioni» spiega però Grimaldi. «Perché mai qualcuno dovrebbe rischiare?».I giudici amministrativi del Lazio erano stati di opposto avviso: i medici possono «prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza». Anche perché la pandemia corre. E l'attesa di cure adeguate è «potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi». Meglio prevenire, insomma. Invece, indispettito, Speranza ha chiesto ai giudici di ribaltare la sentenza. Tempestività? Prevenzione? Giammai. D'altronde il ministro continua affannosamente a rincorrere il virus, accumulando errori e ritardi: dalle serrate a oltranza al dilettantesco piano vaccinale. Eppure, stavolta sono d'accordo pressoché tutti. Il Senato ha già votato all'unanimità un ordine del giorno. Chiede di definire un nuovo protocollo unico nazionale per la gestione domiciliare. Pure il sottosegretario alla Salute, Pier Paolo Sileri, ha dato parere favorevole. Bisogna allentare la pressione sugli ospedali. E riprendere interventi rimandati a causa del virus. Invece, il ministro pensa a garbugli e ricorsi. Bollettino di ieri: 342 decessi e 21.440 ricoveri. Quanti avremmo potuto evitarne grazie a cure domestiche adeguate? Un mese fa Giuseppe Remuzzi, che guida l'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, ha anticipato i risultati di uno studio sull'uso degli antinfiammatori proprio nelle terapie domestiche. Niente metodo Aifa: Tachipirina, accompagnata da calma e gesso. Prima ancora dell'esito del tampone, alla comparsa dei primi sintomi, sono stati invece somministrati farmaci come Nimesulid, Celecoxib, cortisone. Ed, eventualmente, eparina. Remuzzi e i suoi hanno dunque messo a confronto metodo ufficiale e sperimentale: 90 pazienti trattati da loro contro altrettanti a cui è stato applicato il protocollo della «vigile attesa». Bene. Solo due persone su 90 del primo gruppo sono finite in ospedale: il 2,2 per cento. E quelli che hanno rispettato alla lettera le indicazioni dell'Agenzia italiana del farmaco, difese strenuamente da Speranza? Tredici ricoveri: il 14,4 per cento, sette volte di più. Di conseguenza, 481 giorni in ospedale invece che 44. E 296.000 euro di costi per la collettività, piuttosto che 28.000. Nota a margine, ma mica tanto: Remuzzi è uno degli scienziati italiani più titolati al mondo. Il suo H-index, che misura la produttività scientifica, è 158. Mentre, tanto per fare un esempio, quello di Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di Sanità e dioscuro dei rigoristi insieme a Speranza, resta fermo a 24. Ma non vogliono sentir ragioni. Persino Giorgio Palù, il presidente dell'Agenzia che impone «vigile attesa», insomma l'Aifa, ha predicato per mesi: «Dovremmo puntare sulle cure domiciliari e sull'uso degli anticorpi monoclonali entro 72 ore dall'esordio dei sintomi». E Luca Richeldi, presidente della Società Italiana di pneumologia ed ex membro del Cts, parla ora di un farmaco contro l'asma che favorisce più guarigioni rapide e meno ospedalizzazioni. Di nuove linee guida si discute da mesi. Hanno messo un piedi un tavolo di esperti. Partecipa ai lavori anche l'avvocato Grimaldi, a capo del battagliero comitato che poi il dicastero sfida in tribunale. Sovrintendono Aifa e Agenas, l'agenzia dei servizi sanitari regionali. Al ministero, ormai, lo sanno persino i muri: cure opportune e tempestive, nei primi giorni, sono un argine alla diffusione del virus. Meno ricoveri. Meno morti. Eppure, niente. Ogni decisione resta «in vigile attesa».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/giudici-covid-bastano-tachipirina-attesa-2652761521.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-bilico-il-salone-del-mobile-2021-e-sala-vede-sfumare-la-passerella" data-post-id="2652761521" data-published-at="1619220325" data-use-pagination="False"> In bilico il Salone del Mobile 2021. E Sala vede sfumare la passerella Almeno una Sala del mobile fatela; senza arredamento, sono disadorno e senza passerella elettorale. E poi avevo anche apparecchiato in sala per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: siate generosi, ripensateci. Più o meno questo è il senso dell'appello del sindaco di Milano Beppe Sala, che rischia di restare senza neppure la credenza. La crisi è scoppiata con le dimissioni due giorni fa da presidente del Salone del Mobile (la più importante rassegna europea dell'arredamento che ha nel fuorisalone della design week un volano turistico, culturale e di eventi per Milano) Claudio Luti, mister Kartell, uno degli imprenditori più famosi del settore arredamento, che molto rammaricato ha motivato così la sua rinuncia: «Non ci sono più le condizioni per perseguire una mia visione di compattezza del settore per il bene comune. Rispetto le decisioni di tutti, ma non condivido la volontà di non fare squadra in un momento così delicato e di rinunciare almeno a provare a definire un percorso concreto per fare quello che potrebbe essere il Salone simbolo della ripresa del Paese». Tutto è rimandato a un consiglio di amministrazione di Federlegno Eventi (la società dall'Associazione delle industrie del settore che organizza la rassegna) che dovrebbe decidere entro la fine della settima se confermare o meno la data del 5-10 settembre come calendario della manifestazione già saltata lo scorso anno, rinviata ad aprile causa Covid e di nuovo spostata a settembre. La cancellazione però è più che probabile perché la paura non fa sessanta (questa in ballo è appunto la sessantesima edizione) e le maggiori industrie dell'arredo-legno temono che non arriveranno i buyer dall'estero e che l'investimento non valga la candela. Beppe Sala su facebook ha postato un video (anche un po' naif) in cui dice sostanzialmente: anch'io sono figlio di mobilieri brianzoli, il Covid ha fatto male a tutti, ma mettetevi una mano sul cuore. E aggiunge: «Se il dubbio è che l'investimento non avrà il ritorno degli anni precedenti, non è un dubbio, lo so bene anche io. Capisco che in questa fase voi tutti avete pagato le conseguenze della pandemia, ma decisamente meno di altri. Inoltre ci sono categorie come i ristoratori, gli albergatori, i servizi, chi si occupa di comunicazione e molte altre categorie che hanno bisogno di lavorare». Segue velata minaccia: se non si fa a Milano finisce che il Salone trasloca. Infine la preghiera: «Mattarella ha promesso che il 5 settembre viene a inaugurare, non possiamo fargli questo sgarbo». Forse però Mattarella viene se si fa il Salone non viceversa. E poi bisognerebbe dire a Beppe Sala: scusi, l'ex segretario del Pd, il suo partito, Nicola Zingaretti ha detto che chi si dà da fare nei bar, nei ristoranti, negli eventi fa dei lavoretti, perché si preoccupa? Sul coprifuoco il Pd ha aggiunto che i bar (di cui si sono dimenticati) e i ristoranti si lamentano troppo. E come si fa a sperare che arrivino espositori, buyer e i 370.000 clienti da 180 paesi che di solito affollano il Salone del Mobile in un paese che ha il coprifuoco e fino al 31 luglio si dichiara in stato di emergenza? Forse il sindaco, piuttosto che appellarsi alla generosità dei mobilieri dovrebbe chiedere al governo di fare chiarezza sulle sue contraddizioni. Un aiuto arriva invece dalla Lega: «Il Salone del Mobile non è solo una fiera ma un evento che ci rappresenta nel mondo. Per questo è importante che da parte di tutto il governo sia fatto uno sforzo e se necessario anche un sacrificio per fornire ulteriori elementi di garanzia che favoriscano l'inaugurazione e lo svolgimento del Salone del Mobile». Così il ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. «Per quanto mi riguarda, garantisco l'impegno ad aprire subito un tavolo dedicato per agevolare la partecipazione all'evento di tutte le parti interessate», ha aggiunto. Attilio Fontana ha notato: «È importante per la Lombardia e per l'Italia intera e dovrebbe essere il simbolo della ripartenza del Paese. Alle condizioni imposte dal ministro Speranza però, il Salone - rappresenta un settore da 45 miliardi di fatturato, di cui 17 all'export - per chi espone non è sostenibile. E Sala comincia a sentirsi a rischio trasloco.
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