2022-06-29
Giovannini riempie di dem la squadra che avrà il potere sulle opere chiave
Enrico Giovannini (Imagoeconomica)
Il ministro dei Trasporti crea un comitato ad hoc. Intanto si apre la sfida per guidare i centri nevralgici, da Eni fino alla Guardia di finanza: restano ancora 300 poltrone da assegnare. E Invitalia si prepara al dopo Domenico Arcuri.Il ministro Enrico Giovannini, salvo dieci mesi nell’esecutivo di Enrico Letta, viene dalla cosiddetta società civile. Rete per lo sviluppo sostenibile, Istat, Ocse. Probabilmente sta arrivando il momento di candidarsi. Sul partito pronto ad accoglierlo non ci sono tanti dubbi. Non solo per l’amicizia con Letta ma anche per via delle recenti nomine che hanno un certo retrogusto di Pd. Lo scorso 14 maggio il titolare del ministero dei Trasporti, che ora si chiama delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, ha istituito per decreto un comitato scientifico che aiuterà la commissione del Mims a redigere i documenti programmatici e indicare le opere sensibili per lo sviluppo del Paese. Dentro e fuori il perimetro del Pnrr. Al vertice del comitato c’è l’ingegnere Ennio Cascetta. Università Federico II di Napoli, già assessore di Antonio Bassolino, uomo di ministeri già dal 2015, molto vicino a Graziano Delrio, ma abile a dialogare anche con il centrodestra. Nel 2008 fece scalpore la sua scelta di non firmare la petizione contro Silvio Berlusconi. Insomma, una persona di competenza e di forti relazioni in un comitato delicato per il futuro del Paese. Non a caso nella lista, oltre al numero uno delle Dogane, Marcello Minenna, si possono scorrere ben due esponenti di Ram spa, Rete autostrade mediterranea, che si occuperà della digitalizzazione dei porti. Da poco al vertice di Ram è stato nominato dallo stesso Giovannini, Ivano Russo, molto legato all’ex presidente Giorgio Napolitano ma con buoni rapporti sia con Iv che con la componente diessina del Pd. Non è difficile immaginare come una volta blindate le nomine, i prossimi governi avranno possibilità di manovra pari a zero. I grandi progetti del Pnrr sono stati già definiti, la parte attuativa passerà attraverso le partecipate del ministero e o i comitati freschi di nomina. Uno schema che è pronto per essere replicato da qui alla fine della primavera del prossimo anno. Al di là delle indiscrezione, poco smentite, su possibili dimissioni anticipate di Ignazio Visco, tra il febbraio scorso e il maggio del 2023, senza chiedere alcun passo indietro, l’attuale governo finirà con il nominare 350 (ne restano circa 300 da piazzare) manager pubblici, consiglieri o membri di collegi sindacali. Se, come appare scontato, il presidente della Repubblica scioglierà le Camere all’ultimo giorno utile, le elezioni non saranno prima di fine maggio. Dosando le assemblee delle partecipate in scadenza si potrà far cadere ancora sotto la firma di Draghi il rinnovo dei vertici di Eni, Enel, Poste, Leonardo, Mps, Cinecittà, Consip, Consap, Enav. Anche del vertice della Guardia di Finanza, dell’Agenzia delle entrate e il cda di Amco che gestisce le sofferenze bancarie. E a scendere le partecipate delle partecipate. Comprese, ovviamente, le nomine che vanno a scadenza entro la fine dell’anno. E qui va in scena uno schema parallelo. Da un lato il governo blinda le figure più importanti, dall’altro il Pd si muove per garantirsi il maggior numero di figure intermedie. Una sorta di occupazione manu militari della macchina pubblica. Come avviene nell’ambito dei Trasporti, così il banco di prova sarà il futuro di Invitalia. L’ex commissario alla pandemia Domenico Arcuri è scaduto lo scorso anno. Fino a oggi è riuscito ad andare in proroga (tecnica che era stata adottata anche con precedenti governi) suggerendo una serie di problematiche in caso di sostituzione. Negli incontri con il sottosegretario Roberto Garofoli e con il consigliere del premier, Francesco Giavazzi, Arcuri sarebbe riuscito a sottolineare la complessità del Pnrr e del ruolo di Invitalia nei numerosi contratti di programma. Adesso però l’assemblea è imminente e la tecnica del geko non dovrebbe più essere efficace. Le voci di un Enrico Pazzali (fondazione Fiera Milano) sembrano già essere smentite. Resta così da capire se Bernardo Mattarella, attuale numero uno di Medio Credito Centrale e nipote del presidente della Repubblica, possa prendere l’incarico di Arcuri, oppure se di fronte alle difficoltà di scelta si finirà con l’optare per una sorta di spezzatino di Invitalia, magari inserendo il nome di Antonino Turicchi. Gestire Invitalia sarà comunque l’ultima tappa strategica per blindare il Paese e il Pnrr. Ecco perché si è perso tempo fino a oggi. Con il prossimo amministratore si chiuderà infatti un cerchio aperto a maggio dello scorso anno, quando il cdm varò l’assetto per la messa a terra del Recovery fund. In quell’occasione il governo istituì una segreteria tecnica per il Pnrr con il compito di supportare le scelte della cabina di regia, monitorare i lavori, individuare le soluzioni agli intoppi, gestire l’eliminazione del «dissenso». La struttura per legge ha una durata temporanea ma «superiore a quella del governo che la istituisce». Se al Pnrr e ai gangli intermedi dei ministeri, aggiungiamo la delega fiscale e il decreto Concorrenza è ben chiaro quanto le scelte di questo governo saranno radicali per il prossimo ventennio del Paese.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)