
Giorgia Vasaperna, la ragazza con l’ecoansia che ha fatto commuovere il titolare dell’Ambiente, ha studiato recitazione. Passione condivisa da molti attivisti green, che spesso mettono in scena pantomime catastrofiste in pubblico.Sarà molto sensibile e incline alle lacrime, ma Giorgia Vasaperna è anche una ragazza che si è diplomata nel 2019 presso la Voice Art Dubbing. Scuola di recitazione e doppiaggio, con sede a Roma e pure a Catania di dove è originaria la giovane che ha fatto commuovere il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, sul palco del Giffoni Film Festival. Giorgia, classe 1996, lo precisa sul suo profilo Linkedin, ha studiato scienze e lingue per la comunicazione, vuole fare l’attrice, la regista, «una sceneggiatrice di gran successo», come riporta la casa editrice Dark Zone per cui scrive. «Piuttosto che diventare fascista meglio essere un maiale», era la citazione tratta da Porco Rosso, film di animazione del maestro giapponese Hayao Miyazaki, che compariva sulla sua pagina Facebook prima che la Vasaperna ne togliesse la visibilità. Avrebbe guastato l’immagine della ragazza che soffre solo per il clima scellerato.Uno dei due corti di cui è stata protagonista si chiama Volcano, di Luca Zambianchi, girato nel 2017. Lo si può vedere su Youtube, la ragazza recita la parte della commessa nella pasticceria di famiglia e all’apprezzamento sul cannolo siciliano che serve al regista risponde: «Non c’è molto da fare qui, tanto vale fare bene i cannoli».Lo dice senza piangere, ma la mestizia è quella che abbiamo visto nel suo intervento sul clima che uccide sogni e speranze. Per carità, parlare di un futuro che atterrisce, di figli che si ha paura ad avere e di api «sensibilissime all’inquinamento, non ce la fanno più a volare, e se io ne vedo una a terra mi sento oppressa dall’angoscia», rappresenta un coinvolgimento ben diverso dal recitare una parte in un cortometraggio visto da una decina di persone, ma diciamo che la giovane saprebbe entrare nella parte anche se non soffrisse di ecoansia. Giorgia ne è afflitta, «le notizie di eventi estremi mi causano attacchi di panico. Prima di fare un acquisto ci penso decine di volte, per valutare l’impatto che avrà quel mio gesto sull’ambiente», ha raccontato a Repubblica. Nega di essere l’ennesima portavoce di movimenti estremizzati, «la mia è solo la comprensibile ansia di una cittadina preoccupata. Non basta la visibilità dovuta a un video per diventare una leader», si schermisce.Ma sa perfettamente che le sue parole rotte dalla commozione, «ho molta paura per il mio futuro […] non so se voglio avere figli», sono diventate un altro grimaldello utilizzabile dagli attivisti climatici per forzare la lotta al riscaldamento globale con soluzioni radicali.Anche l’intervento dell’ecoattivista Beatrice Costantino di Extinction Rebellion, nell’incontro del 3 marzo 2022 con l’allora ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sapeva toccare le corde giuste dell’indignazione e dell’emozione. «Credo di essere spaventata dai cambiamenti climatici da quando avevo 12 anni», raccontò la ventinovenne piemontese che ha abbandonato gli studi di veterinaria «terrorizzata dal riscaldamento globale» e convinta che valga la pena impegnarsi solo in Ultima generazione «per invertire la rotta». A Cingolani disse: «Ho accantonato l’idea di avere figli. Sono troppo terrorizzata da quello che potrebbe accadere loro». In un Paese come il nostro, che piange una denatalità spaventosa, l’effetto era assicurato. C’è una realtà di insicurezza, paura, forse anche di rabbia in molti giovani che hanno scoperto l’emergenza climatica, però chi li manovra sa muoversi sul palco e agitare emozioni. I «ribelli», così come si definiscono gli attivisti di Extinction Rebellion e di Ultima generazione, campagne nate all’interno del movimento globale e che vogliono un’assemblea cittadina permanente «deliberativa sulla crisi eco climatica», oltre ad azioni di disobbedienza civile quali bloccare il traffico o imbrattare musei e opere d’arte, mettono in scena nelle strade performance teatrali. Come quella che ha avuto luogo a Verona una settimana fa, con ecoattivisti che indossavano vesti bianche a rappresentare l’Italia, «percossa e martoriata da tre figure mascherate ovvero il governo, i media e le fonti fossili. Le Red Rebels, presenti sulla scena, porteranno sollievo alla nostra azione». A Treviso, in un’altra esibizione sono state cosparse di sangue finto tre persone «che simboleggiano i più deboli e le vittime della crisi climatica». Ery, altra attivista, a fine maggio si rivolgeva così ai passanti: «Sono qui oggi perché sono terrorizzata dalla crisi climatica e dalle conseguenze che ha iniziato ad avere sulle nostre vite». Terrore per terrorizzare, e per allarmare. «Il colore rosso rappresenta il sangue che accomuna tutti gli esseri viventi, ugualmente minacciati dalla catastrofe», ripetono a parole e nei cartelli che esibiscono durante le performance cittadine. A Bologna hanno marciato «con orgoglio» durante il Pride, sostenendo che «le comunità già oggi marginalizzate, come le comunità queer, sono quelle più a rischio di fronte agli effetti catastrofici della crisi ecoclimatica». Sanno dove intervenire e che cosa dire, per tenere alto l’interesse ma anche la tensione.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





