2021-12-02
Giostra di errori e cure negate Speranza resiste grazie alla paura

Le toghe esitano, ma le sue colpe restano: dal piano pandemico al report censurato«Mi turba persino veder passare le automobili per strada». Come un robot senza pile, Roberto Speranza si è fermato al fascino silente dei lockdown e continua a sognare di tornarci. Lo fa tremando e tramando, ingigantendo varianti (qualche giorno fa ha creato un incidente diplomatico con il Sudafrica), drammatizzando dati e puntando sulla paura che alberga sotto la pelle di molti italiani. Lo fa senza alcuna remora; per l’ultimo comunista è fondamentale - come ha scritto nel suo libro menagramo - approfittare della pandemia per «costruire una nuova egemonia culturale». Salvare il Natale gli importa meno.manifesta incapacitàNonostante tre richieste di dimissioni in 18 mesi per manifesta incapacità, il peggior ministro della Salute dai tempi del dottor Stranamore è sempre lì a guidare le task force della dittatura sanitaria. Primo svarione: agli albori della pandemia si dimenticò di chiudere i voli indiretti con la Cina e il virus dilagò nel Nord produttivo. Secondo svarione: continua a opporsi allo sviluppo di protocolli di cura complementari o alternativi al vaccino, ripetendo la filastrocca «tachipirina e vigile attesa». Terzo svarione: non è mai intervenuto per indurre i medici di base a fare visite a domicilio. Speranza ama lo status quo, strategia opposta a ciò che serve per vincere un’epidemia. Imposto a Mario Draghi dal Pd, dai pentastellati orfani di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi e dai tre reduci di Leu, rimane il baluardo di quella via «improvvisata, caotica, creativa» alla gestione del Covid come l’aveva descritta il ricercatore dell’Oms Francesco Zambon nel dossier veneziano fatto scomparire. Quando da Bergamo è arrivata la notizia che il ministro stava per essere indagato per avere mentito nell’inchiesta sul piano pandemico mai aggiornato, ci siamo detti: e se fosse la volta buona? Niente, il procuratore Antonio Chiappani ha gelato gli entusiasmi: «Abbiamo notato incongruenze, non falsità. Continuiamo ad approfondire». Loro approfondiscono e noi andremo a fondo, con l’ex portaborse di Pierluigi Bersani appeso al collo. Nato a Potenza 42 anni fa, laureato in Scienze politiche, fan di Emilio Colombo (lo statista lucano definito «il sagrestanello») e seguace di Walter Veltroni, Speranza non è medico, ricercatore, operatore scientifico, infermiere, portantino, tecnico di laboratorio, rappresentante di medicinali, vaccino, provetta, microscopio, vetrino. L’unica peste di cui ha sentito parlare è (forse) quella descritta da Albert Camus. Dalla pandemia uscirà comunque più ricco: il suo libro profetico Perché guariremo è introvabile come le famose scarpe della Lidl o il francobollo Gronchi rosa, e su eBay viene venduto anche a 990 euro (però spedizione gratuita). Speranza galleggia dentro i comitati centrali da quando aveva 20 anni e si è trovato a sostenere il ruolo di Doctor House per due coincidenze: 1) due anni fa a Conte serviva un parlamentare di Leu da mandare a firmare davanti al presidente Sergio Mattarella, 2) doveva occupare un ministero non strategico, di quelli che necessitano di cravatte passabili e di un buon ghost writer. Chi si ricorda più di Renato Balduzzi e Beatrice Lorenzin? Uno Speranza alla Sanità sembrava fare comodo. «Stiamo trattando il coronavirus come se fosse peste o colera. Non c’è niente di cui preoccuparsi», disse il 31 gennaio 2020. Fu il primo errore, quello che inaugurò il festival dell’involtino primavera e avrebbe dovuto chiarire molto sulla sua lucidità. Quando è senza argomenti (cioè sempre) se la cava con lo slogan: «Chiudiamo oggi per aprire domani. L’Italia è più forte del virus». Non avendo mai frequentato la scienza non potrebbe dire altro. È stato assessore all’Urbanistica di Potenza, ha combattuto contro la rottamazione di Bersani e D’Alema, ha fondato Articolo 1 da una costola in fondo a sinistra. Il solito tentativo di scissione dell’atomo e niente altro. Oltre al coronavirus e agli italiani, Speranza ha due nemici di nome Matteo: Renzi e Salvini. Ai tempi del Jobs act comprò una chiave inglese per smontarlo. Poi da buon postmarxista rilanciò l’Imu sulla prima casa, la lotta all’evasione e «l’ortodossia tributaria», qualunque cosa volesse dire. Con Salvini il rapporto è animalesco: cane e gatto. Durante la stagione dei porti chiusi, Speranza bivaccava (idealmente e qualche volta live) sulle banchine siciliane ad aspettare la Sea Watch, la Ocean Viking, la Diciotti e ogni natante che avesse a bordo un migrante. Altro cavallo di battaglia, i rom: decise di denunciare per odio razziale il leghista che voleva censirli. Oggi è il ministro antivirus a dover temere i magistrati.vigile attesaLa definizione più feroce gliela appioppò cinque anni fa un suo ex collega di partito, Roberto Giachetti: «Se non vuoi Renzi, hai la faccia come il culo». Davanti all’indignazione dem, corresse il tiro: «Allora come il bronzo, l’immagine mi pareva sdoganata». Nessuno poteva immaginare che il bullizzato sarebbe diventato ministro della pandemia. Ancora oggi, in Transatlatico, qualche piddino scuote il capo: «Non ce la farà mai, ha un’eterna espressione da emicrania». La combatte con tachipirina e vigile attesa.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)