2024-02-03
A Giorgetti scappa: «Pentito delle Olimpiadi»
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro mostra perplessità sui Giochi del 2026, poi minimizza: «Una battuta». Ma le grane abbondano: dai costi che continuano a lievitare ai ritardi nella realizzazione delle infrastrutture, con l’imminente arrivo dei commissari del Cio per la verifica dei lavori.Giancarlo Giorgetti lancia l’allarme sulle Olimpiadi invernali che si svolgeranno tra Milano e Cortina nel 2026. «Le Olimpiadi non arrivano ogni due anni, arrivano nel 2026 e poi non arriveranno più e comincio a essere pentito di averlo fatto (promuovere l’evento, ndr), perché ne sento la responsabilità e sono passati dal 2018 al 2024 diversi anni», ha spiegato il numero uno del ministero dell’Economia, confermando le impressioni degli addetti ai lavori: per finire le opere c’è ormai davvero poco tempo. E il problema non è solo quello legato a dove si svolgeranno le gare, ma anche alle strade che permetteranno di sopportare un evento di questa portata. Secondo Giorgetti, che in seguito ha minimizzato la sua uscita, liquidata come una «battuta», bisognerebbe «mettere un bel tabellone elettronico all’ingresso in Valtellina che indica quanti giorni mancano per renderci conto del senso di urgenza necessario». Forse non basterà nemmeno una tabella luminosa. La data di inaugurazione delle Olimpiadi è il 6 febbraio del 2026. Manca davvero pochissimo. Intanto si continua ancora a discutere su quali opere realizzare, mentre il settore urbanistico del comune di Milano è bloccato da un’inchiesta della Procura sulla realizzazione di altri progetti in città. I commissari del Cio (Comitato olimpico internazionale) arriveranno a breve in Italia per verificare lo stato di avanzamento dei lavori. Per questo la preoccupazione inizia a crescere tra le fila del governo. C’è poi da fare un inciso. Le spese continuano a lievitare ogni mese che passa. Rispetto all’inizio c’è stato un incremento della spesa di quasi il 30%. All’inizio si pensava di spendere 2 miliardi di euro, di cui 1,2 sulla sola Lombardia. Ma settembre dello scorso anno il dpcm aveva approvato una spesa pubblica a carico dei contribuenti da 3,19 miliardi di euro, prevedendo altri 413 milioni. Quindi siamo a 3,6 miliardi che lieviteranno ancora, data la situazione generale. Le stime dicono che l’evento avrà un impatto di tre miliardi di dollari sul nostro Pil, unito a 13.000 posti di lavoro.In ogni caso, i ritardi nella realizzazione delle opere hanno radici profonde e non sono certo recenti. Per trovare i responsabili bisogna tornare indietro di almeno cinque anni, quando il nostro Paese vinse a Losanna contro la Svezia. Nel 2019, infatti, la vittoria dell’Italia fu celebrata come un grande successo per il nostro Paese, simbolo della sinergia tra il Coni di Giovanni Malagò, il governo, le istituzioni sul territorio, tra cui palazzo Marino e la regione Veneto. Peccato che all’epoca l’esecutivo di Giuseppe Conte, in carica allora, non si fosse nemmeno adoperato nel fornire un dossier completo, non solo dei tempi per la realizzazione delle infrastrutture ma anche su quale sarebbe stato il loro futuro. Dopo i casi di Grecia e Brasile, infatti, il rischio è che le grandi opere rimangano cattedrali nel deserto e che comportino quindi spaventosi costi di manutenzione con il solito spreco di denaro pubblico. La stessa governance della Fondazione Milano Cortina 2026 (amministratore delegato è Andrea Venier, ndr) ha dimostrato di non essere all’altezza dell’evento. Soprattutto è mancata la spinta della Milano del sindaco Beppe Sala, che dopo l’esperienza di Expo 2015, si pensava avesse imparato la lezione. E invece siamo ancora allo stesso punto. Da anni va ormai avanti la telenovela sul Palasharp milanese. La scorsa settimana si è registrata una nuova puntata. Ticketone-Mca Events è decaduta dal bando per ristrutturare l’impianto, così il Comune si è ritrovato a chiedere al secondo classificato della gara, Forumnet (gruppo Cabassi) di realizzare i lavori. L’ex palazzetto dello sport di Lampugnano doveva essere ristrutturato per ospitare le gare di hockey su ghiaccio femminile alle Olimpiadi del 2026. Non ospiterà le partite dei giochi perché gli extracosti per realizzare il restyling avevano portato il budget delle opere a 40 milioni di euro, più del doppio rispetto alle stime iniziali. Le gare si svolgeranno quindi in Fiera a Rho. Si è salvato almeno il Pala Italia di Santa Giulia, dove si potrà seguire l’hockey maschile. Anche qui i costi iniziali di 180 milioni di euro dovrebbero toccare la cifra di 280. In concomitanza con le preoccupazioni di Giorgetti- che sempre ieri ha ribadito come diventi «quasi impossibile da rispettare», la realizzazione delle opere - è stata finalmente risolta la questione pista di bob, che ha tenuto per anni appese istituzioni e politica: a un certo punto c’è stata anche la possibilità che venisse spostata in Austria. La Società Infrastrutture Milano Cortina 2026 (Simico) ha infatti firmato l’accordo con l’impresa Pizzarotti che effettuerà i lavori per la nuova pista. Insomma, tra i ritardi e il caos organizzativo c’è il rischio poi che qualcosa vada storto. Non è stato un caso la sollevazione di oltre 130 dipendenti dell’Urbanistica di Milano, che hanno scritto una lettera per chiedere trasferimenti in massa dopo l’inchiesta sulle Park Towers di Crescenzago. «Troppi rischi di finire sotto inchiesta, di fronte a norme contraddittorie» è l’allarma lanciato. Non certo campato per aria, visto i precedenti di Expo 2015 che hanno mosso più di una volta la Procura di Milano.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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