2023-01-12
Dai gioiosi sacrifici all’ingiustizia: doppiopesismo anche nella retorica
Per Sergio Mattarella, Mario Draghi, Carlo Calenda era corretto pagare i costi della crisi energetica. Ora no.Non ci piove. La mancata proroga dello sconto di 18 centesimi sulla benzina è stato un errore, esecrato dagli stremati cittadini. Una reazione prevedibile, tra l’altro. Quasi inevitabile. L’abbiamo scritto e riscritto. Bisognava almeno anticipare gli eventi e spiegare la scomparsa dell’aiutino. I cittadini s’erano assuefatti, assaporando perfino l’inarrivabile ebrezza: 1,6 euro al litro. Goduria. Sparati gli ultimi botti di Capodanno, ecco la stangata. Sdeng! Oltre due euro. Per un pieno serve nuovamente la cessione del quinto. Colpa di filibustieri e speculatori? No, o solo in minima parte: tornate le accise, siamo tornati alle solite.Piove, governo ladro. Reazione quasi scontata: cittadini furibondi, giornaloni in sollucchero, trasmissioni prodighe di particolari. Anche stavolta, però, si sente spiacevole odor di doppiopesismo. Stringi stringi, il messaggio di governo e maggioranza resta: meglio qualche patimento, che far nuovo debito. Servono sacrifici. Gli stessi che in effetti ci chiedono, per di più nobilitandoli, da quando è cominciata la guerra in Ucraina. Ma dove s’è invece cacciata quella misericordiosa retorica che, fino all’altro ieri, sembrava condivisa da tutti? In nome dell’atroce contingenza, siamo stati invitati a sopportare ogni avversità: inflazione, bollette, imprese sul lastrico, caldo d’estate e freddo d’inverno. Solo ora, dopo mesi di accondiscendenza, le reazioni avverse dell’economia diventano inaccettabili colpe del governo? Eppure, non c’è niente di nuovo: gli odiosi aumenti, allora come adesso, sono soprattutto diretta conseguenza della guerra a Kiev.«Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?». Mario Draghi, dopo l’approvazione del Def, avanzò il celebre dilemma, salutato dalle adoranti coscienze dei giornalisti in sala stampa. «Se l’Ue ci propone l’embargo sul gas, siamo contenti di seguirla» aggiunse l’ex premier. «Quello che vogliamo è lo strumento più efficace. Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace».Trionfare o schiumare? Annichilire l’inumano invasore sovietico o starsene beati al fresco? Il popolo, allora, non esitò. Mentre le nostre aziende agonizzavano, la futura ricerca del refrigerio divenne il male assoluto. Altro che venti centesimi in più al litro. Pochissimi, tra cui La Verità, osarono eccepire sul grottesco indovinello. Quel sacrificio, per tutti gli altri, era invece sacrosanto e auspicabile. Salvo poi magari, chiusi nei loro appartamenti, continuare imperterriti a tenere l’aria condizionata a temperature polari. Il conflitto, difatti, proseguiva. E sarà mica un Pinguino portatile, ragionavano i traditori delle buone intenzioni, a prosciugare il fabbisogno energetico del paese?Fino all’arrivo di Giorgia a Palazzo Chigi, tali prove non erano solo necessarie. Venivano ammantate da eroismo. Una buona causa, la pace, legittimava stenti e sofferenze. Tutti chiedevano sforzi accessori. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, spiegava: «La solidarietà, che va espressa e praticata nei confronti dell’Ucraina, dev'essere ferma e coesa. È possibile che questo comporti alcuni sacrifici». Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, informava: «Penso che gli italiani per delle grandi cause e per delle grandi motivazioni siano in grado anche di fare qualche sacrificio». E giù applausi, fino a spellarsi le mani. Perfino Carlo Calenda, leader del futuro Terzo polo, volava altissimo: «Dobbiamo fare sacrifici per la libertà».Sui social, più modestamente, in vista dell’inverno al freddo impazzavano odi alle temperature glaciali: come noto, avrebbero forgiato corpo e spirito. Legambiente lanciava la campagna: «Un maglione è meglio di un fucile». Con stoicismo ormai fuori moda, invitava dunque intirizziti cittadini a infagottarsi anche nei tinelli, in modo da poter chiedere «al governo italiano di ridurre da subito l’acquisto di gas e petrolio dalla Russia di almeno il cinquanta per cento, fino ad azzerarlo». E adesso? Ogni benevolenza è sparita. «Dov'erano la stampa, la comunicazione, i politici, quanto il prezzo della benzina era a 2,073 euro di media?» contrattacca Meloni riferendosi al giugno 2022, epoca d’imperante draghismo. «Dov’era la stampa negli anni scorsi? Io non ricordo, negli anni precedenti, le campagne che stiamo vedendo in questi giorni». Dopo le tardive e inefficaci spiegazioni sulla scelta di «voler aiutare i salari», come se il pieno fosse roba da ricchi, la premier stavolta centra il punto: il solito doppiopesisimo.Quella che adesso è inaccettabile ingiustizia, allora era gioioso sacrificio. Margrethe Vestager, commissario per la concorrenza, esemplificava: «Bisogna controllare la doccia propria e dei teenagers, affinché non ci siano sprechi inutili di acqua calda, e dire mentre chiude il rubinetto: “Putin, prenditi questo!”». Già, bastava sacrificarsi: qualche doccia in meno. Sperando magari di tramortire con l’afrore il perfido zar.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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