2024-05-07
Ora Giavazzi scopre che il Pnrr non è gratis
Francesco Giavazzi (Imagoeconomica)
Dopo la svolta sul debito pubblico, l’economista vicino a Draghi sullo stesso «Corriere della Sera» che paragonava il Recovery al Piano Marshall, evidenzia che i fondi Ue hanno un prezzo salato e servono a imporre riforme. Ovviamente quelle che dice lui.Lo scrittore Paolo Nori ha iniziato anni fa una lista delle «parole parassite»: «quando scrivevo», spiegò, «davo voce a delle espressioni parassite, che vivevano su di me senza che me ne accorgessi». Tanto che «quando usavo queste espressioni a me sembrava di parlare, in realtà io non parlavo, ero parlato, cioè non dicevo quel che volevo dire io, dicevo quel che voleva dire la lingua (parassita)». Ad esempio: «Se c’è un’ombra, è di dubbio, se c’è una morsa, è del gelo, se c’è una resa, è dei conti, se c’è una verità, è sacrosanta, se c’è una salute, è di ferro, se c’è una svolta, è epocale, se c’è un genio, è incompreso». Ne mancava una, rinverdita ieri da Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera con un titolo alla sua milionesima edizione: «Le riforme non più rinviabili». Si tratta, come sempre nel caso del professore e supremo mazziere di poltrone pubbliche dell’era Draghi, di una lettura molto istruttiva. Prima lezione: cosa sono le riforme? Quello che dico io. Giavazzi dimostra che sotto la «parola parassita» per eccellenza si può tranquillamente celare tutto e il suo contrario, letteralmente. Dopo l’affascinante scoperta del 20 aprile scorso - sorprendentemente in linea con lo stesso Draghi - che tutto sommato il debito pubblico non è così brutto, che non va mica necessariamente ripagato e che alla fine questa austerità era un po’ una boiata, l’editorialista ci conduce a un altro sconvolgente sorso di acqua calda, negato pervicacemente per anni e anni: il Pnrr non è gratis.E siamo alla seconda lezione, che riguarda appunto il Recovery fund. Da queste parti si era sospettato che la «pioggia di miliardi» non fosse una straordinaria dimostrazione di solidarietà e generosità nei confronti dell’Italia, ma adesso - con la forza tranquilla di chi finge di averlo sempre saputo, manco fosse un effetto avverso - ecco che piovono le seguenti grandi verità: «I circa 200 miliardi di euro che stanno arrivando dall’Europa non sono un regalo, almeno non del tutto. Settantadue miliardi di sovvenzioni a fondo perduto verranno pagati pro quota da tutti i Paesi della Ue, quindi anche da noi. Ma data la dimensione dell’Italia dovremmo pagarne di più. Gli altri circa 125 miliardi sono prestiti a lunghissimo termine (20-30 anni)». Eravamo rimasti al Corriere che, con Ferruccio de Bortoli, spiegava che il Pnrr «vale il doppio del Piano Marshall portato ai valori attuali. Il doppio! Possibile che non riesco a riportarci su un cammino di crescita duratura e stabile?» (11 aprile 2023). Ora si scopre non solo che quel piano un tempo intoccabile e poi più volte radicalmente toccato è debito, ma perfino che - torniamo a Giavazzi - «il punto centrale del piano sono le riforme che ci siamo impegnati a fare in cambio di quegli investimenti». Eccole, le riforme. Tra pochi giorni si concluderà la quarta emissione del Btp Valore. Sarà molto interessante paragonare il costo finanziario della raccolta (sicuramente plurimiliardaria) a fronte dei tassi dei prestiti del Pnrr (certamente più convenienti). Ma anche a fronte dei costi politici delle «riforme» imposte. I soldi dei Btp possono essere spesi secondo le priorità di governo e Parlamento, quelli del Pnrr - come spiega Giavazzi - no. Ovviamente secondo il Corriere tutto ciò che non va nell’applicazione del piano è colpa dell’Italia, della sua politica, della sua burocrazia. E va be’: opinioni.La terza lezione, semplificando un pochino, è che ci stanno prendendo per i fondelli. Nessuno dotato di ragione può pensare che quando Francesco Giavazzi - e tanto meno Mario Draghi - compiono inversioni di questo tipo su temi cruciali come salari, debito, politiche economiche, Pnrr, stiano davvero cambiando idea. Come ha spiegato su queste colonne Giuseppe Liturri a proposito dell’incredibile «svolta» sulla natura del debito pubblico, passato in un amen dall’essere la causa di ogni male, il termometro morale della crisi di una nazione, addirittura il motivo che spingeva i giovani ad abbandonare l’Italia (sempre il Corriere) a un fattore tutto sommato gestibile purché ci sia crescita, nessuno ha mutato dottrina economica. Semplicemente, la congiuntura rende insostenibile a chi domina i rapporti di forza europea sostenere che combattere deficit e debito possa andare di pari passo con le asserite necessità di potenziare il comparto della Difesa. E dunque, si cambia. Non è poi così difficile in fondo farlo anche con il Pnrr: ancora un po’ e potremo forse leggere che tutto sommato il Mes non serve più di tanto.C’è un’ultima lezione utilissima, che in fondo riassume tutte le altre. Addossare qualunque problema sul «politico», da posizioni presunte «tecniche» (o «europeiste», insomma apparentemente neutre), presenta un doppio vantaggio. Non solo infatti si può tranquillamente sostenere che 2+2 faccia 5 e poi spiegare col disegnino che ha sempre fatto 4, ma soprattutto occulta continuamente il nocciolo delle cause e della responsabilità delle ferite inferte ai Paesi applicando per lustri idee sbagliate. Basta dare la colpa a chi non ha fatto le riforme.
(Ansa)
La casa era satura di gas fatto uscire, si presume, da più bombole vista la potente deflagrazione che ha fatto crollare lo stabile. Ad innescare la miccia sarebbe stata la donna, mentre i due fratelli si sarebbero trovati in una sorta di cantina e non in una stalla come si era appreso in un primo momento. Tutti e tre si erano barricati in casa. Nell'esplosione hanno perso la vita 3 carabinieri e sono risultate ferite 15 persone tra forze dell'ordine e vigili del fuoco. (NPK) CC
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(Totaleu)
Lo ha affermato l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Pietro Fiocchi in un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles, in occasione dell'evento «Regolamentazione, sicurezza e competitività: il ruolo dell’Echa (Agenzia Europea per le sostanze chimiche) nell’industria e nell’ambiente europei».
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