2025-08-04
Altro che sicurezza: Giani ha speso solo un terzo dei fondi per le emergenze
Lo Stato ha dato oltre 850 milioni (tra erogazioni ordinarie e straordinarie) ma la Regione ne ha usati poco più del 30%.I danni delle alluvioni che hanno martoriato la Toscana e che nel novembre 2023 hanno provocato otto morti non sono frutto del cambiamento climatico. Lo dimostra la relazione della Commissione d’inchiesta della Regione Toscana che ha audito i tecnici responsabili della manutenzione del territorio. Elisa Tozzi, Consigliere regionale di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione d’Inchiesta, presenta uno scenario inquietante in cui spiega: «Oltre alla lentezza degli interventi degli ultimi decenni si aggiunge, ascoltando le testimonianze, un tema di convenienza politica. Alcuni interventi non si facevano perché non portavano ritorno elettorale». I tecnici in audizione spiegano: «Oggi (dal 2018, ndr) la progettazione e realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria di opere idrauliche è di competenze esclusiva della Regione Toscana» si legge nella relazione. Elemento che spiega come nell’eventuale inadempimento delle opere di messa in sicurezza idrogeologica della Regione Toscana, non si possono coinvolgere solo i Comuni. I numeri parlano da soli. Per l’emergenza lo Stato ha erogato alla regione Toscana 131 milioni di euro per «somme urgenze e ristori». Peccato che fin qui sono stati spesi solamente 42 milioni. Non basta perché se si sommano le erogazioni ordinarie provenienti dal Ministero dell’Ambiente per la messa in sicurezza del territorio, la Toscana dal 2010 ad oggi ha potuto contare su 647 milioni, da aggiungere a ulteriori 88 milioni stanziati nel 2024 sul 2025. Di questi fondi però solo il 26,4% sono arrivati a ultimazione lavori. Per quanto riguarda Firenze, solo il 17,2% dei lavori sono stati ultimati, mentre il governatore Eugenio Giani si vanta di aver messo in sicurezza il capoluogo toscano. Fabio Martelli (Responsabile del Settore Genio civile Valdarno centrale) spiega che l’intervento più importante e «fondamentale» per poter migliorare la condizioni di rischio sono le casse di espansione «perché la soluzione di dire metto in sicurezza il territorio, alzo gli argini, faccio un muro, non è una soluzione percorribile, perché io quello che oggi impedisco di far uscire in un tratto me lo ritrovo nel tratto successivo». Di queste casse di espansione si parla da tempo, ma in alcuni territori si è pensato di chiederle appena 8 mesi fa. Come nel caso del fiume Sieve, affluente dell’Arno, esondato infatti circa un anno prima. Tempi biblici per interventi salva vita.Lentezza ma anche convenienza politica. Come già spiegato l’intervento considerato fondamentale dai tecnici è la cassa di espansione, ma non basta, perché abbiamo visto, anche dalle immagini, che in queste alluvioni gli argini di fiumi e affluenti si sono sfondati, in sostanza non hanno retto. Spesso non si è trattato di volume d’acqua che superava gli argini ma di fragilità degli argini stessi eppure come spiega l’ingegner Jacopo Manetti (Direttore Generale del Consorzio 3 Medio Valdarno) questi interventi non si fanno da decenni per motivi di ritorno di consenso. In audizione spiega: «Negli ultimi trent’anni, si è visto normalmente un discreto flusso finanziario per realizzare nuove opere di messa in sicurezza, (casse di espansione, bocche tarate ecc.) mentre pochissimi i flussi impiegati nella manutenzione straordinaria delle arginature perché non era un elemento che si traduceva a livello delle cartografie di rischio in un elemento positivo sul territorio. Quindi il soggetto che doveva finanziare diceva: se finanzio la cassa di espansione metto in sicurezza o comunque mitigo il rischio in una determinata zona; se faccio un argine, una manutenzione straordinaria di un argine, il beneficio non lo vedo anche perché normalmente l’argine non lo puoi alzare, perché alzare l’argine vorrebbe dire trasferire il rischio da un’altra parte. Quindi si entrava spesso in un loop in cui: “bene, allora l’argine, posso fare una manutenzione straordinaria, ma non lo posso alzare. Quindi alla fine che ritorno ho sul territorio? Cosa dico ai cittadini?” Perché poi il tema era questo: che dico ai cittadini?» si legge. Manetti poi prosegue: «Se andate a vedere cosa è stato speso per le manutenzioni straordinarie e cosa è stato speso per le nuove opere vi rendete conto che la decisione politica si è spostata, molto spesso sulle casse di espansione che non fanno male, non è che sia sbagliato […] ma parimenti non c’è stato un adeguato flusso sui sistemi arginali. Tanti dei quali, bisogna dirlo, sono quelli del 1800».Queste le gravissime testimonianze dei tecnici responsabili del territorio. E come si dimostra con i numeri alla mano, i fondi, ordinari e straordinari, ci sarebbero stati per entrambi i tipi di interventi. Invece i cittadini toscani vivono accanto a fiumi e affluenti i cui argini risalgono al 1800. Naturalmente chi dovrebbe assumersi le responsabilità di danni e morti continua a dare la colpa al cambiamento climatico. E intanto i cittadini aspettano i ristori, fermi nelle casse della Regione Toscana. «Io credo che, al di là delle vicende giudiziarie, sulle quali non voglio esprimere opinioni, vi sia un punto politico innegabile: ovvero che ad essere preoccupati devono essere i cittadini. La gestione del territorio da parte della sinistra è grottesca. Le cifre parlano chiaro e non sono discutibili. Occorre un cambio di paradigma, il tempo delle promesse è finito: alla prova del nove l'amministrazione progressista ha fallito» così il presidente della Commissione d’Inchiesta sull’alluvione, Elisa Tozzi.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
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