2022-05-16
«Centrodestra? Una coop elettorale»
Gianfranco Rotondi (Ansa)
Il vice dei deputati di Forza Italia, Gianfranco Rotondi: «Senza Berlusconi il giocattolo s’è rotto. Silvio dovrebbe rifare la Dc, partito del nuovo equilibrio centrista, e puntare sulla Meloni come candidato premier. Da Salvini troppi errori».«La “balena bianca” sarà pure diventata verde, ma è molto più moderna di tanti cespugli democristiani che si contendono lo zero virgola». Parola di Gianfranco Rotondi, vicepresidente di Forza Italia alla Camera dei deputati e presidente di Verde è popolare, il nuovo soggetto politico che proprio la scorsa settimana ha eletto la sua direzione nazionale. «Un pezzo dell’arredamento berlusconiano», come si definisce Rotondi con La Verità, ha deciso di virare verso l’ecologismo: «La nostra sarà un’ecologia di centrodestra, per creare posti di lavoro e ricchezza. Non un ecologismo alla Greta». Onorevole Rotondi, a proposito di centrodestra, ha capito cosa sta succedendo nella coalizione?«Quale coalizione? Il centrodestra non esiste, non è una coalizione. Vedete vertici? Esiste un coordinamento di programmi, delle battaglie comuni, un’idea per portare un nostro candidato premier a Palazzo Chigi? Io vedo solo una cooperativa elettorale per eleggere dei deputati».Il famoso vertice dei leader è atteso da quattro mesi, almeno dalla rielezione di Sergio Mattarella. «Nessuno sembra voler lavorare a un’idea di coalizione».Per quale motivo, secondo lei?«Silvio Berlusconi era il leader, fondatore e sintesi naturale del centrodestra. Senza di lui, il giocattolo si è rotto». Lei ha auspicato un nuovo futuro da protagonista per Silvio Berlusconi, non solo un ruolo da «arbitro» tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Che cosa ha in mente?«Il protagonista può avere molti ruoli. Per esempio, non sono affatto pentito di aver sostenuto Silvio Berlusconi nella corsa al Quirinale: la sua elezione sarebbe stato il giusto riconoscimento dopo 30 anni di storia politica. La sinistra avrebbe dovuto firmare la pace della Repubblica. La mancata elezione è stato un errore, parzialmente riparato con il secondo mandato a Mattarella». Sfumata questa possibilità, quali altre opzioni restano?«Suggerisco a Berlusconi di essere il costruttore dell’equilibrio politico dell’Italia che verrà, l’Italia orfana della Democrazia cristiana».Insomma, lei insiste sul partito unico?«Serve un nuovo partito italiano, come lo storico Agostino Giovagnoli definiva la Dc. Oggi, molti partiti italiani hanno la parola Italia nel simbolo, ma il partito italiano è un’altra cosa».Che cos’è?«È un partito che unisce Nord e Sud, ceto medio e operai, borghesia produttiva e chi aspira a salire nella scala sociale. Questo partito italiano oggi non c’è, e non si crea di certo con le cooperative elettorali o con un Trio Medusa. Dobbiamo tornare a concepire una forza politica di questo tipo».Questa idea di partito attorno a chi dovrebbe svilupparsi, secondo lei?«La Democrazia cristiana aveva tanti leader con ruoli diversi. Penso che anche Salvini e Meloni possano intendersi, e anche molto bene. Se nella stagione aurea della vita della Repubblica, Moro e Fanfani giocavano di squadra pur non avendo un rapporto cordialissimo, perché Salvini e Meloni non possono fare altrettanto? Moro e Fanfani stabilivano chi andava a Palazzo Chigi e a chi invece spettasse la guida del partito. Ecco, credo sia arrivato il momento di scegliere il nome del candidato del centrodestra per il governo che verrà. L’idea secondo la quale chi prende più voti va a Palazzo Chigi non regge: la competizione interna dilanierà gli equilibri, prima o poi».Chi ha maggiori possibilità di guidare un ipotetico futuro governo di centrodestra?«Trovo che Giorgia Meloni sia la risorsa su cui investire, per una ragione elementare».Quale?«Io sono un democristiano mai pentito. La Dc era il partito dei presidi che leggevano due giornali, ma anche quello delle massaie che parlavano di politica facendo la spesa al mercato. Se queste figure oggi dicono di fidarsi della Meloni, non mi resta che prenderne atto. Il dirigente politico costruttivo non rompe la casa per evitare che al suo interno si accomodi qualcun altro».Si riferisce a Salvini? Nei suoi confronti ha usato parole non proprio da alleato: «Un partner di governo instabile e destabilizzante», lo ha definito. «Salvini cerca di rincorrere la Meloni su alcuni argomenti di opposizione. Il problema è come queste posizioni vengono percepite dall’opinione pubblica: quella di Giorgia Meloni appare come una opposizione responsabile, Salvini viene visto come una specie di Bertinotti di destra».Cioè?«Uno che sta al governo “crepato in corpo”, come si dice a Napoli. E ciò non convince, tant'è che scende nei sondaggi. Forza Italia è stabile perché riesce a rappresentare la forza tranquilla. Una certa opinione pubblica si fida di Forza Italia perché percepisce una stabilità, una sicurezza».Ciò contrasta con l’idea che Berlusconi ha di Salvini: «L’unico leader vero che c’è in Italia», ha detto. «Una carineria nei confronti di Salvini. Non c’è dubbio che un signore in grado di prendere la Lega al 4% e renderla la prima forza politica del Paese è un grande leader. Tuttavia, ha commesso troppi errori. E tutti in questa legislatura: non ha costruito la coalizione, né si è preoccupato di verificarne i confini; non si è occupato degli alleati; ha messo in piedi governi con i 5 stelle prima e con il Pd poi. Un movimento magico, il suo, ma non sempre le magie portano miracoli». Le liste elettorali in vista delle amministrative di giugno sono di fatto completate. Lei prevede un «cappotto da Firenze in giù», possibile?«Mi riferivo alle elezioni politiche, non alle amministrative. Da Firenze in giù, tutti i collegi nel 2018 sono stati dei 5 stelle». Che sono in piena emorragia di voti, però.«Il M5s flette, è vero, ma si colloca in un’alleanza in cui confluiscono anche i voti del centrosinistra. Ecco perché parlo di cappotto. Diciamolo con franchezza: al Sud la destra non prenderà nemmeno un collegio. Salvini resta un uomo del Nord: con lui candidato premier di una parte preponderante del centrodestra, la sinistra riuscirà facilmente a convincere gli elettori a votare per il Sud e non per l’uomo del Nord. Ciò mi sembra prevedibile». Per quale motivo «un democristiano mai pentito» sposa la causa ambientalista? Che prospettive immagina per Verde è popolare?«Quelle che hanno i Verdi in Germania, dove prendono il 15% dei voti, o in Francia». In Italia un partito ambientalista esiste già: non teme un effetto doppione?«La missione verde, ecologista e ambientalista, ci è stata assegnata dalla Chiesa. Sta a noi declinarla da laici cattolici. Qui non si tratta di decidere la transizione ecologica, che è già in atto. Si tratta di decidere come realizzarla». E lei come intende farlo? «Le posso citare due nostre proposte». Prego. «La prima è abbattere tutto il cemento di cattiva qualità, ormai il 40% dell’edificato nel nostro Paese, che cadrà da solo senza terremoti nei prossimi 25 anni. Uno straordinario piano di rinnovamento del patrimonio edilizio pubblico e privato del nostro Paese, quasi un piano di ricostruzione post-bellico». Dal Piano Fanfani al Piano Rotondi, per restare nel perimetro Dc. «Anche di più: non costruiamo case popolari, sostituiamo strutture fatiscenti con costruzioni nuove, perfettamente in linea con i dettami ecologici attuali». E la seconda proposta?«Lo dico senza mezzi termini: abolizione del reddito di cittadinanza e rifinanziamento della legge 285 Anselmi, sull’occupazione giovanile. Pensiamo di assumere una quantità di giovani corrispondente al numero di occupati che deriva dall’impiego delle risorse del reddito di cittadinanza. Anziché dare 800 euro a fondo perduto a persone che non sanno cosa fare, noi vogliamo dare sostegno a un numero di giovani leggermente inferiore, ma che avranno un ruolo nel pubblico e nel privato in maniera definitiva». Gli imprenditori che cosa ne pensano? Molti di loro sono convinti che sia più utile creare le condizioni giuste perché le aziende possano assumere. «Ogni mese buttiamo dalla finestra un volume straordinario di risorse che andrebbero immesse nel circuito produttivo. Il discorso ovviamente è aperto e noi intendiamo confrontarci con tutti, innanzitutto con le forze imprenditoriali». L’Italia e l’Europa cercano disperatamente il gas per ridurre la dipendenza dalla Russia e per non passare l’inverno al freddo. Onorevole, è sicuro che il tempismo del suo progetto sia giusto?«Credo che l’Italia sia avanti, basta vedere come ha risposto nel tempo alla raccolta differenziata e come vengono premiate le aziende che attestano un profilo ecosostenibile. Questa trasformazione è un’opportunità economica, oltre a essere un tributo al senso di responsabilità. Ci vuole coraggio, le assicuro che il primo sole di questa primavera non si è portato via Gianfranco Rotondi».
Jose Mourinho (Getty Images)