2020-02-08
Già 11 le fiere cinesi saltate. Con l’allarme del Coronavirus va in ginocchio un settore da 7,2 miliardi di euro
Tra gli eventi rimandati anche la rassegna per collezionisti Art Basel Hong Kong Timori per l'edizione di Shanghai di Milano Unica, il salone del tessile d'eccellenza.Foxconn fa slittare la riapertura dopo il Capodanno lunare: la Silicon Valley del Dragone verso l'isolamento La Fed: «Rischi per l'economia Usa». Ma Donald Trump intanto elogia Pechino: «Gestione molto professionale».Lo speciale contiene due articoliIn Cina il mercato fieristico vanta un giro d'affari di circa 7,2 miliardi di euro. A questo si deve aggiungere l'indotto del settore che ha un valore di circa 52,2 miliardi di euro. Si tratta dei valori riportati dal Research report on the exhibition industry of China, 2018-2022 e che il coronavirus sta progressivamente spazzando via con un colpo di spugna. Secondo lo studio, in Cina ogni anno si tengono circa 10.000 eventi fieristici per un totale di 120 milioni di metri quadri di spazio espositivo. Tra questi ci sono in particolare 100 eventi su larga scala con un'area espositiva che, singolarmente, possono arrivare intorno ai 100.000 metri quadri per evento. Del resto, quello della Repubblica Popolare è il secondo maggiore mercato fieristico al mondo dopo quello statunitense e l'arrivo del virus n-CoV2019 sta letteralmente sgretolando una grande fonte di guadagno per i cinesi e anche per tutti i professionisti (anche italiani) che venivano in Cina a seguire le fiere di settore. Non è un caso, infatti, che siano molte le fiere in Cina che stanno chiudendo i battenti per riaprire in data da destinarsi.Nei giorni scorsi, infatti, sia Messe Frankfurt, uno dei maggiori enti fieristici in Germania, sia il comitato organizzativo di Chic, una delle maggiori fiere della moda in Cina, hanno annunciato che posticiperanno gli eventi in programma in Cina nelle prossime settimane. Messe Frankfurt ha fatto sapere che le tre fiere tessili in programma dall'11 al 13 marzo, ovvero Intertextile Shanghai apparel fabrics – spring edition, Yarn expo spring e Intertextile Shanghai home textiles – spring edition (tutte legate al mondo dei tessuti), saranno tutte posticipate (non è stato comunicato quando). Stessa sorte per le fiere Prolight + Sound Guangzhou (la maggiore fiera cinese del mondo audiovideo), Sps – Industrial automation fair Guangzhou (sull'automazione industriale) e Asiamold a Guangzhou (sul settore del trattamento delle muffe), e Toy & Edu (giocattoli), Baby & Stroller e Licensing China (passeggini e mondo dei bambini) a Shenzhen, il cui rinvio era già stato annunciato. Giù le serrande che L'East China import and export commodity fair che si concentra su prodotti industriali leggeri, moda e abbigliamento, tessili per la casa, beni di consumo e prodotti in stile art deco. Prevista per l'inizio di marzo, di solito coinvolge circa 4.000 espositori e 40.000 visitatori. Ma se, nel caso degli eventi cinesi, si tratta di fiere perlopiù locali (anche se di grandi dimensioni), non si può certo considerare di buon auspicio la notizia di ieri della chiusura di Art Basel Hong Kong, uno degli eventi internazionali più importanti al mondo per i collezionisti d'arte. Nel corso dell'ultima edizione dell'evento, quella 2019, erano arrivate a Hong Kong 242 gallerie d'arte in arrivo da 35 Paesi e 88.000 visitatori.Il problema è che, per l'edizione 2020, ci sarebbero state molte difficoltà logistiche nel trasporto delle opere d'arte (a partire, ad esempio, dall'interruzione del trasporto aereo da e per la Cina per molti Paesi), senza contare che molti operatori (e probabilmente molti visitatori) non sarebbere nemmeno venuti all'evento. Un altro duro colpo al mercato dell'arte arriva da Art central Hong Kong, l'altra importante fiera di settore che avrebbe dovuto tenersi nella città Stato dal 18 al 22 marzo. Ad oggi, dunque, si contano almeno 11 importanti eventi fieristici che sono finiti a gambe all'aria. Il problema è che la lista è destinata ad allungarsi, probabilmente non di poco. A Hong Kong, a metà aprile, si terrà la Hong Kong electronics fair, una delle più grandi fiere dell'elettronica della regione. Nel 2019 sono venuti a mostrare i loro prodotti 2.969 espositori con 67.236 partecipanti.Tra aprile e maggio si terrà, poi, la Canton fair, la fiera dei Cantoni, di certo una delle più grandi dell'intero Paese. Se anche questo evento dovesse chiudere le serrande sarebbe un danno economico enorme. Negli anni passati hanno partecipato alla fiera 25.000 aziende manifatturiere e 200.000 importatori. Si può trovare di tutto: prodotti elettronici ma anche tessuti, cibo, dispositivi medici, mobili, componenti automobilistici e molto altro ancora. La fiera dura quasi tre settimane, a partire da metà aprile fino all'inizio di maggio.Occhi puntati anche sulla Sial China, la terza fiera alimentare più grande al mondo, nonché la maggiore in Asia. L'evento si tiene a Shanghai da 14 al 16 maggio. In tre giorni i visitatori sono circa 110.000. Ma i danni al mondo fieristico potrebbero a breve vedersi anche in Italia. Ieri, ad esempio, è partita la trentesima edizione di Milano Unica, il salone italiano dedicato al tessile d'eccellenza. La preoccupazione degli addetti ai lavori è che l'evento soffrirà per via di un sostanziale calo dei buyer (coloro che comprano i tessuti) in arrivo dalla Cina. Resta poi da vedere cosa succederà per l'evento gemello cinese, Milano Unica Shanghai previsto per dall'11 al 13 marzo. Se venisse chiuso, il danno per gli organizzatori italiani sarebbe ingente. Ci sarà con ogni probabilità un calo dei visitatori cinese anche per il Micam, il salone internazionale del mondo calzaturiero previsto dal 16 al 19 febbraio. Da capire anche se ci saranno effetti sgraditi anche per Smau, la fiera dell'elettronica che porta in vetrina molti prodotti tecnologici in arrivo dalla Cina. Se non altro, in questo caso c'è un po' più di tempo. Se ne parla ad ottobre. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gia-11-le-fiere-cinesi-saltate-con-lallarme-del-coronavirus-va-in-ginocchio-un-settore-da-7-2-miliardi-di-euro-2645067965.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-fabbrica-di-iphone-di-shenzhen-si-mettera-a-produrre-mascherine" data-post-id="2645067965" data-published-at="1758149660" data-use-pagination="False"> La fabbrica di iPhone di Shenzhen si metterà a produrre mascherine Il coronavirus manda in tilt la Silicon Valley cinese, ora costretta a produrre più mascherine che iPhone. Hon Hai Precision ha chiesto ai dipendenti che lavorano a Shenzhen, il suo quartier generale in Cina, di non tornare al lavoro al termine delle festività legate al Capodanno lunare, prorogate dal governo di Pechino fino al 10 febbraio, «per salvaguardare la salute e la sicurezza di tutti e rispettare le misure di prevenzione del governo». Una mossa che rischia di avere conseguenze globali perché la società, più conosciuta come Foxconn, è uno dei più importanti fornitori di Apple e in particolare degli iPhone che vengono prodotti più a nord, nella città di Zhengzhou. Non solo. Shenzhen non è Wuhan, parliamo di una vera potenza tecnologica del Paese che lo scorso dicembre ha firmato ben 128 accordi internazionali con investimenti per oltre 560 miliardi di yuan (circa 80 miliardi di dollari) e che ospita già centinaia di startup con un Pil aumentato nel 2018 di circa il 7,5% su base annua, superando i 2.400 miliardi di yuan. Ora, però, l'intera città rischia di essere isolata: le auto che vengono da fuori devono già essere autorizzate, mentre l'autorità sanitaria spiega che se una persona contrae coronavirus, tutti coloro che vivono nello stesso edificio i dovranno essere messi in quarantena per 14 giorni. «Vi aggiorneremo sulla situazione della città. La nostra società proteggerà i diritti e gli interessi lavorativi di tutti. Per quanto riguarda la data del felice ritorno a Shenzhen, attendete nuove indicazioni», ha scritto Hon Hai, che è un colosso utilizzato da tutti i principali marchi dell'elettronica di consumo, ha già tagliato le stime di crescita per il 2020 a causa del coronavirus. Nata a Taiwan, ha iniziato a costruire impianti produttivi in Cina sin dalla fine degli anni Ottanta che ora sono in grado di costruire in poche settimane stock di milioni di dispositivi per conto di brand come Apple, Amazon, Microsoft e Sony. Qualche anno fa il fondatore, Terry Gou, ha iniziato un processo di allargamento del business per non legare troppo la crescita della società, ormai una delle prime realtà al mondo nell'elettronica di consumo, a mercati come quello di personal computer e smartphone che hanno rallentato significativamente la propria corsa. All'interno di questa strategia si inserisce la partnership con il costruttore di auto cinese Harmony per lo sviluppo di tecnologie per il settore automotive. Ma dopo lo scoppio dell'epidemia, Foxconn ha dovuto accelerare drasticamente la diversificazione del business. Tanto che, proprio nella fabbrica di Shenzen, inizierà a produrre mascherine per il viso. «Sono ormai le attrezzature standard nella nostra lotta contro l'epidemia», ha detto sul suo account ufficiale del social media WeChat. Nelle stesse ore, a Ginevra, il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, lanciava l'allarme sull'esaurimento di questi strumenti di protezione in tutto il mondo. Il coronavirus dalla Cina potrebbe, intanto, avere ripercussioni non solo sugli affari della Apple ma anche sull'intera economia americana e globale anche se i rischi per la crescita economica targata Usa sono diminuiti. Lo sostiene la Federal reserve nel Monetary policy report, rapporto redatto due volte all'anno: «I rischi al ribasso per le prospettive statunitensi sembrano essersi attenuati nell'ultima parte dell'anno, le dispute commerciali sono leggermente diminuite, la crescita economica nel resto del mondo ha mostrato segni di stabilizzazione e le condizioni finanziarie sono diventate più favorevoli», ha scritto la banca centrale americana. Ma «le possibili ripercussioni dovute agli effetti del coronavirus in Cina presentano un nuovo rischio», hanno aggiunto gli esperti della banca centrale Usa. In un colloquio telefonico il presidente cinese Xi Jinping ha rassicurato Donald Trump, sul fatto che il suo Paese è «pienamente in grado» di arginare l'epidemia di coronavirus invitando gli Stati Uniti a reagire «ragionevolmente» all'epidemia». Parlando ai giornalisti alla Casa Bianca ieri Trump ha detto che la Cina sta gestendo l'epidemia in modo «molto professionale» e che il governo di Pechino è in contatto sia con l'Organizzazione mondiale della sanità che con i centers for disease control and Prevention (Cdc), l'organismo di controllo sulla sanità pubblica in America. Nel frattempo il lockdown delle fabbriche per il Coronavirus rischia di staccare il telefono anche all'Europa. I produttori cinesi rappresentano ormai quasi un terzo delle spedizioni di smartphone nel Vecchio continente. Questo è quanto secondo gli ultimi dati di Canalys, le cui cifre mostrano che i fornitori di Pechino e dintorni - in modo particolare Shenzen - hanno coperto il 32%, circa un terzo, delle vendite europee di telefonia mobile nel 2018. In cima alla lista c'è Huawei, con il 23,6%, seguita da Xiaomi e Hmd Global, rispettivamente al 6% e 2,4%. C'è dunque attesa per capire se arriveranno altre disdette, dopo quella di Lg, per la partecipazione al Mobile World Congress di Barcellona, la più grande fiera mondiale della tecnologia mobile che si terrà alla fine del mese. Per ora resta confermata la presenza di Zte e di Huawei, anche se a ranghi ridotti e con più rappresentanti in arrivo dai suoi centri in Europa piuttosto che dalla Cina. In ogni caso, hanno aggiunto le fonti del colosso asiatico, il personale cinese che andrà a Barcellona osserverà un periodo di isolamento prima di partecipare al Congresso e adotterà una serie di severe misure precauzionali e di protezione, a partire dal controllo della temperatura corporea.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)