2023-07-24
Germano Dottori: «Gli Usa stanchi della guerra. Non cercano il crollo di Putin»
L’analista: «Washington ha frenato gli ucraini durante l’insurrezione di Prigozhin. Joe Biden vuol fermare le armi entro il 2024. Con America e Ue la Meloni si muove bene».Germano Dottori analista strategico e consigliere scientifico di Limes. A che punto siamo in Ucraina?«Nessuno di noi dispone di un quadro informativo completo. Probabilmente neanche gli stessi contendenti. Siamo in grado di osservare gli spostamenti dei fronti e gli attacchi condotti contro le città e le infrastrutture. Ma nulla sappiamo delle perdite sostenute da entrambe le parti e tanto meno, ed è più importante, cosa bolla in pentola all’interno dei sistemi sociali e politici che si scontrano. Dati che i belligeranti oscurano opportunamente per non dare alcun vantaggio all’avversario, e ne risente anche la nostra capacità di valutazione». Abbiamo sopravvalutato l’esercito russo? «Anni fa su Limes scrissi che l’Armata Russa non poteva sostenere uno scontro convenzionale con la Nato. Non mi ritengo un genio: bastava confrontare i livelli delle rispettive spese militari. Oltre mille miliardi di dollari da un lato a fronte di meno di cento dall’altro. La variabile cruciale era il tasso di capitalizzazione. Quanto le Difese occidentali e quella russa spendono per ciascun soldato e su ciascun soldato. Parliamo di sistemi d’arma, architettura di comando e controllo, livello dell’informatizzazione, manutenzione dei mezzi e preparazione individuale e collettiva al combattimento. Non è la prima volta che succede: era già accaduto alla fine della Guerra Fredda. La Russia ha mancato la Revolution of Military Affairs. Non ha digitalizzato le proprie forze armate. Non ha conosciuto il Netcentric Warfare. Come poteva esser più forte e temibile dell’Unione Sovietica?». Carenze tecnologiche ed insipienza strategica…«I russi conoscevano bene i loro limiti. Per questo avevano lavorato molto sul concetto di guerra ibrida. Non si fidavano delle loro capacità convenzionali. Certo, nessuno si attendeva un esercito ucraino così performante, malgrado fosse nota l’intensa attività addestrativa condotta a suo favore da diversi specialisti occidentali. Abbiamo creduto che comunque i russi ce l’avrebbero fatta facilmente. Così non è stato. Pare certo che Mosca non si attendesse di dover combattere. Alcuni reparti sono entrati in Ucraina con uniformi da parata negli zaini. Pensavano di aver corrotto tutte le persone preposte al controllo dei gangli vitali. Forse hanno creduto alla loro stessa propaganda. Pensavano di essere accolti come liberatori».Pure la controffensiva ucraina sembra al palo. La carenza di munizioni è un problema? «Le munizioni certamente hanno un peso, ma iniziano a scarseggiare gli uomini. I russi hanno puntato ad eliminarne il massimo numero possibile, anche a costo di perderne loro il doppio o il triplo, potendoli facilmente rimpiazzare. In questo senso, Bakhmut è stata la loro Verdun. Anche oggi, a mio avviso, è sbagliato guardare agli avanzamenti o arretramenti dei due schieramenti. Contano molto di più le perdite. La controffensiva ucraina è stata probabilmente imposta da noi occidentali. Ci serve un equilibrio più favorevole sul fronte per poter accettare la prospettiva di un negoziato per noi onorevole ed accettabile dai russi». Cosa è successo fra Prigozhin e Putin?«Lo scopriremo solo vivendo, osservando cosa accadrà a Prigozhin e alla Wagner. Restiamo però ai fatti. Una milizia si è messa in concorrenza con l’Esercito; non ha accettato il tentativo della Difesa federale di ristabilire il monopolio statale della forza in Russia. Prigozhin non è stato fermato. Qualcosa dovrà per forza accadere. Altrimenti franeranno le basi dello Stato russo e non necessariamente nella direzione che auspichiamo ad Ovest. Non a caso, mentre i miliziani della Wagner marciavano verso Tula e Mosca, Washington ha chiesto a Kiev di rimandare ogni eventuale tentativo di spallata. La Casa Bianca non desidera evidentemente la disintegrazione della Russia ma solo il suo indebolimento controllato». La Wagner è veramente così cruciale per Mosca in Africa? Oppure questi mercenari - si sarebbe detto una volta - sono stati pure loro sopravvalutati?«Hanno prodotto risultati, specialmente in Paesi dove poche centinaia di effettivi addestrati possono far pendere la bilancia di un conflitto. Anche in Ucraina, è la Wagner ad aver conquistato Bakhmut. Tuttavia, l’Esercito regolare russo è in notevole miglioramento. Non è lo stesso del febbraio 2022. Combatte in modo più efficace e competente, come viene riconosciuto anche dall’Institute for the Study of War».Mosca impantanata. Kiev pure. Tagliato il cordone energetico ombelicale Europa-Russia. Gli unici contenti forse sono gli Usa. Niente morti per loro. Il conflitto è lontano…«In teoria è così. Tenderei a sottoscrivere. Tuttavia, il pubblico americano non appare compattissimo nel sostenere le scelte dell’Amministrazione Biden. Molti candidati repubblicani alla Casa Bianca affermano che il confine da difendere è quello con il Messico anziché la frontiera russo-ucraina. Non solo Trump. Ce ne sono altri, incluso l’emergente di origine indiana Vivek Ramaswamy secondo cui per gli Stati Uniti la sconfitta della Russia in Ucraina non sarebbe un interesse nazionale vitale, e si potrebbe considerare la prospettiva di un negoziato che riconosca le conquiste di Putin, in cambio tuttavia del divorzio tra Mosca e Pechino. Che la guerra non sia popolare lo sa pure Biden. E vorrebbe presentarsi alle elezioni con quel fronte finalmente chiuso. Naturalmente in termini soddisfacenti e non catastrofici come a Kabul».Tanti Paesi vogliono entrare fra i Brics. In termini di Pil superano già il G7. È un problema per noi?«Non particolarmente. Non costituiscono un blocco integrato, né sono paragonabili all’Occidente euro-atlantico da cui in parte continuano a dipendere. La situazione potrà cambiare, ma questa è oggi». Di qui a dicembre che evoluzione può prendere il conflitto?«Imprevedibile. Per i motivi già menzionati. Su tutti la tenuta dei fronti interni ai due belligeranti. La storia conosce però numerosi casi di crollo improvviso: si pensi a quello della Germania imperiale nell’autunno del 1918. Mi sento di escludere che la Russia abbia ridimensionato i propri obiettivi: non punta a rettifiche territoriali, ma allo sradicamento della sovranità ucraina o quanto meno alla compromissione della libertà d’azione di Kiev in campo internazionale». Roma è allineatissima a Washington. Una polizza per i continui bracci di ferro su altri temi con Bruxelles?«Giorgia Meloni è giunta a Palazzo Chigi memore delle esperienze dell’ultimo governo Berlusconi. È consapevole che il suo successo e la salute dell’Italia dipendono dal merito di credito assegnatoci a Washington. Va egregiamente. È molto efficace nel promuovere gli interessi nazionali del Paese. Chi continua ad accusarla velatamente di servilismo non ha compreso un dato banale: uno Stato che deve reperire sui mercati finanziari globali 400-500 miliardi di euro ogni anno per servire il suo debito sovrano non può rischiare una crisi reputazionale. Il rapporto con Washington è quindi cruciale. Ecco perché mandiamo le nostre navi nell’Indo-Pacifico. Anche in Europa la Meloni si muove bene. Ha scommesso sui nazionalisti polacchi, molto ben visti dagli americani, e ridimensionato il suo rapporto con Orban, che è malvisto. Tratta pure con Macron. È molto realista. Ed è un bene».L’energia ci arrivava da Mosca attraverso la Germania. Ora questo ruolo può averlo l’Italia? «Grazie alla posizione geografica, l’Italia è stata rapidissima a riorientare i propri approvvigionamenti. Per la Germania è più complicato. Le forniture russe erano un elemento della sua competitività. Non possiamo gioirne, perché l’eventuale recessione dell’economia tedesca avrebbe importanti ripercussioni anche sulla nostra. Siamo fornitori dell’industria tedesca e non più, purtroppo, suoi competitor».Il Mediterraneo sarà il nuovo epicentro degli equilibri geopolitici mondiali?«Difficile immaginarlo. Ma dobbiamo essere consapevoli della sua forte strategicità, spesso ignorata o trascurata dai nostri partner europei. Il Mediterraneo è davvero un Meso-Oceano. Collega Atlantico ed Indo-Pacifico, e l’Europa all’Africa. Il carattere strategico del Mediterraneo confermerà l’importanza di mantenerne il controllo. Di questa consapevolezza c’è traccia indiretta anche nel comunicato finale del vertice Nato di Vilnius. Del Mediterraneo, poi, l’Italia è a sua volta il centro, anche se rimane comprimaria rispetto ad altri attori come Francia, Turchia e Israele. Senza menzionare americani, inglesi, russi ed in prospettiva anche i cinesi, che vi si affacciano. Dovremo affrontare sfide impegnative anche dal punto di vista della sicurezza, rispetto alle quali ancora non siamo attrezzati come dovremmo. La pianificazione militare ed industriale è adeguata ma il problema è soprattutto di cultura politico-strategica». Cioè?«Fatichiamo a comprendere un dato cruciale di realtà: potremmo un giorno avere nemici, a prescindere dal carattere pacifico della nostra politica estera che forse non basterà più a proteggere i nostri interessi. In Libia siamo diventati subalterni ai turchi proprio perché non abbiamo accettato la richiesta di aiuto di Al Serraj contro la minaccia del generale Haftar che incombeva su Tripoli. Erdogan invece non si è fatto scrupoli. Credo però che l’Italia si adatterà agli scenari emergenti. Le tecnostrutture più sensibili stanno da tempo preparando il salto di qualità. Abbiamo il dovere di essere ottimisti».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.