2023-04-22
Berlino frena sull’ingresso di Kiev nella Nato
Al centro, il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius stringe la mano all'omologo ucraino Oleksii Reznikov (Ansa)
Il ministro Pistorius gela gli invasi: «Passo da soppesare e non ora». Stoltenberg insiste e il Cremlino replica: «Conferma che Putin aveva ragione». Medvedev sfida l’Inghilterra: «La faremo inabissare». Caccia dello zar bombarda per sbaglio la russa Belgorod.Londra: Dominic Raab è il terzo ministro a dover lasciare. Mentre il presidente è finito sotto inchiesta.Lo speciale contiene due articoli.«Mente fredda e cuore caldo». Il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha usato queste parole per chiarire che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato deve essere valutato dopo la fine della guerra mossa dalla Russia e «non ora per solidarietà». Ai giornalisti infatti ha spiegato: «La porta è socchiusa, ma ora non è il momento di decidere. Prima di tutto dobbiamo respingere questo conflitto, questo attacco, e poi nella nuova era, questo passo deve essere soppesato con attenzione». Insomma, secondo la Germania la decisione riguardante un possibile ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica non è imminente e anzi questo commento sembra più un no che un sì. La loro attenzione in ogni caso adesso resta incentrata su un maggiore appoggio militare, finanziario e umanitario al Paese invaso dalla Russia.Parole che si inseriscono affilate all’interno di un contesto in cui il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, continua a dichiarare: «Tutti gli alleati sono d’accordo sul fatto che l’Ucraina debba entrare a far parte della Nato». L’ultima volta ieri in occasione del gruppo contatto sull’Ucraina a Ramstein, in Germania, dove ha aggiunto: «Bisogna continuare a discutere dell’invio degli aerei da parte di alleati. Durante l’incontro di giovedì con Volodymyr Zelensky», ha riferito Stoltenberg, «il presidente ucraino ha affermato che l’Ucraina ha bisogno di più armi, tra cui anche caccia e sistemi di difesa aerea».L’alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell, ha chiamato il ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kuleba, per rassicurare Kiev e confermare che l’Ue sta rispettando gli impegni presi per i rifornimenti. Dal 9 febbraio è stato consegnato oltre il 66% del primo miliardo di euro. Nel dettaglio: oltre 16.000 soldati ucraini già addestrati, più di 600 milioni di euro di munizioni e missili già consegnati e sono in corso lavori di approvvigionamento congiunto. Su questo punto molte fonti confermano che la Francia ha posto dei vincoli con grande forza. Il primo prevede che nonché il rimborso previsto dal Fondo europeo per la Pace ai pezzi prodotti per Kiev, venga garantito solo per quelle aziende che «producono in Europa». Su questo punto sarebbero tutti d’accordo. Sul secondo invece si sarebbe aperto lo scontro. Parigi chiede con forza che anche la catena del valore sia interamente europea. Sembra però che la libertà per le aziende di potersi approvvigionare su mercati extra europei sia stata riaffermata e che la difficoltà stia solo nel «tradurre a livello giuridico» l’accordo trovato.Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, è intervenuto ancora una volta contro l’Occidente: «La Nato continua nella sua politica per portare l’Ucraina nell’Alleanza e questo dimostra la correttezza della decisione del presidente russo, Vladimir Putin, di avviare l’operazione militare speciale in Ucraina». L’ex presidente russo, Dmitry Medvedev, si è invece rivolto direttamente alla Gran Bretagna: «Era, è e sarà il nostro eterno nemico. In ogni caso, fino a quando la loro sfacciata e disgustosamente umida isola non si inabisserà nelle profondità del mare dall’onda creata dagli ultimi sistemi d’arma russi». A Ramstein ha parlato anche il segretario della Difesa degli Usa, Lloyd Austin: «Putin ha sbagliato i suoi conti, contava di dividerci, ma nulla potrà dividere la nostra unità». Poi non ha potuto evitare di parlare anche della fuga di documenti segreti: «Prendo la questione molto seriamente». Intanto le indiscrezioni dei leak americani continuano a venir fuori. Secondo quanto riportato dal Washington Post, l’Ucraina stava pianificando un attacco contro le forze russe in Siria, con l’aiuto dei curdi. Non solo perché sembra che la Cina stia costruendo armi informatiche sofisticate per «prendere il controllo» dei satelliti nemici, rendendoli inutili per i segnali di dati o la sorveglianza durante la guerra. Infine il Cremlino avrebbe architettato lo scorso anno una campagna per unire gli estremi del panorama politico tedesco, Die Linke e Afd, sotto una comune bandiera pacifista. Obiettivo del piano, si legge in un documento russo datato 9 settembre, è «conquistare la maggioranza alle elezioni a qualsiasi livello» in Germania e rilanciare con un nuovo manifesto, scritto al Cremlino per cui le sanzioni contro la Russia andrebbero contro gli interessi della Germania.Nel frattempo l’Ungheria va avanti con le sue personali sanzioni. Ha deciso infatti di vietare le importazioni di miele e di alcuni prodotti a base di carne dall’Ucraina, oltre ai cereali, fino al 30 giugno, aggiungendo pressione per ampliare le misure proposte a livello Ue. La Polonia si è unita agli appelli per vietare più importazioni di prodotti alimentari, compreso il latte.La guerra continua sul campo, anche se il fango degli ultimi giorni sta mettendo a dura prova entrambi gli eserciti. Nella giornata di ieri poi un errore russo ha preso la scena delle cronache. Il ministero della Difesa di Mosca ha affermato che un caccia russo ha accidentalmente bombardato la città di Belgorod, vicino al confine con l’Ucraina. Nell’incidente sono rimaste ferite due donne e danneggiati diversi edifici. Secondo le autorità russe, l’esercito ucraino nelle stesse ore avrebbe effettuato un attacco sulla regione di Zaporizhzhia, usando armi chimiche tramite l’ausilio di un drone. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/germania-ucraina-nato-2659893993.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="londra-sunak-perde-un-altro-pezzo-si-dimette-anche-il-vicepremier" data-post-id="2659893993" data-published-at="1682108395" data-use-pagination="False"> Londra, Sunak perde un altro pezzo. Si dimette anche il vicepremier Un nuovo terremoto ha scosso il governo di Londra. Si è dimesso ieri il vicepremier e ministro della Giustizia britannico, Dominic Raab: una decisione presa dopo che un’inchiesta ha confermato la fondatezza di alcune accuse di mobbing che gli erano state mosse. «Caro primo ministro, scrivo per rassegnare le mie dimissioni dal vostro governo, dopo aver ricevuto la relazione derivante dall’inchiesta condotta da Adam Tolley. Ho richiesto io l’inchiesta e mi ero impegnato a dimettermi se avesse rilevato un qualsiasi tipo di bullismo. Credo che sia importante mantenere la parola data», ha scritto Raab nella sua lettera di dimissioni, indirizzata al premier, Rishi Sunak. Raab ha proseguito, dicendo che l’indagine «ha respinto tutte le accuse mosse contro di me tranne due» e «ha concluso che non ho mai, in quattro anni e mezzo, imprecato o urlato contro nessuno, figuriamoci lanciato qualcosa o intimidito fisicamente qualcuno, né ho cercato intenzionalmente di screditare nessuno». Il diretto interessato ha inoltre polemicamente affermato che i risultati dell’indagine «costituiscono un pericoloso precedente per la condotta del buon governo». In particolare, il risultato dell’inchiesta, avviata a novembre scorso, ha rilevato che Raab «ha agito in modo intimidatorio, nel senso di una condotta irragionevolmente e persistentemente aggressiva nel contesto di una riunione di lavoro. C’è stato anche un abuso o un uso improprio del potere in un modo che danneggia o che umilia». «La condotta di Raab è stata vissuta come sminuente o umiliante dall’individuo colpito, il che era inevitabile. È da dedurre che Raab fosse consapevole che questo sarebbe stato l’effetto della sua condotta; per lo meno, avrebbe dovuto esserne consapevole», proseguono le conclusioni dell’inchiesta. Come riferito dalla Bbc, «le denunce di bullismo, che hanno coinvolto 24 persone, si riferiscono ai precedenti periodi di Raab come segretario alla Giustizia e ministro degli Esteri sotto Boris Johnson, e al suo periodo come segretario per la Brexit sotto Theresa May». Nel frattempo, Sunak ha già nominato i sostituti. Oliver Dowden diverrà vicepremier, mentre il posto di ministro della Giustizia andrà ad Alex Chalk. Neanche a dirlo, le ripercussioni politiche rischiano di essere notevoli per il governo dei Tory. Raab è il terzo ministro a dimettersi da quando Sunak è arrivato a Downing street lo scorso ottobre. Nel frattempo, i laburisti hanno accusato il primo ministro di «debolezza» per non averlo licenziato, mentre i liberaldemocratici hanno sostenuto che le dimissioni del vicepremier dovrebbero portare a elezioni suppletive per il suo seggio nel Surrey. Ma i nodi emergono anche all’interno dello stesso Partito conservatore. Secondo la Cnn, Raab era uno dei più stretti alleati politici dell’attuale premier, che adesso rischia di ritrovarsi seriamente indebolito. Non è forse un caso che, stando a quanto riferito dalla Bbc, «una fonte di Downing street ha affermato che Sunak non ha esortato Raab a dimettersi». Senza dimenticare che, pochi giorni fa, il primo ministro è finito sotto indagine parlamentare per presunto conflitto di interessi a causa di alcune quote, detenute dalla moglie, di una struttura di assistenza per bambini. L’attuale premier teme quindi un assedio esterno e un terremoto interno. La strada si fa per lui sempre più in salita, mentre l’inquietante spettro di un destino politico simile a quello del suo predecessore, Liz Truss, sembra stagliarsi all’orizzonte.
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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