2023-11-21
Banche in rosso e intoccabili. Aiuti pompati e super-export. Berlino ha truccato l’Europa
Angela Merkel e Mario Monti (Ansa)
Sul patto di Stabilità la Germania è rigorista, ma in 20 anni ha sempre violato le regole e ora emergono miliardi di fondi fuori bilancio. Intanto salta l’Ecofin di fine mese.Quando domani una corposa delegazione del governo italiano, guidata da Giorgia Meloni, varcherà la soglia della cancelleria federale a Berlino troverà il cancelliere Olaf Scholz sull’orlo di una crisi di nervi. Un Paese che chiuderà il 2023 con un Pil in calo (sia pure di pochi decimali) e la coalizione «semaforo» dilaniata dalle polemiche scoppiate dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha bloccato l’uso di 60 miliardi di un fondo fuori bilancio per finanziare la transizione energetica.Sarà fitta l’agenda degli incontri che dovrebbero terminare con la firma del Piano d’azione tra i due Paesi. Spazierà dall’energia, alla difesa, all’industria alla consultazione sulle politiche europee. Con un occhio di riguardo proprio alle trattative in corso sulla riforma del Patto di Stabilità (Psc), processo nel quale la Germania si è ancora una volta attribuita il ruolo di difensore del rigore.Ruolo scomodo per chi trucca i bilanci, peraltro solo l’ultimo episodio di una sequenza di strutturali distorsioni che dovrebbero farci riflettere a lungo prima di firmare qualsivoglia intesa con Berlino. Ricordiamo che l’euro ha fornito ai tedeschi un decisivo vantaggio competitivo negli scambi intra eurozona. La sua relativa sottovalutazione ha poi consentito l’accumulo di ingenti avanzi commerciali extra Ue. Abbiamo indirettamente salvato le loro banche esposte con la Grecia, contribuendo ai fondi salva Stati. Abbiamo dovuto subire le angherie della DG Concorrenza guidata da Margrethe Vestager con decisioni che hanno terremotato il nostro sistema bancario, mentre oggi l’industria tedesca viene sovvenzionata senza obiezioni di sorta. Ci hanno imposto i trattati del Fiscal Compact e del Mes, abiti su misura per tenere sotto scacco l’Italia. Abbiamo subito la concorrenza sleale delle loro grandi imprese, coinvolte in giganteschi casi di corruzione internazionale.Ma stavolta non siamo all’epoca dei governi Monti e Letta, quando i questuanti italiani venivano accompagnati freddamente alla porta. Proprio ieri un rapporto della Bundesbank ha dato per molto probabile un’ulteriore frenata del Pil tedesco nel quarto trimestre in corso e bisognerà attenderà l’inizio del 2024 per cominciare a leggere timidi segnali di ripresa, comunque difficile da conseguire.Prospettive di ripresa che sono ancora più fosche da mercoledì, perché quei 60 miliardi svaniti potrebbero cancellare quasi metà della crescita prevista per il 2024 e all’interno dell’alleanza che regge Scholz è il caos. Da una parte il ministro delle Finanze Christian Lindner - che domenica alla Bild ha dichiarato che il freno al debito (deficit/Pil non oltre 0,35%) non si discute, anzi è uno stimolo ad utilizzare in modo più efficace il denaro pubblico - dall’altra il vicecancelliere e ministro dell’economia Robert Habeck, leader dei Verdi, che vede in pericolo le spese per la transizione energetica. «Si teme la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro» ha titolato ieri il quotidiano Die Welt. Sono in un vicolo cieco e per uscirne possono solo sospendere il freno, aumentare le tasse o tagliare le spese. Soluzioni rispettivamente irricevibili per liberali, socialisti e Verdi.Sono passati anni luce dai sorrisini irridenti di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel. Perché noi ci presentiamo forti di una posizione netta sull’estero intorno al 5% del Pil da diversi mesi (il saldo tra attività finanziarie detenute sull’estero dai residenti e le attività finanziarie detenute in Italia da non residenti); proprio venerdì la Banca d’Italia ha comunicato che il saldo mensile del conto corrente della bilancia dei pagamenti è pari a +2,2 miliardi (-1 negli ultimi 12 mesi), grazie ad un avanzo della bilancia commerciale di 2,4 miliardi (+27 negli ultimi 12 mesi). Non siamo ancora sui brillanti livelli pre shock dei prezzi energetici, ma siamo sulla buona strada. La nostra produzione industriale arranca ma non crolla come quella tedesca, infatti a settembre ha fatto segnare un -2% rispetto ad un anno prima (-3,7% la Germania) ed è rimasta stabile rispetto ad agosto (-1,4% la Germania). Da ultimo, il nostro Btp decennale - in assenza di perturbazioni da oltreoceano e con la legge di bilancio ormai archiviata dai mercati - si è assestato intorno al rendimento del 4,30-4,40% con lo spread a 170 circa.Allora siamo proprio curiosi di capire dall’alto di quale pulpito la Germania intenderà darci una lezione di rigore di bilancio, quando gestisce ben 29 fondi speciali fuori bilancio federale per un valore complessivo di ben 869 miliardi. Solo il fondo per la transizione e l’efficienza energetica è pari a 177 miliardi, l’utilizzo di 60 dei quali è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte di Karlsruhe. Nel mirino della quale finiranno altri fondi, a partire da quello per la stabilizzazione economica. Comprendiamo che per Lindner fare la faccia feroce in Europa è scelta obbligata per rafforzare il ruolo di custode del rigore interno ma, col suo partito ridotto al 5% nei sondaggi, e il 41% dei tedeschi che vuole tornare a votare, sembra il ruggito di una tigre di carta.Se non fosse per gli insperati aiuti che gli arrivano da chi rema contro il proprio Paese, come Marco Buti, capo di gabinetto del Commissario Paolo Gentiloni fino ad aprile scorso, che ieri sul Corriere della Sera, ha sposato la tesi tedesca del calo di deficit e Pil secondo parametri chiari. Con l’effetto di spedirci sotto procedura d’infrazione (perché il nostro deficit/Pil supera il 3%) ed obbligarci ad una correzione annua di bilancio per almeno 10 miliardi per restare sotto un deficit/Pil del 2%, «guardrail» sufficiente per non sforare il 3%. La medesima fallimentare ricetta che ci ha mandato in recessione nel 2011-2014 e che, per stessa ammissione del Fmi, non riduce il debito/Pil. Atteggiamento remissivo anche da parte di Domenico Siniscalco che, ieri su Repubblica, ha suggerito di «restare agganciati al carro che conta in Europa» (in altre parole, sottomettersi a prescindere dagli interessi divergenti) e di non commettere l’errore di presentarsi con una logica a pacchetto (preferita invece da Buti), «quasi da suk». Posizione condivisibile, perché al suk rischieremmo di assistere ad un suicida scambio tra la ratifica del Mes (che ci danneggia) e la riforma del patto di Stabilità (che ci danneggia, a prescindere dalle sfumature tecniche).A testimoniare la difficoltà delle trattative in corso, ieri in serata la presidenza spagnola di turno ha abbandonato l’idea di convocare un Consiglio Ecofin straordinario per fine novembre che sarebbe naufragato, vista la distanza delle posizioni. Tutto rinviato al 7-8 dicembre. Per il momento non si firma nulla.
Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)