2024-07-25
I genitori di Matteo Renzi condannati a 3 anni e 2 mesi per false fatture
Il Tribunale di Firenze ha emesso ieri la sentenza nel processo per il fallimento delle cooperative utilizzate dai congiunti dell’ex premier. I due coniugi sono stati, invece, assolti per il reato di bancarotta fraudolenta.«L’impianto accusatorio è stato disintegrato». È questo in sintesi il definitivo giudizio di Tiziano Renzi sulla sentenza che ieri lo ha riguardato. E un po’ di ragione il babbo ce l’ha, nonostante lui e la moglie Laura Bovoli siano stati condannati a 3 anni, 2 mesi e 15 giorni di reclusione. Infatti, nei loro confronti, sono cadute le accuse di bancarotta relative a tre cooperative (la Delivery service, la Europe service e la Marmodiv) che secondo l’accusa sarebbero state spremute dai coniugi sino al fallimento, consentendo ai genitori dell’ex premier di omettere il versamento degli oneri previdenziali e delle imposte. Per la Marmodiv era imputato solo Tiziano, ma si trattava di una contestazione di bancarotta semplice e non fraudolenta.Il procuratore aggiunto Luca Turco aveva chiesto 5 anni di reclusione sia per il concorso nei dissesti dolosi, ritenendo i due amministratori di fatto, ma anche per l’utilizzo di false fatture. Per quest’ultimo reato e per dichiarazioni infedeli il magistrato aveva chiesto anche la condanna di Matilde Renzi a 10 mesi di prigione, ma il collegio presieduto dal giudice Fabio Frangini (applicato al processo essendo già stato promosso presidente del Tribunale di Siena) ha ritenuto di assolvere la donna, in un caso «perché il fatto non sussiste» e nell’altro «per particolare tenuità del fatto». Dunque il castello accusatorio che vedeva nel babbo e nella mamma due amministratori ombra che avrebbero fatto fallire cooperative in serie non ha retto di fronte ai giudici. I quali, in compenso, hanno ritenuto colpevoli i coniugi per l’uso delle ricevute irregolari e li hanno condannati, come detto, a oltre tre anni (la sospensione condizionale è prevista sotto i due). Nel 2016, con l’Eventi 6, la società di marketing e distribuzione di volantini della famiglia Renzi, avrebbero evaso 387.000 euro di imposta e nel 2017 325.000 indicando passività fittizie per oltre 3,2 milioni di euro. Il Tribunale ha deciso di contestare non la falsa dichiarazione, ma le fatture (ritenute farlocche) usate per gonfiare le spese. Babbo e mamma rispondevano rispettivamente di sedici e quindici capi d’accusa. Ne sono rimasti in piedi sei a testa e tutti legati a un presunto utilizzo allegro delle pezze giustificative. Per questa condanna ieri mattina Tiziano e Laura erano tutt’altro che felici e le prime conversazioni con i loro abili avvocati, Federico Bagattini e Lorenzo Pellegrini, sono state improntate al nervosismo. Ma quando, verso le 9 e 40, i giudici sono rientrati in aula e hanno letto il dispositivo della sentenza i legali hanno tirato un sospiro di sollievo. Infatti il Tribunale di Firenze non di rado ha assestato sonore bastonate anche a personaggi illustri per il reato di bancarotta a partire da Denis Verdini, condannato per ben tre volte e costretto in carcere. Il collegio ha anche ordinato la confisca diretta nei confronti della Eventi 6 di 603.000 euro «pari all’imposta complessivamente evasa» e, «in caso di incapienza e sino a concorrenza del predetto importo, la confisca per equivalente» nei confronti di Tiziano e consorte.Stesso discorso per la Marmodiv, sebbene per una somma molto inferiore (98.500 euro). Anche in questo caso, se le casse della coop risultassero vuote, la confisca per equivalente verrebbe diretta nei confronti dei due genitori, ma anche, per una parte, verso altri quattro vecchi amministratori. I genitori, come previsto dalla legge, sono stati anche interdetti per tre anni dai pubblici uffici e dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e sono stati dichiarati «incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione e interdetti dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria» per il medesimo lasso temporale.Provvedimenti severi che, però, se confrontati con le richieste di partenza della pubblica accusa dovrebbe essere accolti con sollievo.L’avvocato Bagattini, appena uscita la sentenza, non ha nascosto la sua soddisfazione, anche perché i suoi clienti nel febbraio del 2019 erano finiti ai domiciliari nell’ambito di questo procedimento: «Era il processo delle bancarotte e per queste accuse i coniugi Renzi sono stati assolti. Immagino che se chi ha chiesto gli arresti e chi li ha disposti avesse previsto questa sentenza la misura non sarebbe stata applicata». Anche Tiziano, superati i primi momenti di sconforto, ha diramato un comunicato che prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: «La sentenza di oggi è una sentenza ampiamente positiva per tanti aspetti: sono infatti azzerate tutte le infamanti accuse che in questi anni abbiamo ricevuto sulle bancarotte. Ci hanno persino arrestato per quell’accusa e oggi il Tribunale di Firenze ci ha assolto disintegrando l’impianto accusatorio della Procura. Non abbiamo fatto nessuna bancarotta. Punto. Questa ennesima assoluzione si aggiunge alle assoluzioni o archiviazioni di questi dieci anni a Genova, Cuneo, Firenze e Roma. E il fatto che mia figlia Matilde sia adesso totalmente fuori da ogni processo un mese dopo che è accaduta la stessa cosa a suo marito Andrea mi riempie il cuore di gioia». Il babbo ha poi continuato: «La condanna per le quattro presunte false fatture mi sorprende perché noi in quella specifica vicenda non avevamo alcun ruolo. Ma con immutata fiducia nella verità, andremo in appello dove avremo modo di mostrare tecnicamente come siamo estranei anche da questa contestazione, peraltro marginale, per un valore inferiore a centomila euro». In realtà il totale dell’imponibile delle 44 fatture contestate ammonterebbe a circa 200.000 euro. Resta il fatto che il Tribunale non ha accolto la linea della Procura che ritiene che ad affossare le cooperative sarebbero stati Tiziano e Laura con la complicità di alcuni stretti collaboratori. Ovviamente, lette le motivazioni della sentenza, i pm potranno decidere di presentare appello, al pari delle difese. Per quanto riguarda il fallimento della Delivery sono stati condannati Giovanna Gambino (4 anni e 3 mesi, gli inquirenti avevano chiesto tre mesi in più) e Pasqualino Furii (3 anni), entrambi per aver causato dolosamente il fallimento. Con questa stessa motivazione, ma anche per bancarotta documentale (sottrazione di libri e altre scritture contabili) e bancarotta per distrazione (per l’aver portato via quattro autoveicoli e due moto) è stato accollato alla Gambino pure il tracollo della Europe service. Furii e Gambino dovranno risarcire le curatele dei fallimenti. In attesa che il ristoro venga quantificato i giudici li hanno condannati a versare in solido 200.000 euro di provvisionale per la Delivery e 135.000 (solo la Gambino) per la Europe. Il marito della signora, Mariano Massone, ex amico personale di babbo e mamma Renzi, era considerato dagli inquirenti il rottamatore delle coop per conto della famiglia di Rignano sull’Arno e ha già patteggiato la sua pena. I reati fiorentini sono stati ritenuti in continuazione con alcuni precedenti crac (due in Piemonte e uno in Liguria). Massone in aula ha preferito non fare chiamate di correo ed è uscito dal processo in silenzio, come del resto aveva già fatto nella vicenda genovese della Chil post, per cui ha concordato una condanna a 2 anni e 2 mesi, mentre il presunto sodale Tiziano Renzi è stato archiviato. Pene pesanti anche per la gestione della Marmodiv, il vecchio braccio operativo della Eventi 6. Quest’ultima riceveva ricche commesse dalle aziende della grande distribuzione (i fatturati sono cresciuti vertiginosamente quando Matteo Renzi era a Palazzo Chigi) e poi le subappaltava alla Marmodiv che si occupava delle assunzioni del personale e della consegna dei dépliant. Giuseppe Mincuzzi, ex socio di Tiziano ed ex presidente della Marmodiv, è stato condannato a 2 anni e 3 mesi per l’utilizzo di una ventina di false fatture per evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. L’uso di circa la metà di quei documenti contabili è stato addebitato anche allo storico autista di camion della Eventi 6 e poi della Marmodiv, Carlo Ravasio, quasi uno di famiglia per i Renzi, il quale si è preso 1 anno e 9 mesi. Stessa sorte per il nipote dei coniugi, Paolo Terreni. Il fotografo di Rignano sull’Arno Pier Giovanni Spiteri è stato condannato a 1 anno,1 mese e 15 giorni, una pena molto più mite rispetto a quella chiesta da Turco (3 anni e 8 mesi). Negli anni ha ricoperto diversi ruoli in società considerate vicine ai Renzi e anche a lui è stato contestato l’uso di una ventina di fatture per operazioni inesistenti di cui la Marmodiv di sarebbe avvalsa quando lo stesso Spiteri era amministratore unico. Sentenza sfavorevole pure per colui che è stato considerato l’ultimo amministratore di fatto della Marmodiv: il torinese Daniele Goglio, portato in Toscana da Massone. Il manager piemontese è stato condannato a 3 anni (la Procura aveva chiesto 3 anni e 6 mesi) per bancarotta per distrazione. Un vecchio consigliere della Delivery e della Europe, Simone Verdolin, è stato, invece, assolto dall’accusa di aver concorso al crac delle due coop, anche se Turco aveva chiesto di infliggergli una pena di 3 anni e sei mesi. Anche l’ex autista del camper di Renzi, Roberto Bargilli, è uscito pulito dal processo. Per lui la Procura aveva chiesto tre anni di prigione per l’accusa di bancarotta, ma secondo i giudici in un caso non aveva commesso il crimine e nell’altro il fatto non costituiva reato. Condannato a 1 anno anche un cittadino originario dello Sri Lanka, che aveva trasformato la propria ditta in una presunta cartiera per le false fatture. Altri due imputati, oltre a Massone, hanno patteggiato e uno è deceduto. I giudici hanno trasmesso gli atti in Procura per approfondire la posizione di una ex dirigente della Marmodiv, J.G.. Sul suo conto una ex dipendente della coop aveva dichiarato che le risorse dell’azienda sarebbero state utilizzate per spese che nulla c’entravano con l’attività lavorativa. Per esempio la dirigente avrebbe approfittato «per rifarsi il seno». Adesso i pm dovranno indagare su queste presunte spese pazze.
Jose Mourinho (Getty Images)