2020-10-31
Il killer in crociera costa caro: Italia isolata
La leggerezza con cui l'Italia ha lasciato andare Brahim Aoussaoui irrita Parigi. Il ministro dell'Interno Gerald Darmanin piccato: «Il tunisino doveva essere accompagnato alla frontiera dalle autorità di Roma». E ora la modifica del trattato di Dublino si complica.I francesi che si incazzano li evocava Paolo Conte, nella sua canzone dedicata a Gino Bartali. Ora è un altro Conte, tuttavia, a far di nuovo girare le scatole ai cugini d'Oltralpe. E non per una contesa sportiva. I toni, almeno sul fronte governativo, restano pacati, ma l'irritazione è palpabile: come diavolo le controllano le frontiere, questi italiani? Il tema è di stretta attualità, dopo la notizia che lo stragista di Nizza, il tunisino ventunenne Brahim Aoussaoui, era sbarcato a Lampedusa a fine settembre e, dopo un passaggio in nave quarantena e uno al centro d'accoglienza di Bari, aveva ricevuto il foglio di via dalle autorità italiane. Anziché essere rispedito in patria, tuttavia, il giovane era stato lasciato libero. A quel punto era partito per la Francia, arrivandovi da clandestino. Qualcosa, in questa ricostruzione, non quadra e i francesi vogliono vederci chiaro. Ieri, intervistato dalla radio Rtl, il ministro dell'Interno Gerald Darmanin ha ricostruito il percorso di Aoussaoui. Alla domanda del giornalista sull'eventuale necessità di chiudere le frontiere con l'Italia, Darmanin ha fatto sfoggio di tutta la sua consumata abilità diplomatica, pur lanciando tra le righe più di un messaggio. Ha ricordato che contro il giovane era stato emesso un ordine di espulsione e che doveva essere accompagnato alla frontiera italiana (sottolineando con la voce: «italiana»), poi ha buttato lì delle scusanti di circostanza: «Non è stato espulso per ragioni che capiremo e che possiamo eventualmente comprendere, come il Covid». Una giustificazione che non è bastata al giornalista, che ha incalzato: «Quindi noi dobbiamo accettare questa cosa?». Darmanin ha replicato: «No, non dobbiamo accettarla, ma possiamo comprendere che con il Covid e la chiusura delle frontiere aeree sia difficile riportare a casa la gente. Non ce l'ho con il governo italiano, ma qui si tratta di qualcuno che è stato registrato sul territorio italiano. Non ha fatto domanda d'asilo o di residenza in Francia, è venuto qui a commettere un attentato». Insomma, il collega francese di Luciana Lamorgese pretende delle risposte. Con tutta la cortesia del mondo, ovviamente: in fin dei conti Palazzo Chigi non è più infestata dalla «lebbra populista», secondo l'aulica definizione di Emmanuel Macron. E il governo italiano non applica più le «vomitevoli» (copyright di un portavoce macroniano) politiche di chiusura dei porti. Ma, seppur composta, l'irritazione di Parigi è palese. E, nei politici senza responsabilità di governo, anche la compostezza va a farsi benedire. Il deputato nizzardo dei Républicains, Eric Ciotti, ha così twittato nel giorno stesso dell'attentato: «Ho appena domandato in riunione a Nizza al presidente Macron la sospensione di tutti i flussi migratori e di tutte le procedure d'asilo, in particolare alla frontiera italiana. Bisogna proteggere i francesi!». Sempre sul fronte repubblicano, Bruno Retailleau, presidente del suo partito al Senato, ha spiegato a Europe 1: «C'è un legame tra un'immigrazione che in Francia non controlliamo più e l'islamizzazione. Il governo vuole mettervi fine? Non si metterà fine agli attentati se non si metterà fine al disordine migratorio». L'Italia non vi è direttamente citata, ma è evidente a cosa ci si riferisca quando si chiede di chiudere le frontiere: la Francia non confina con la Tunisia, confina con l'Italia. Sullo sfondo, del resto, si staglia l'annosa e atavica questione della riforma del trattato di Dublino, quello che ci obbliga a tenerci tutti quelli che sbarcano qui. Le trattative per modificarlo erano in corso in questi mesi, come noto. E uno dei nodi era proprio il ricollocamento dei migranti negli altri Paesi europei. Ecco, sembra francamente difficile che aver dimostrato per l'ennesima volta di avere le porte girevoli in entrata e in uscita possa generare moti spontanei di solidarietà da parte dei partner europei. Gli stessi, per carità, che ci hanno sempre bacchettato proprio per aver tentato di chiudere le frontiere, ma l'ipocrisia europea non è certo un dato che sorprende. Sul fronte delle indagini, mentre Aoussaoui resta ricoverato in prognosi riservata e non può ancora essere interrogato, la polizia ha fermato un uomo di 47 anni, sospettato di aver comunicato con il terrorista mercoledì. Il giovane tunisino aveva inoltre inviato delle foto della basilica Notre-Dame-de-l'Assomption alla famiglia in Tunisi, affermando di voler passare la notte lì. Emergono anche maggiori dettagli sull'attacco, che sarebbe durato meno di mezzora: l'uomo è entrato in chiesa alle 8.29. La donna brasiliana accoltellata a morte è fuggita dalla basilica alle 8.54 (morirà poco dopo in un bar). Tra gli effetti personali del terrorista, ritrovati un Corano, due telefoni e due coltelli non utilizzati nell'attacco. Un sondaggio diffuso da Le Figaro, nel frattempo, rivela che solo il 26% dei francesi ha fiducia nel governo contro la minaccia terroristica, con un crollo di 18 punti da giugno scorso. A quanto pare, i francesi non sono stati particolarmente rassicurati da Darmanin, che sempre ieri ha dichiarato di aver espulso 14 estremisti nell'ultimo mese. Addirittura.